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Trauma precoce e rischio suicidio

Esperienze precoci avverse e trauma infantile sono fattori rilevanti di rischio per il suicidio. In letteratura scientifica da molti anni viene riconosciuto il loro indubbio potenziale nocivo. Si pone l'imperativo etico di un intervento di prevenzione efficace e trasversale nella società.

Introduzione

Con più di 1 decesso su 100 (1,3%) in tutto il mondo (dati OMS, 2019) il suicidio è sicuramente una questione cruciale per il miglioramento della salute pubblica. L’OMS ha posto come obiettivo entro il 2030 una riduzione dei tassi generali di suicidio del 30%. Risulta pertanto prezioso il continuo lavoro scientifico svolto ad analizzare il fenomeno e comprenderne i meccanismi.

Approfondire i fattori di rischio e le cause del suicidio è fondamentale per costruire forme di prevenzione efficace. Tuttavia, la complessità e l’imprevedibilità spesso associate ai fattori di rischio di suicidio hanno di fatto reso molto difficoltoso individuare schemi precisi di intervento.

Da molti anni vengono svolti studi scientifici tesi ad esaminare il peso che hanno le esperienze negative precoci, gli ACEs (Adverse Childood Experience) e il trauma infantile CT (Childhood Trauma) nella determinazione al suicidio (Lloyd et al, 2020; Thompson et al, 2021). Di recente lo sprone dell’OMS a costruire traiettorie di intervento e prevenzione per la salute mentale nell’età infantile e giovanile ha dato nuovo slancio alla ricerca in tal senso.

I fattori di rischio per il suicidio

La ricerca ha esplorato fino ad oggi svariati fattori di rischio del suicidio. Essi vengono classificati solitamente in fattori sociali (classi a rischio, come il genere maschile o gli anziani) e individuali. Tra questi ultimi vi sono fattori distali, o predisponenti, come la storia familiare, le esperienze di vita precoci, o fattori costituivi quali ad esempio il deficit cognitivo o i tratti di personalità. Vi sono poi i cosiddetti fattori prossimali, come malattie fisiche o mentali, situazione economiche svantaggiose, migrazione. Ed infine abbiamo fattori precipitanti, quali eventi avversi (licenziamento, lutto, rottura relazionale) e comportamenti a rischio (sonno alterato, abuso acuto di sostanze).

Il peso relativo di ciascun fattore varia molto da individuo a individuo e varia nel corso della sua vita. Non dobbiamo inoltre dimenticare la presenza di molteplici fattori protettivi che possono modificare in vario modo l’incidenza dei fattori di rischio. Tra questi vanno citati sicuramente uno stile di accudimento genitoriale valido, la presenza di relazioni sociali positive, il possesso di capacità di coping efficaci.

Rischio di suicidio e trauma infantile

La consistenza del legame tra ACEs, TC e rischio di suicidio, ideazione suicidaria e atti autolesivi è confermata da moltissima letteratura in proposito. Sono stati indagati svariati tipi di esperienze precoci negative e abusi, con una certa variabilità di esito. Alcuni studi hanno evidenziato un ruolo negativo decisivo dell’abuso sessuale e fisico, altri di quello emotivo. Significativa pare essere anche la trascuratezza (neglect) nelle modalità di accudimento dei primi anni. Tutti hanno comunque dimostrato un aumento del rischio di suicidio molto consistente.

L’esposizione ad ACEs e TC, specie se ripetuta, è riconosciuta avere il potere di alterare lo sviluppo di un bambino. Essa agisce negativamente tanto a livello genico e molecolare, così come sul sistema neurologico, endocrino, immunitario (Lloyd et al, 2020).

Esperienze negative e traumi precoci sono infatti collegati a maggior rischio di sviluppare patologie mentali, come depressione, psicosi, PTSD, ansia, disturbi alimentari. Hanno un peso rilevante anche sullo sviluppo cognitivo dell’individuo, ed è frequente che si accompagnino a disturbi del neuro-sviluppo, dell’apprendimento e a difficoltà scolastiche. Sono fortemente correlati alla manifestazione di stili di vita a rischio (fumo, uso di sostanze, alimentazione sregolata, condotte rischiose). È stato confermato persino un ruolo determinante di ACEs e TC nello sviluppo di patologie fisiche come quelle gastrointestinali, metaboliche, tumorali, autoimmuni e cardiovascolari.

Trauma infantile e suicidio. Il ruolo dei mediatori psichici

Studi scientifici hanno provato ad approfondire le variabili correlate a ACEs e TC che conducono all’aumento del rischio suicidario.

Sono stati analizzati gli stili di attaccamento collegati, cioè quegli schemi appresi nell’infanzia, spesso in larga parte inconsapevoli, che modulano le relazioni e gli affetti. Purtroppo, non tutti i bambini, infatti, conoscono un modello di accudimento caratterizzato da amore, sicurezza e protezione. ACE e TC possono compromettere lo sviluppo di un attaccamento sicuro conducendo a stili di attaccamento ansioso, cioè insicuro nel modo di rapportarsi al genitore. A volte questi bambini lo cercano in modo insistente a volte paiono rifiutarne il conforto (Ihme et al, 2022 e 2023).

