Periodico dell’ EDA Italia Onlus, Associazione Italiana sulla Depressione

Nomofobia e neuroscienze

Quest’articolo descrive come nel XXI secolo, lo smartphone è diventato un’estensione del nostro corpo, una finestra sul mondo e un compagno inseparabile. Tuttavia, il nostro rapporto con questo dispositivo apparentemente innocuo può trasformarsi in una vera e propria dipendenza.

Origine e definizione della nomofobia

Cos’è la nomofobia? La parola deriva dall’inglese “no mobile phone phobia”, indicando una vera e propria paura di rimanere disconnessi. Questo termine, nomofobia, è stato coniato nel 2008 per descrivere l’ansia e il disagio derivanti dall’impossibilità di accedere al proprio telefono cellulare. Con l’aumento dell’uso degli smartphone, questa condizione è diventata sempre più comune. Soprattutto tra i giovani e i professionisti che dipendono dai dispositivi mobili per il lavoro e la socializzazione.

Tutto ha inizio quando YouGov (ente di ricerca britannico) condusse una ricerca sui livelli di stress e ansia registrati dagli utenti di smartphone e cellulari per conto delle Poste del Regno Unito. Questa ricerca ha evidenziato come il 53% degli utenti di telefonia mobile provi stress e ansia quando non ha accesso al proprio dispositivo. Un utente medio controlla in un ora le notifiche del cellulare almeno 80 volte più di 1 volta al minuto (1).

A sostenerlo è una ricerca commissionata da Amazon Kindle e condotta da Censuswide nel mese di febbraio 2025, su un campione rappresentativo di 2000 intervistati italiani e in età adulta. Dalla ricerca emerge che circa nove intervistati su dieci (91 %) controllano di continuo il telefono nella speranza di ricevere un nuovo avviso. Come è evidente si tratta di un comportamento che condiziona pesantemente la vita quotidiana. Ogni volta che l’attenzione viene deviata occorrono circa 60-90 secondi per rifocalizzarsi su quello che si stava già facendo (2).

Sintomi, impatti psicologici e disturbi sulla salute mentale

La nomofobia, ovvero la paura di restare senza smartphone, si manifesta con sintomi molto simili a quelli di altre fobie e dipendenze (Dantoni, 2024). Quando il telefono è scarico o fuori portata si può provare una forte sensazione di ansia e stress accompagnata da un senso di smarrimento e inquietudine. Sintomi che rendono difficile rilassarsi e concentrarsi.

Spesso nasce una sorta di automatismo nel controllare notifiche e messaggi anche senza una reale necessità. Un gesto impulsivo che diventa quasi un’abitudine inconscia. Questa dipendenza porta anche a una riduzione della capacità di concentrazione e una maggiore tendenza alla distrazione. Essa influisce negativamente sul rendimento sia nello studio che nel lavoro e rende più difficile portare a termine le attività quotidiane con efficienza.

Uno studio condotto su studenti universitari ha evidenziato che la nomofobia può influenzare negativamente la concentrazione e la produttività, portando a una riduzione delle performance accademiche. Inoltre, la dipendenza dal telefonino può interferire con le relazioni interpersonali, riducendo la capacità di comunicare faccia a faccia (Mondaini, 2020).

I dati e i consigli degli esperti dell’Istituto Superiore Sanità                                                       

«Oltre il 5% della popolazione mondiale soffre di dipendenze comportamentali o da sostanze, con un impatto grave su salute e relazioni. Tra le dipendenze comportamentali, l’uso problematico dello smartphone colpisce oltre il 25% degli adolescenti, con effetti negativi su sonno, concentrazione e relazioni. Un consiglio semplice e concreto? Stabilisci una “zona smartphone free” a casa, come la camera da letto o il tavolo da pranzo, per favorire momenti di qualità e disconnettersi gradualmente. Inizia con piccoli passi, ad esempio 30 minuti di pausa digitale al giorno, usando il tempo per altre attività che ti piacciono. L’obiettivo non è eliminare lo smartphone, ma imparare a gestirlo con consapevolezza.» (3).

Cause e fattori di rischio della nomofobia

Tra le cause ed i fattori di rischio ci sono:

  1. Facile costante accessibilità agli smartphone, che consente una connessione continua a informazioni dei social media, rendendo difficile il distacco.
  2. Bisogno costante di approvazione. in attesa dei like sui social media le notifiche stimolano un sistema di ricompensa del cervello, creando una dipendenza simile a quella delle sostanze.
  3. La FOMO (Fear of missing out), ossia la paura di perdere informazione, causa ansia di non essere aggiornati sugli eventi sociali e sulle notizie in tempo reale.  Ciò implica costantemente la necessità di controllare il telefono (La Venia, 2018).

