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Intelligenza Artificiale emozionale. La nuova dimensione del rapporto uomo/macchina

Oggi l’Intelligenza Artificiale (AI) sembra possedere la potenzialità di una totale sostituzione dell’agente umano. Probabilmente l’uomo sarà sempre chiamato a guidare opportunamente la tecnologia, ma in particolare nel campo dell’AI, non va sottovalutata la considerazione della potenzialità di autoapprendimento. Analogamente l’elemento di maggior interesse ed anche timore risiede nella potenzialità generativa dell’AI che consentirà una continua evoluzione del ragionatore artificiale ed il raggiungimento di capacità di elaborazione, anche in campo creativo ed emozionale, forse superiori a quelle umane.

Dal luddismo all’intelligenza artificiale

L’Intelligenza Artificiale sembra oggi inaugurare una nuova era nel rapporto uomo/macchina. La relazione fra individuo e tecnologia ha determinato e connotato i principali momenti evolutivi della specie. Da quando i primi ominidi hanno potuto estendere le proprie possibilità di interazione con il mondo, attraverso gli strumenti proto-tecnici, si sono aperte nuove dimensioni evolutive.

La scoperta e l’utilizzo dell’arco ha consentito all’uomo di sottrarsi al contatto diretto con l’animale da abbattere. L’invenzione della ruota ha favorito lo spostamento di massa di consistenti gruppi umani. È fuor di dubbio che il maggior impatto della tecnica sull’uomo e sugli insediamenti umani, sia avvenuto con lo spartiacque (Rifkin, 2004) della rivoluzione industriale.

Come è noto, a partire dalle fabbriche tessili inglesi, la macchina si inserì con forza e vigore nella produzione, fino a quel tempo eseguita solo da personale specializzato. La paura della macchina si concretizzò addirittura nelle azioni di violenza distruttiva dei primi telai meccanizzati ad opera dei Luddisti. Questi gruppi, guidati da Ned Ludd, temevano la sostituzione e la conseguente perdita del lavoro umano (Barone, 1990). Appare interessante rilevare come la paura del meccanismo automatico caratterizzasse coloro che non ne comprendevano il funzionamento tecnico e lo considerassero quasi un’opera del maligno.

Un nuovo spartiacque è oggi determinato dall’avvento e dalla diffusione dell’Intelligenza Artificiale. In questa nuova rivoluzione, dopo quella digitale dei computer e dell’informatica, si osserva una differenza inquietante. Al contrario di quanto accaduto nel passato, coloro che mettono in guardia sugli sviluppi negativi dei Large Language Model (LLM), sono gli stessi esperti ed i progettisti che li hanno creati. La richiesta iniziale di sospensione nello sviluppo di software dell’Intelligenza Artificiale, da parte di Elon Musk, fa riflettere su cosa possa accadere nell’immediato futuro grazie all’introduzione dei nuovi ragionatori artificiali.

Intelligenza artificiale e creatività

Due sono le considerazioni in generale rassicuranti relativamente ai timori verso la nuova intelligenza artificiale. La prima è riconducibile alla assunzione che i ragionatori artificiali non potranno mai sviluppare comportamenti creativi. La seconda osserva che l’Intelligenza Artificiale non sarà mai in grado di interagire emozionalmente con gli umani. In estrema sintesi è possibile definire la creatività come la possibilità di assumere comportamenti innovativi e produrre opere originali, ricombinando domini di conoscenza canonici. Henry Moore, Miles Davis, Pablo Picasso e Zaha Hadid, nei diversi campi di attività, hanno esplorato nuovi percorsi, ricombinando le regole della scultura, della musica, della pittura e dell’architettura. Non c’è chi non veda il potente contenuto creativo delle loro opere. Trasferendo il concetto al digitale è possibile dire che un LLM, che riuscisse a sviluppare un comportamento autonomo, potrebbe essere considerato un agente artificiale creativo.

Questo è già accaduto

L’esempio più famoso è forse quello di Alpha-Zero. Nel 2016 il software dell’Intelligenza artificiale ha eseguito autonomamente, vincendo l’incontro di scacchi, delle mosse che non gli erano state insegnate durante l’addestramento.

Altro esempio è quello di Google Deep Mind avvenuto l’anno precedente.  L’LLM era addestrato a giocare a Breakout, videogame dell’Atari del 1976 nel quale, ribattendo una pallina, si deve cercare di abbattere un muro di mattoncini. Dopo qualche centinaio di partite di addestramento, l’LLM ha capito che la mossa vincente consisteva nell’indirizzare la pallina negli angoli del muro di mattoncini.  Si creava così un varco per il passaggio della pallina nella parte interna del muro. Rimbalzando nel tunnel creatosi la pallina era in grado di abbattere un gran numero di mattoncini, senza l’intervento del giocatore digitale.

