The Wrong Biennal e arte digitale
The Wrong Biennal è un’esposizione internazionale di arte digitale ed è visitabile online da tutto il mondo. Questa mostra è stata fondata nel 2013 dallo spagnolo David Quiles Guilló e si articola in vari padiglioni virtuali. Tra i padiglioni, #Uaremyproblem propone una interessante riflessione culturale sullo stigma e sulla diversità, espressa con l’arte digitale. Abbiamo posto alcune domande a Luigi Starace, presidente dell’associazione di promozione sociale Stigmamente e tra i curatori del padiglione #Uaremyproblem (1).
Da dove nasce l’idea di #Uaremyproblem?
L’idea nasce dal desiderio di esplorare una diversa modalità di approccio alla comunicazione sociale. Già nel 2005 Stigmamente Arte Media e Psichiatria aveva lanciato un progetto di mail art. Attraverso lo scambio via email di prodotti artistici venivano coinvolti ad esprimersi sul tema dello stigma circa 200 mail artist da tutto il mondo. Questo progetto è divenuto poi un catalogo, una mostra, un documentario e un modo per parlare agli studenti, la Mail Art Stigma.
Nel Festival del Cinema Indipendente di Foggia è stata creata, con i professori di psichiatria Bellomo e Nardini, la sezione Mente al Cinema/Mind on screen. Attraverso cortometraggi e film d’autore si realizzava prevenzione primaria con informazione sul disagio psicologico. Eravamo l’unico festival italiano di cinema in cui c’era una sezione dedicata alla salute mentale. Inclusi pertanto e non come evento a sé. L’esperienza durò sei anni.
Nel Padiglione Digitale #Uaremyproblem abbiamo riproposto i contenuti di queste iniziative. Le narrazioni sulla diversità sono sempre stimolo creativo ed intercettano nuovi fruitori, soprattutto giovani. Essendo un padiglione internazionale abbiamo scelto di chiamarlo #Uaremyproblem ovvero la tua diversità che tu rappresenti è un problema per me. Si lancia una provocazione, aprendo un conflitto. Viene capovolta la posizione pregiudizievole del per me che penso di essere normale rispetto a te diverso.
Secondo il poeta Ferruccio Gemmellaro, tra i partecipanti al padiglione, «I poeti, gli scrittori, i pittori, gli artisti in genere avrebbero l’energia di coinvolgere la collettività. Essi potrebbero rassicurare il diverso d’essere nella corretta logica e finalmente condurlo a esprimersi in maniera genuina».
Cosa ne pensa?
Oggi la collettività, anzi, le collettività sono più fragili e vivono processi di trasformazione che solo in parte sono stati studiati, la cosiddetta post-postmodernità. Credo che l’arte digitale generativa, creata attraverso l’intelligenza artificiale, e il cinema, possano catalizzare lo Zeitgeist contemporaneo post-postmodernità, ancora e aggiungerei per fortuna.
Grazie alla UICC (Unione Italiana Circoli del Cinema) stiamo proponendo degli streaming gratuiti. Si tratta di documentari legati al mondo contemporaneo, visite guidate in Zoom in musei virtuali e letture di fenomeni sociali che diventano arte digitale e viceversa. All’interno del padiglione #Uaremyproblem abbiamo proiettato due documentari su Banksy, che da 20 anni usa la street art come altri artisti in passato usavano il pennello.
Griffith et al. (2021) suggeriscono che gli artisti possono utilizzare strategie comunicative per coinvolgere le comunità online e promuovere la consapevolezza della salute mentale.
Secondo lei l’arte digitale può contribuire a ridurre lo stigma verso la diversità e in particolare verso le malattie mentali?
Chi si occupa di benessere mentale delle comunità sa bene che oggi i messaggi più efficienti sono quelli non istituzionali.
Il visivo è uno dei registri espressivi più potenti e può diventare promotore della diversità.