Aree cerebrali coinvolte nella nomofobia

La nomofobia, come altre dipendenze, coinvolge specifici circuiti cerebrali legati al piacere, alla ricompensa e all’ansia.  I principali aspetti neurobiologici coinvolti sono:

  1. Corteccia prefrontale. Essa è coinvolta nel controllo degli impulsi e nella pianificazione delle azioni. Nelle persone con nomofobia, può esserci un’attività ridotta in queste aree, il che potrebbe spiegare la difficoltà nel limitare l’uso del cellulare nonostante le conseguenze negative.
  2. Amigdala. Essa è una struttura cerebrale fondamentale per l’elaborazione delle emozioni, in particolare la paura e l’ansia. Nella nomofobia, l’amigdala è coinvolta nell’origine della paura e dell’ansia che caratterizzano la condizione. Quando un individuo nomofobico si trova senza il proprio smartphone, o con la batteria scarica, o in assenza di connessione, l’amigdala si attiva, innescando una risposta di stress e ansia.
  3. L’area tegmentale ventrale. La VTA è una regione del mesencefalo che funge da centro di produzione della dopamina, un neurotrasmettitore cruciale per il piacere, la motivazione e la ricompensa. Quando percepiamo uno stimolo gratificante (un “mi piace” sui social media, ecc.), i neuroni dopaminergici della VTA si attivano e rilasciano dopamina. Nella nomofobia, l’anticipazione di queste interazioni digitali o la ricezione stimolano la VTA e rilasciano la dopamina, che genera una sensazione di piacere e soddisfazione. Questo rafforza il controllo ossessivo dello smartphone, creando un ciclo di rinforzo.
  4. Nucleus accumbens. Esso è situato nel proencefalo basale (area inferiore e anteriore del cervello) ed è una dei principali bersagli della dopamina. È considerato una componente fondamentale del circuito della ricompensa. Quando la dopamina rilasciata dalla VTA raggiunge il nucleus accumbens, produce la sensazione di piacere e motivazione alla ricompensa.
  5. Corteccia Cingolata Anteriore (ACC). Questa regione controlla l’appagamento dei desideri, regola l’emotività e monitora gli errori. Nella nomofobia può essere iperattiva, causando l’aumento dell’ansia quando si percepisce di perdere qualcosa (FOMO) (4).

Cos’è la DMN?

Studi recenti hanno evidenziato il coinvolgimento della Default Mode Network (DMN) nella nomofobia, una rete cerebrale legata alla riflessione su di sé e sugli altri. Nella nomofobia, in particolare, è coinvolta la Corteccia Cingolata Posteriore (PCC) associata all’introspezione, all’immaginazione e alla comprensione dei pensieri altrui.  Wang e colleghi (2022) hanno osservato nelle persone con livelli elevati di FOMO e un uso problematico dei social, un assottigliamento di questa area.

La DMN è una rete di aree cerebrali che mostrano un’elevata attività quando siamo:

  • Persi nei nostri pensieri.
  • Impegnati in processi di introspezione.
  • Ricordiamo il passato.
  • Immaginiamo il futuro.
  • Pensiamo a noi stessi o agli altri (metacognizione).

Regioni coinvolte nella DMN

Le aree principali della Default Mode Network includono:

  1. Corteccia prefrontale mediale (m PFC) – coinvolta nel pensiero autoriflessivo.
  2. Corteccia cingolata posteriore (PCC) e Precuneo – connessi alla memoria e alla consapevolezza del sé.
  3. Lobi parietali inferiori – associati all’elaborazione di concetti astratti e memoria episodica.
  4. Ippocampo – coinvolto nella memoria autobiografica.

Quando si attiva e quando si disattiva?

                      Stato cerebraleAttività della DMN
Riposo, sogno ad occhi aperti, pensieri liberi🔺 Alta
Attenzione focalizzata su un compito (es. matematica, gioco, guida)🔻 Ridotta

Questo fenomeno è noto come task-negative network, cioè una rete che si disattiva quando un compito esterno richiede attenzione.

Perché è importante studiare la DMN?

1 – È alterata in diverse patologie neurologiche e psichiatriche, come:

2 – Aiuta a capire come funziona il pensiero spontaneo e la coscienza del sé.

In sintesi, la Default Mode Network è una rete cerebrale che si attiva quando la mente è libera, e gioca un ruolo fondamentale nei processi di introspezione, memoria e coscienza personale.

Considerazioni

L’esplorazione del legame tra nomofobia e neuroscienze rivela un quadro complesso e in continua evoluzione, che va ben oltre la mera dipendenza comportamentale.

Antonio La Daga

Bibliografia

  1. Dantoni Fox. Nomofobia, liberati dalla dipendenza da smartphone. Ed. Mondadori. 2024.
  2. Lavenia G. Le dipendenze tecnologiche: Valutazione, diagnosi e cura. Ed. Giunti 2018.
  3. Mondaini G. (2020) Studio della Nomophobia relativo agli studenti di Infermieristica dell’UNIVPM, finalizzato all’analisi del rischio. UNITesi Università Politecnica delle Marche
  4. Wang L, Zhou X, Song X et al. (2022). Fear of missing out (FOMO) associates with reduced cortical thickness in core regions of the posterior default mode network and higher levels of problematic smartphone and social media use. BioRxiv. https://doi.org/10.1101/2022.10.24.513508

Sitografia

  1. https://www.stateofmind.it/nomofobia/
  2. https://lespresso.it/c/innovazione/2025/3/7/giornata-mondiale-disconnessione-ansia-stress-distrazione/53159
  3. https://www.iss.it/-/un-2025-all-insegna-della-salute-e-del-benessere-i-consigli-degli-esperti-dell-iss
  4. https://www.stateofmind.it/2017/11/lobi-frontali-corteccia/

Foto: Envato Elements

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