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Un gruppo di auto-mutuo-aiuto in 7 passi

Il gruppo di auto-mutuo-aiuto è un modo semplice e fecondo di offrire luoghi di ascolto, incontro e condivisione. Un’occasione preziosa di supporto e sollievo, da promuovere e diffondere.

Perché pensare ad un gruppo di auto-mutuo-aiuto

In una società sempre più connessa, e allo stesso tempo sempre più sola, il gruppo di auto-mutuo-aiuto può restituire una dimensione calda e accogliente dell’esistenza. Questa dimensione, un tempo rappresentata dalle reti sociali solidali, viene oggi snobbata in favore di luoghi “virtuali”, poveri di reale condivisione emotiva. Ecco uno dei motivi per cui il gruppo di auto-mutuo-aiuto risulta di grande attualità. Costituiscono luoghi reali dove tornare ad incontrare l’Altro, inteso come diverso ma anche simile a sé. E l’incontro diventa uno scambio profondo, autentico, vitale.

Nella loro semplicità i gruppi di aiuto-mutuo-aiuto costituiscono luoghi dove ricevere sostegno e condivisione, ma anche dove riscoprirsi capaci di affrontare le difficoltà (Katz e Bender, 1976).

Si tratta però anche di luoghi che vanno pensati, costruiti, sviluppati.

Molti gruppi nascono e muoiono velocemente, pur nelle migliori buone intenzioni di chi ha presunto fosse sufficiente trovarsi, dopo aver vissuto uno stesso problema e darsi aiuto. È invece opportuno ragionare prima su spinte motivazionali, difficoltà e necessita da affrontare, così da permettere al gruppo di svilupparsi e progredire nel tempo.

Ecco 7 piccoli passi utili da considerare nel suo sviluppo (Tognetti Bordogna, 2002).

1° passo: chiarire gli obiettivi

Qual è l’obiettivo dichiarato del gruppo che vogliamo sviluppare?

Nella classificazione di Levy (1976) sono riportati 4 tipologie di base dei gruppi AMA.

  1. Gruppi di sostegno, per ricevere supporto e condivisione a fronte di un evento o una condizione dolorosa (lutto, malattie).
  2. Gruppi di azione sociale, per supportare persone vittime di discriminazione e pregiudizi.
  3. Gruppi di controllo delle condotte, per dare aiuto alle persone che hanno problemi di controllo dei loro comportamenti (alcolismo, dipendenze, obesità, fumo).
  4. Gruppi di crescita per persone che desiderano migliorare la loro qualità di vita sul piano emotivo e relazionale.

Quale che sia l’obiettivo individuato è necessario esplicitarlo a chi si avvicina a tale realtà, in modo da permettergli di fare una scelta il più possibile consapevole. La persona potrà così valutare se il gruppo corrisponde a ciò di cui sente il bisogno e potrà aderirvi autenticamente.

Sarà anche più semplice promuovere il gruppo sul territorio, permettendo a enti, organizzazioni e servizi di segnalarlo come risorsa, in modo preciso.  

2° passo per costruire un gruppo di auto-mutuo-aiuto: individuare i bisogni

Ascolto, condivisione, comprensione, solidarietà, rispetto, autostima, informazioni, aumento delle competenze, sono tutti bisogni appagati da un gruppo di auto-mutuo-aiuto. È fondamentale esserne consapevoli, per chi vi accede ma soprattutto per chi ha a cuore il suo accrescimento. 

Per sviluppare un gruppo di auto-mutuo-aiuto non è sufficiente infatti accomunare persone che vivono una stessa condizione di rischio o di svantaggio. È necessario indagare quelli che sono i bisogni sottesi a questa condizione, cui poter dare risposta attraverso il confronto tra pari, ed esplicitarli. Non tutti quelli che si trovano ad affrontare un lutto o una perdita possono sentirsi in grado di esprimere i propri sentimenti. Analogamente non tutti coloro che soffrono di depressione possono avvertire la spinta a condividere in gruppo le proprie vulnerabilità. Molto spesso l’ingresso in un gruppo di auto-mutuo-aiuto è il traguardo di un percorso personale di elaborazione, più che il punto di partenza (Albanesi, 2004).

3° passo: coinvolgere i partecipanti

Per coinvolgere i membri di un gruppo di auto-mutuo-aiuto si possono sfruttare molteplici canali comunicativi, dai social, al materiale cartaceo, al passa parola. Può essere utile organizzare degli eventi informativi (seminari, convegni, serate divulgative), dove approfondire la natura dei gruppi di auto-mutuo-aiuto e la tematica del gruppo individuato. Così i partecipanti potranno avvicinarsi alla proposta facendosi un’idea di ciò che viene offerto, con la possibilità di un eventuale contatto successivo per aver maggiori informazioni. In generale è sempre utile prevedere uno o due colloqui individuali, informativi e introduttivi, in cui chiarire scopi e modalità di funzionamento del gruppo (Albanesi, 2004).

