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La gelosia fraterna

La gelosia fraterna rappresenta senz’altro uno degli aspetti più comuni all’interno della vita familiare. Essa è una reazione naturale dovuta al profondo bisogno d’amore presente in ogni bambino. Tuttavia, può essere vissuta in modo sereno grazie all’aiuto dei genitori, divenendo un’importante opportunità di crescita.

Le origini del complesso di Caino

Quando si parla di rivalità tra fratelli e di gelosia verso i nuovi arrivati, non si può fare a meno di riferirsi a Caino, il noto personaggio della Bibbia.

Nel racconto della Genesi, nel Vecchio Testamento, Caino è il primogenito di Adamo ed Eva. Di carattere impetuoso e istintivo, Caino praticava l’agricoltura e Abele, il secondogenito, di animo buono e mansueto, la pastorizia.

Caino invidiava molto Abele in quanto immaginava che Dio gli preferisse il fratello. Così iniziò a vivere ogni istante del proprio lavoro come una competizione, persino il momento quotidiano dell’offerta a Dio dei frutti della sua attività. Sempre più convinto della predilezione del fratello, Caino non riusciva a sentirsi gradito e benvoluto e ne fu molto irritato. A tal punto che «egli disse al fratello Abele: “Andiamo in campagna!”. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise» (Genesi, 4,8).

Lo psicoanalista francese Charles Baudouin, vissuto a cavallo fra il XIX e il XX secolo, coniò l’espressione complesso di Caino proprio con esplicito richiamo al racconto biblico. Egli voleva, in tal modo, descrivere quell’insieme di sentimenti che ogni primogenito vive quando deve fare i conti con l’arrivo di uno o più fratelli o sorelle. L’espressione ebbe molto successo e nel tempo fu adottata anche in campo psicologico, appunto per indicare quello stato emotivo caratterizzato da forte competizione e rivalità.  

La nascita della gelosia fraterna

Nel racconto biblico, Caino sente di non essere ben accetto, ma ciò non coincide con l’atteggiamento di Dio. Allo stesso modo, tutti i primogeniti vivono uno stato di sofferenza a prescindere dal comportamento errato dei genitori. Il solo fatto di non essere più gli unici a ricevere il loro amore costituisce un problema.

Con l’arrivo di un secondo figlio, infatti, avviene un cambiamento nella struttura e nelle abitudini familiari che ha un forte impatto, sia positivo che negativo. Ogni situazione conseguente potrà rappresentare l’inizio di tensioni e irritabilità, in cui il primogenito sarà impegnato a mantenere la propria posizione privilegiata e a non perderla per nessun motivo.

La gelosia nei confronti del nuovo nato è reazione molto comune e del tutto naturale ed è la risposta a una perdita, reale o temuta, dell’oggetto amato. Essa è dovuta all’affetto che il bambino prova nei confronti dei genitori, al suo forte senso di dipendenza e al bisogno che essi si occupino di lui. Naturalmente la gelosia sarà tanto più forte quanto maggiori sono il suo affetto e il suo bisogno di attenzioni esclusive. 

La gelosia e le sue manifestazioni

Una tipica manifestazione di ciò può essere l’aggressività fisica, ovvero la ricerca di uno scontro diretto con il rivale o anche con la madre, ritenuta colpevole di aver portato in casa un estraneo. Il conflitto può avvenire tramite un attacco mirato a fare concretamente del male oppure verbalmente con l’offesa, lo scherno e l’improperio. La gelosia infantile può, però, anche manifestarsi attraverso attacchi indiretti, ovvero tramite bugie, false accuse o malignità per screditare l’altro fratello.

Bisogna dire che un’aggressività moderata rientra nella norma e non è preoccupante, in quanto contribuisce alla maturazione del bambino e alla sua capacità di superare i conflitti esteriorizzandoli. Essa, infatti, può costituire una grande prova che il bambino dovrà superare, una sorta di rodaggio indispensabile per il successivo formarsi di armonici rapporti fra pari, in cui si riprodurranno situazioni analoghe a quelle vissute in ambito familiare.      

Un’altra tipica manifestazione consiste nella regressione. In questo caso il figlio maggiore tende a comportarsi in maniera molto infantile per ricevere più attenzioni da parte dei genitori. I suoi modi di fare risulteranno contraddittori e torneranno a uno stadio evolutivo precedente in cui il fratello minore non era ancora presente. Ciò in quanto quel periodo di tempo viene associato a sentimenti positivi e a una vita felice.

Infine, vi è un’ultima tipologia di manifestazione, quella che sembra dimostrare una presenza maggiore di disagio interno. Essa si esprime attraverso un esteriore disinteresse e insensibilità verso il fratello minore, distacco emotivo e chiusura, come una sorta di reazione depressiva. Il bambino può generalizzare tale atteggiamento e iniziare a sentirsi triste e disinteressato verso quanto lo circonda, ma non riesce a spiegare ciò che prova.

Piccoli suggerimenti contro la gelosia

Informare e preparare per tempo i bambini all’arrivo di fratellini o sorelline può essere di aiuto, ma spesso non è sufficiente a prevenire gli atteggiamenti negativi. Infatti, sarà inevitabile che il neonato dovrà assorbire dalla mamma cure, tempo e attenzioni.

Una strategia efficace potrebbe essere quella di responsabilizzare il figlio maggiore affidandogli alcuni piccoli compiti di cura del piccolo, ma senza forzature, aiutandolo a sentirsi importante e necessario.

Un altro suggerimento potrebbe essere quello di raccomandare ai genitori di non trascurare il loro figlio maggiore e di cercare di ritagliare del tempo esclusivamente per lui, nonostante l’impegno di un neonato. Si può organizzare il suo gioco preferito, o uscire per una passeggiata, o chiacchierare occupandosi dei suoi problemi. L’importante è non privarlo di attenzioni e soprattutto fugare in lui la paura di essere messo da parte e di aver perso il loro amore. Secondo Louis Corman (1970), infatti, autore del famoso Test sulla famiglia, la gelosia fraterna diventa pericolosa solo a causa degli errori educativi dei genitori.

Un errore da evitare

Un errore da evitare assolutamente, ad esempio, è quello di intervenire con eccessiva severità sui comportamenti errati dettati da gelosia. Infatti, gettare acqua sul fuoco, come si suol dire, non farebbe che peggiorare la situazione, creando nel bambino rabbia repressa, ansia e sensi di colpa. Sentirsi compresi, accettati e amati sarà molto efficace per prevenire pericolosi atti di violenza o per evitare che il senso di gelosia possa rimanere irrisolto e addirittura estendersi fino all’età adulta.  

La psicoanalista inglese Susan Isaac (1989) afferma che: «potremo aiutare il bambino solo se riusciremo a fargli capire che gli vogliamo sempre lo stesso bene e che non facciamo alcuna distinzione fra lui e il fratellino. Non è però sufficiente pensare questo dentro di noi, dobbiamo saperlo manifestare in un modo che sia comprensibile al bambino». La rivalità fraterna potrà, pertanto, risolversi in modo naturale in un ambiente familiare sereno e privo di tensioni, vale a dire ricco di amore e di armonia, tale da compensare affettivamente ogni preoccupazione e paura.

Dominique Tavormina

studio@dottoressatavormina.it

www.dottoressatavormina.it

Bibliografia

  1. Corman Louis: Il disegno della famiglia – Test per bambini. Bollati Boringhieri, Torino 1970.
  2. Farnè Mario: Psicologia del bambino e dell’adolescente. Signorelli, Milano 1973.
  3. Isaacs Susan: L’osservazione diretta del bambino. Bollati Boringhieri, Torino 1989.

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