Gli studiosi hanno classificato questi comportamenti autodeterminati come: Unforced Learning, un apprendimento nato da un agire autonomo che superava i dati e le regole impartite. Un comportamento creativo.

Hume: quando la AI comprende le emozioni

L’Intelligenza artificiale può interpretare le emozioni umane e, in un certo senso, riprodurle.

La lacrima del robot Sonny, interprete del film del 2004: «Io, Robot», è rappresentativa di una nuova attenzione della AI verso gli stati emozionali umani. La ricerca in questo specifico campo ha recentemente prodotto un nuovo LLM chiamato: Hume AI. Questa intelligenza artificiale è in grado di comprendere, analizzandone i toni vocali, gli stati emozionali del suo interlocutore. Appare rilevante sottolineare che la ricerca sull’emotional AI e gli empathic media è sviluppata già da tempo. Molti sono infatti gli studi presenti in letteratura scientifica sulla cosiddetta: empatia tecnologica (Mc Stay, 2018).

In sintesi, Hume AI interloquisce in voce con il soggetto e presenta un’interfaccia che ne sottolinea graficamente gli stati emozionali. Sul display del PC vengono riportati alcuni dynamic meters che evidenziano i livelli di gioia, determinazione, divertimento, soddisfazione, etc. del soggetto umano. Nello stesso tempo, una nuvola grafica, riportata in alto destra dello schermo, fa muovere il marker rappresentativo dei dialoganti nelle diverse aree degli stati emozionali (fig. 1).

Figura 1. l’interfaccia grafica di Hume durante una conversazione emozionale.

Subito in basso a destra del display sono riportate le frasi umane e digitali della conversazione, anche qui con la valutazione dei diversi livelli di emozioni. Ciò che colpisce maggiormente è la naturalezza del dialogo e, in alcuni casi, la capacità di Hume di entrare in empatia con il soggetto. Senza alcun dubbio l’evoluzione di tali LLM potrà condurre verso sviluppi di enorme interesse per le attività di interpretazione degli stati emozionali umani.

Intelligenza Artificiale e psichiatria

In campo psichiatrico sono interessanti i contributi che esplorano le nuove dimensioni professionali aperte dall’Intelligenza Artificiale. Di particolare interesse appaiono le riflessioni in uno studio che analizzava un certo numero di casi componendo e collegando una serie di dati.

Le fonti erano: «cartelle cliniche elettroniche (EHR), scale di valutazione dell’umore, dati di imaging cerebrale, nuovi sistemi di monitoraggio (ad esempio, smartphone, video) e piattaforme di social media per prevedere, classificare o suddividere le malattie mentali, tra cui depressione, schizofrenia o altre malattie psichiatriche, e ideazione e tentativi di suicidio» (Graham et al., 2019).

Considerando le potenzialità di Hume AI e la semplice sovrapposizione con software di riconoscimento di modelli di espressioni facciali, potrebbe essere relativamente semplice giungere a progettare uno psichiatra digitale. L’associazione fra tono vocale e espressione facciale potrebbe consentire all’Intelligenza Artificiale di identificare la causa del disagio dell’agente umano e suggerire una terapia efficace (Fakhoury, 2019). Un assistente di studio con tali capacità potrebbe risultare di grande aiuto per lo psichiatra umano, se ben gestito.

In conclusione, è forse possibile affermare che l’Intelligenza Artificiale non sembra avere confini applicativi e ciascuna disciplina ne deve prevedere un corretto impiego. Adottare opportunamente la tecnologia, guidandola secondo le esigenze dell’esperto umano, è la strada da percorrere.

Romano Fistola

Ospite di redazione,

Prof. Ord. Dip. Ingegneria Civile,

Edile e Ambientale

Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Bibliografia

  1. Barone F. (1990). La paura della macchina: implicazioni metafisiche del Luddismo, in Riscossa S. (ed.), Le paure del mondo industriale, Editori Laterza, Bari.
  2. Fakhoury M., (2019), Artificial Intelligence in Psychiatry, in: Adv Exp Med Biol.;1192:119-125.
  3. Graham S, Depp C, Lee EE, et al. (2019). Artificial Intelligence for Mental Health and Mental Illnesses: an Overview”, in: Curr Psychiatry Rep. Nov 7;21(11):116.
  4. McStay A., (2018), Emotional AI. The Rise of Empathic Media, SAGE Knowledge.
  5. Rifkin J., (2004), Entropia, Dalai Editore,

Sitografia

  1. Google DeepMind’s Deep Q-learning playing Atari Breakout! https://www.youtube.com/watch?v=V1eYniJ0Rnk
  2. Google’s self-learning AI AlphaZero masters chess in 4 hours, https://www.youtube.com/watch?v=0g9SlVdv1PY
  3. HUME AI, https://www.hume.ai

Foto: Envato Elements. Screenshot di Romano Fistola, 2024

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