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The Hours, Le Ore. La depressione in tre volti

The Hours, un romanzo, da cui è stato tratto l’omonimo film, fondato su tre donne, Virginia Wolf, Clarissa Dalloway/Vaughan e Laura Brown. Una scrittrice, il personaggio di un libro e una lettrice. Tre storie di depressione.

Introduzione

The Hours, Le Ore è il titolo originario del romanzo di Virginia Woolf, prima di cambiarlo in La signora Dalloway.

The Hours, Le Ore è il romanzo di Michael Cunningham, uscito nel 1998. Premio Pulitzer per la narrativa, il libro ha ispirato il film The Hours del 2002. Nicole Kidman, nel ruolo di Virginia Woolf, ha vinto l’Oscar come miglior attrice. Il cast di eccezione vede anche Julianne Moore e Meryl Streep. Il film è diventato forse più famoso del libro (Cunningham, 2020).

Vengono raccontate tre storie che si sviluppano nell’arco di una sola giornata, ambientate in tre luoghi e in tre momenti diversi del XX° secolo. Tre storie che si intrecciano tra di loro. Storie in cui prevale una scrittura/interpretazione altamente introspettiva, attenta ai pensieri, alle idee, ai dubbi, alle sofferenze dei personaggi. Tre storie di depressione diverse perché diversa è la matrice storica e culturale, in cui le protagoniste sono immerse.

The Hours, le protagoniste

Tre donne che, pur vivendo in luoghi ed epoche differenti, sono accomunate da un solo libro: La signora Dalloway di Virginia Woolf. Tre donne diverse che colgono l’esperienza di vivere in modo diverso. Virginia Woolf, grande scrittrice inglese nata nel 1882, ritratta a un passo dal suicidio, nel 1941. Laura Brown, una infelice casalinga californiana dell’immediato dopoguerra, guidata da un’immagine di perfezione e da un ideale irraggiungibile che maschera il vuoto interiore. E una contemporanea Clarissa Vaughan, un editor newyorkese di oggi, quasi la reincarnazione della Clarissa Dalloway, capolavoro di Virginia Woolf. Donne che in ventiquattr’ore fanno i conti con la propria esistenza. Con l’inquietudine, il bisogno di fuga e il senso d’incompletezza (sito 3).

La depressione di Virginia Woolf

«Si affretta, via di casa, […] Ha lasciato un biglietto per Leonard, […] Cammina con determinazione verso il fiume, sicura di quello che farà, […] Supera uno dei lavoranti della fattoria, […] sta pulendo il fosso che corre lungo il vincheto. […] Lui la guarda, fa un cenno con il capo. […] Mentre lo supera diretta al fiume, pensa a quanto lui sia appagato, a quanto sia fortunato, a pulire il fosso in un vincheto. Lei invece ha fallito. Non è una scrittrice, non veramente: è solo una stravagante dotata. […] Ha fallito e ora le voci sono ritornate, mormorano indistinte […] dietro di lei. […] Raggiunge l’argine, lo scavalca e continua giù, di nuovo verso il fiume. […] Comincia a cercare una pietra. […] Potrebbe forse rientrare in tempo […] Potrebbe continuare a vivere […] Le voci sono qui […] Decide di continuare» (Cunningham, 2020).

La protagonista è la celebre scrittrice. La narrazione inizia il giorno del suo suicidio, nel 1941, per poi tornare al 1923. E ripercorrere gli ultimi anni in cui combatte contro una feroce depressione. Virginia Woolf nella sua vita ha affrontato tormenti interiori, momenti di gioia alternati a forte depressione.

Oggi si ritiene che Virginia Woolf abbia sofferto di un disturbo bipolare con severe fasi depressive. Aveva una storia familiare psichiatrica, prevalentemente di disturbi dell’umore. Dal lato materno una lunga storia di donne eccentriche e molto attive; dal lato paterno, generazioni di uomini alquanto malinconici. Suo nonno paterno morì in manicomio. Suo padre soffriva di ciclotimia. Sua madre soffriva di crisi depressive. Quindi una eredità biologica tale da rappresentare un grande rischio di sviluppare malattie mentali. Tuttavia, alcuni autori sostengono che la sua malattia sarebbe stata più lieve se non fosse stata esposta a esperienze traumatiche durante l’infanzia. Virginia è stata violentata sessualmente dai suoi fratellastri (sito 5).

La depressione di Laura Brown

Laura non è consapevole della sua depressione. Avverte il malessere di vivere navigandoci dentro, ma senza riuscire a dare un senso al suo vuoto interiore.  La signora Brown, che viene ritratta nella Los Angeles del 1949, affoga il malessere nella lettura. È una grande lettrice dei romanzi della Woolf. Sta infatti leggendo La signora Dalloway.

Vive il suo matrimonio con un senso di estraneità. Vive suo figlio Richie come un peso. «Quando suo marito è qui, lei può farcela. Riesce a vedere che lui la guarda, e sa quasi istintivamente come trattare il bambino con decisione e tenerezza. […] Sola con il bambino, invece, si smarrisce. Non riesce a ricordarsi sempre come dovrebbe comportarsi una madre».  È il vuoto immane che le risuona e la cattura.