4° passo per costruire un gruppo di auto-mutuo-aiuto: selezionare i facilitatori

Spesso chi ha a cuore l’avvio di un gruppo di auto-mutuo-aiuto si incarica anche della conduzione di esso, per lo meno nelle fasi iniziali. Questo tuttavia non è scontato, anzi, separare la figura di chi promuove da chi facilita il gruppo può rendere il gruppo stesso più maturo e capace. Il facilitatore può essere un professionista ma spesso non lo è. E ciò non riduce l’efficacia del gruppo, anzi di fatto la promuove (Di Napoli, 2023).

Il requisito fondamentale è che sia a conoscenza degli scopi e processi del gruppo di auto-mutuo-aiuto. Con i suoi interventi, volti sempre a facilitare la circolarità della comunicazione, dovrebbe in primis sforzarsi di creare un clima accogliente e di fiducia. Sta a lui favorire lo scambio tra i membri del gruppo, senza fornire suggerimenti o consulenze, ma valorizzandone la partecipazione. Suo il compito di stimolare la comunicazione orientata sui temi del gruppo, “oliando” i meccanismi comunicativi. Suo anche l’onere di ricordare al gruppo i basilari impegni al rispetto reciproco e al non giudizio (Steinberg, 2002).

5° passo: stabilire tempi e dimensioni

Un gruppo di auto-mutuo-aiuto può essere chiuso o aperto, l’importante è definirlo prima in linea con gli obiettivi del gruppo stesso. Nel primo caso è importante vi sia un numero tale di membri iniziale, da permettere che possa riunirsi con efficacia anche in caso di assenze impreviste. Diversi autori consigliano il gruppo aperto, disponibile cioè ad un ricambio fisiologico tra persone che lo lasciano e persone che vi entrano a fare parte. Aperto si intende anche ad acquisire nuovi membri durante il suo mandato se ne evidenzia il bisogno. Non c’è un numero corretto di per sé, si va in genere da 5 a 15 persone, e molto dipende dalla scelta del gruppo stesso (Tognetti Bordogna, 2002).

6° passo per costruire un gruppo di auto-mutuo-aiuto: precisare le regole

Nel gruppo di auto-mutuo-aiuto non ci sono tecniche specifiche da seguire, ma impegni da conoscere e rispettare, per non compromettere la natura del gruppo stesso. Viene chiesto ai partecipanti la disponibilità a collaborare, disincentivando competizione e affermazione.

Nell’auto-mutuo-aiuto il partecipante deve sentirsi sicuro di potersi aprire agli altri senza temere giudizi, derisioni, o che vengano diffuse fuori dal gruppo notizie personali. La conoscenza e il rispetto di tali “regole base” sono cruciali per lo sviluppo e la continuità del gruppo stesso (Albanesi, 2004).

7° passo: sviluppare una cultura di gruppo

Partecipare ad un’esperienza di mutualità consente ai suoi membri di sviluppare nel tempo una cultura di gruppo. Si diviene consapevoli della forza della condivisione, emotiva e cognitiva, delle proprie esperienze, e si sperimenta come le proprie vulnerabilità possano divenire risorse. Si consolida così quel meccanismo circolare di rispecchiamento reciproco, che permette a ognuno di imparare dall’altro, mettendosi nello stesso tempo a disposizione in prima persona. Impariamo dalla crisi, acquisendo conoscenze e creando occasioni per individuare insieme nuove strategie di fronteggiamento delle difficoltà (Di Napoli, 2023). Il tutto avviene in un clima accogliente ed empatico, cioè percepito come disponibile, affidabile e autentico (Albanesi, 2004).

Conclusioni

La cultura alla base dei gruppi di auto-muto-aiuto è un bene collettivo che va promosso e diffuso. Nei suoi elementi costituivi troviamo infatti dei fattori che possono fungere da catalizzatori di benessere per l’individuo e la comunità. Reciprocità, rispetto, supporto ma anche valorizzazione dei membri del gruppo sono principi base che, se esportati e diffusi, potrebbero essere promotori di una comunità più matura, solidale e resiliente.

Wilma Di Napoli

Bibliografia

  1. Albanesi C. I gruppi di auto aiuto. Carocci. Roma, 2004.
  2. Katz A, Bender E. The strenght in us. Self help groups in the modern world. Franklin Watts. New York, 1976.
  3. Levy L.H. Self help group. Types and Psychological process. Journal of applied behavoiural sciences. 1976, 12(3), 310-322
  4. Tognetti Bordogna (a cura di). Promuovere i gruppi di self help. Franco Angeli Milano, 2002

Foto: Envato Elements

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