Il documentario di «Paquita y todo lo demás» di David Moncasi racconta la storia di Paquita. Pasquita è una donna di 62 anni con un figlio affetto da schizofrenia. È un video molto toccante. Gli studi hanno evidenziato come interventi video digitali rappresentano strumenti efficaci anti-stigma soprattutto nei giovani (Ito-Jaeger, 2022; Ojio, 2020).
Ritiene che si possa pensare di inserire questo tipo di interventi nei programmi scolastici?
Nel primo decennio del Duemila il binomio cinema e psiche è stato molto presente nelle attività dei professionisti della salute mentale. Cineterapia, cinema terapia e simili erano neologismi con cui si aveva familiarità anche nei congressi scientifici. Stigmamente con l’Ares Puglia, insieme ai Dipartimenti di prevenzione delle sei Asl e i DSM, ha coinvolto dal 2009 al 2011 ben 60 plessi scolastici pugliesi, quasi 4000 studenti (Altomare, 2010). I percorsi burocratici per l’avvio di tali progetti nelle scuole e la carenza del personale nei Dipartimenti di salute mentale ne ha frenato l’ulteriore sviluppo.
Paquita andrebbe proiettato nelle scuole di specializzazione. Commuove e fa riflettere. Emozioni e pensiero laterale sono fondamentali per la formazione dei futuri professionisti della salute mentale.
Tra le opere esposte mi ha colpito molto «Solo» di Marika Grassano, un’artista pugliese trasferitasi a Londra. Sotto l’opera possiamo leggere una sua riflessione sulla diversità che rimanda a parole di Leonardo da Vinci. Grassano scrive: «Col sentirsi diversi si tende ad appartarsi. In molti si sentono soli anche in mezzo a una folla, altri invece si sentono emarginati per le loro capacità. Leonardo da Vinci ha scritto, in un piccolo spazio tra un disegno e l’altro: “Quando tu uomo sarai solo, sarai tutto tuo”». Sicuramente alludeva al fatto di privarsi dei condizionamenti imposti da chi lo circondava.
Nella sua opinione, in che modo i condizionamenti imposti dalla società influenzano lo stigma verso la diversità e le malattie mentali?
Purtroppo, siamo costretti a parlare al plurale di stigmi ognuno rivolto a diversità multiple. Credo invece che lo stigma sia unico e parte integrante del tessuto sociale, ma verrebbe da dire non tessuto (Cianconi, 2020). Le società hanno il compito di istruire e formare sia cognitivamente sia emotivamente gli studenti e i cittadini. Ma una parte della responsabilità resta al singolo individuo. Ognuno di noi può formarsi e imparare a navigare dentro le acque spesso agitate e turbolente delle proprie emozioni e pensieri.
L’arte indica cammini, il mondo della psiche ne indica altri, le narrazioni altri ancora, così come la scienza. Il menù a disposizione per nutrirsi è molto vario e diversificato. Saremo così pigri da scegliere sempre uno scialbo e standardizzato happy meal?
Antonella Litta
Bibliografia
1) Cianconi C., Starace L. La psichiatria sociale nelle società postmoderne La Psichiatria Sociale in Italia – Pacini Editore 2020, capitolo 39
2) Griffith FJ, Stein CH, Hoag JE, Gay KN. #MentalHealthArt: How Instagram artists promote mental health awareness online. Public Health. 2021 May;194:67-74
3) Ito-Jaeger S, Perez Vallejos E, Curran T, Spors V, Long Y, Liguori A, Warwick M, Wilson M, Crawford P. Digital video interventions and mental health literacy among young people: a scoping review. J Ment Health. 2022 Dec;31(6):873-883
4) Ojio, Y., Yamaguchi, S., Ohta, K., Ando, S., & Koike, S. (2020). Effects of biomedical messages and expert-recommended messages on reducing mental health-related stigma: A randomised controlled trial. Epidemiology and Psychiatric Sciences, 29, e74.
5) Altomare E., Bellomo A., Petito A., Starace L. Stigmamente. Il Cinema nella prevenzione del Pregiudizio verso il Disagio Mentale, AReS Puglia 2010
Foto: The Wrong Biennal. U are my problem pavillion. Arte digitale – Luigi Starace, 2023