Laura percepisce un fondo di insofferenza per la propria esistenza. La sua banale esistenza. Nessuno però le chiede se ne sia soddisfatta. Semplicemente ci si aspetta che viva di luce riflessa dei successi professionali del marito. Ci si aspetta che lei sia soddisfatta della propria esistenza. È la protagonista di una doppia vita. Quella di moglie e madre perfetta, in attesa del secondo figlio e quella di donna in preda a un’indomabile insoddisfazione interiore. La lettura del romanzo di Virginia Woolf la rapisce e le fa aprire gli occhi sulla propria infelicità.

La nuova depressione in The Hours

Laura viene ritratta nel giorno del compleanno del brillante marito. Tutto deve essere perfetto! «Gli faremo la torta più bella che abbia mai visto». La preparazione della torta di compleanno assume il rilievo, e il peso, di una validazione personale. La torta non raggiungendo il livello di perfezione desiderata, va rabbiosamente nella spazzatura. E scopre di non sopportare la vita che le è stata ritagliata addosso. Matura in questo contesto il pensiero della possibilità del suicidio, per ritrovare la pace (sito 4). 

La depressione di Laura rimanda ad una realtà soggettiva ed oggettiva estremamente complessa legata alla trasformazione del mondo e delle relazioni. Il sintomo nucleare di questa nuova depressione non è la tristezza vitale, bensì il vuoto. Dove il male oscuro è rappresentato dalla solitudine, dall’abbandono e dall’alienazione. E dove il non-successo lascia dietro di sé individualità dismesse e abbandonate.

La depressione di Clarissa Vaughan

Dall’America anni ‘50 in cui vive Laura veniamo invece catapultati nell’epoca moderna. Clarissa Vaughan è una sorta di Mrs. Dalloway dei giorni nostri. Da sempre viene soprannominata dal suo amato amico Richard, Mrs. Dalloway, per i suoi infiniti punti in comune con questo personaggio.

Clarissa vive nella New York di fine XX secolo. Sembra il personaggio più positivo, ma ha una vita inquieta. La tristezza la invade pensando alla vicina morte del suo amato amico Richard.  Malato terminale di Aids, in onore del quale sta preparando una grande festa. Clarissa sembra l’unica ad aver trovato una pace con il presente. Vive con la sua compagna senza fare mistero della sua omosessualità. Eppure anche lei conosce quell’angoscia, inseguita dai fantasmi del passato (sito 2).

Ma chi è la Mrs Dalloway di Virginia Woolf?  È la storia di una donna depressa che reagiva alla depressione attraverso l’organizzazione di feste fuori luogo in guerra. Anche Clarissa, in The Hours,  combatte il suo aspetto depressivo e le sue angosce attraverso l’organizzare cose, pur mantenendo una ideazione pessimistica. Ad un certo punto dice: «ma perché tutte le cose devono andare male». Quando in realtà si trattava di organizzare solo delle cose. Suggerisce un aspetto della personalità distimica, per la sua visione al negativo (sito 3).

Richard Worthington Brown, il poeta suicida in The Hours

Queste tre storie si intrecciano tra di loro. Il bimbo di Laura Brown, Richie, lo ritroviamo nell’ultima storia. Il Richard amico e amore di Clarissa, malato di Aids. Poeta che ha appena ricevuto un premio letterario. Cresciuto con il dramma dell’abbandono della madre, che va via di casa per suicidarsi, ma che poi scappa in Canada. Richard vive una vita disregolata non elaborando il lutto per la scomparsa della madre. E che prima di ricevere il premio scivola delicatamente dalla finestra, ponendo fine alla sua sofferta e dolorosa vita. Non è un caso che in The Hours a morire siano i due poeti, Virginia e Richard, che si interfacciano con il proprio demone attraverso la scrittura (sito 3).

Conclusioni

La depressione si propone in tante forme diverse nel corso degli anni. The Hours ci insegna che la depressione porta depressione. Laura con la sua depressione condiziona la vita di Richie, il futuro poeta Richard. Richie, abbandonato da sua madre, cerca nella sua vita di vicariarne la perdita.  

Immacolata d’Errico

c.v. Immacolata d’Errico – Depressione Stop (deprestop.it)

Bibliografia

  1. Cunningham M.: Le ore. La nave di Teseo editore, Milano, 2020
  2. https://www.langolodeilibri.it/the-hours-le-ore-michael-cunningham/
  3. https://artesettima.it/2017/03/28/the-hours-il-coraggio-di-vivere/
  4. https://www.cronacheletterarie.com/2020/12/17/le-ore-di-michael-cunningham/
  5. https://bipolarinformati.com/2019/11/17/virginia-woolf-neuroprogressione-e-disturbo-bipolare/

Foto: Le tre donne in The Hours. Foto di Immacolata d’Errico, dalla locandina del film.

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