Anche lo stile di attaccamento evitante, cioè, dominato da un apparente indifferenza/insofferenza del bambino alle figure di riferimento, pare coinvolto. Entrambi questi pattern relazionali sono in genere esito di funzioni genitoriali carenti o discontinue nell’accudimento. Entrambi paiono influire in età adulta sulla capacità dell’individuo di reagire a stress e dolore psichico. Risultano inoltre correlazioni tra queste modalità insicure di attaccamento e lo sviluppo di disturbi dell’umore e ideazione suicidaria.

Stress, sonno ed emotività

Tra gli elementi indagati è stato confermato inoltre l’importanza dei disturbi del sonno, dello stress percepito e dei deficit di regolazione emotiva. Ciascun fattore ha la possibilità di intrecciarsi e svilupparsi in maniera diversificata in base alla presenza di altri elementi. Esser vittime di ACEs e abusi precoci può non solo non favorire, ma addirittura impedire il corretto sviluppo di alcune competenze psicologiche. Tra queste le più coinvolte paiono essere quelle relative alla regolazione ed espressione delle emozioni e alla gestione dei fattori stressogeni (Duprey et al, 2021).

In questa ottica un adolescente o un adulto vittima di traumi precoci rischia di avere meno risorse psichiche per affrontare le traversie della vita, e di maturare modelli di comportamento non adeguati a reagirvi adeguatamente. Si accumulano così ulteriori esperienze traumatiche e dolorose che contribuiscono ad accrescere il carico emotivo sulla persona, favorendo lo sviluppo di un severo dolore psichico (Wu et al, 2022). Al di là della presenza o meno di disturbi mentali specifici la presenza di un profondo dolore psichico è uno dei fattori maggiormente coinvolti nello scegliere il suicidio.

Prevenzione del suicidio

Lo sviluppo del rischio di suicidio è un processo complesso e conoscere i fattori associati ad esso non è sufficiente per comprendere le dinamiche del rischio di suicidio. Tuttavia, approfondirne le correlazioni può permetterci di capire qualcosa di più di come si sviluppano le traiettorie esistenziali che portano al suicidio. Esplorare gli elementi che agiscono come mediatori del trauma infantile sul rischio di suicidio può aiutarci a comprendere meglio il fenomeno suicidario. In questa prospettiva avere coscienza degli elementi di rischio sui cui intervenire può permettere lo sviluppo di strategie mirate, incisive e diversificate.

Proteggere e promuovere la salute mentale dei bambini è un imperativo etico della collettività ma è chiaro che è anche materia di interesse per lo sviluppo e il benessere della società.

Il peso sul sistema economico, in termini di perdita di produttività, e sociale, come aumento del malessere e dei bisogni di salute, delle persone vittime di ACEs e TC è sotto gli occhi di tutti. Servono interventi di prevenzione primaria, indirizzati a ridurre fortemente la ricorrenza di tali eventi, ma anche secondaria e terziaria, volti a mitigarne gli effetti e le ricadute negative (Thompson et al, 2019).

È auspicabile in tal senso un impegno consistente di governi e istituzioni nel radicare strategie di efficace prevenzione dei traumi precoci. A tale scopo è opportuno educare e sensibilizzare la collettività al tema, sviluppare strategie di intercettazione e supporto dei nuclei familiari vulnerabili, e intervenire nelle situazioni a rischio.

Considerazioni

Essere coscienti del peso che grava sulle persone vittime di ACEs e TC, a breve, medio e lungo termine, può orientare a sviluppare modelli di intervento psico-sociale precoce verso tale categoria a rischio. Serve ampliare decisamente la rete dei servizi sociosanitari dedicati alla età evolutiva, e promuovere un coordinamento virtuoso con famiglie e mondo scolastico. Tra le molteplici azioni da sostenere, il supporto psicologico nelle scuole, la promozione di modelli di supporto tra pari, e le reti di auto mutuo aiuto possono essere strumenti efficaci di intervento.

Wilma Di Napoli

Bibliografia

  1. Duprey EB, Handley ED, Manly JT et al. Child maltreatment, recent stressful life events, and suicide ideation: A test of the stress sensitivity hypothesis. Child Abuse Negl. 2021 Mar;113:104926.
  2. Ihme H, Courtet P, Risch N, et al. Mediation effect of anxious attachment on relationship between childhood trauma and suicidal ideation sensitive to psychological pain levels. Eur Psychiatry. 2023 Sep 22;66(1):e79.
  3. Ihme H, Olié E, Courtet P, et al. Childhood trauma increases vulnerability to attempt suicide in adulthood through avoidant attachment. Compr Psychiatry. 2022 Aug;117:152333. 
  4. Lloyd S, Larivée A. Time, trauma, and the brain: How suicide came to have no significant precipitating eventScience in Context. 2020;33(3):299-327. 
  5. Thompson MP, Kingree JB, Lamis D. Associations of adverse childhood experiences and suicidal behaviors in adulthood in a U.S. nationally representative sample. Child Care Health Dev. 2019 Jan;45(1):121-128.
  6. Wu R, Zhu H, Wu M-Y et al. Childhood Trauma and Suicide: The Mediating Effect of Stress and SleepInternational Journal of Environmental Research and Public Health. 2022; 19(14):8493. 

Foto: Envato Elements

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