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La depressione può essere una risorsa. Una testimonianza per chi soffre

È la testimonianza di una paziente affetta da Disturbo Bipolare, seguita dalla psichiatra e psicoterapeuta Immacolata d’Errico, di Bari.

La mia storia

Vi racconto la mia storia, sono R.D., ho 47 anni, non sono sposata, anche se ho avuto delle importanti storie affettive e sono una paziente della dottoressa d’Errico. Sono una bipolare e voglio darvi una mia testimonianza anche se preferisco non dire il mio nome. Il mio disturbo bipolare è esordito precocemente, a 17 anni ed ho avuto ricoveri ospedalieri volontari. Ho fatto percorsi di psicoterapia, sia individuale che familiare ed ho sempre assunto con regolarità i farmaci prescritti.

Nel corso degli anni le ricadute sono state sempre più rade. Purtroppo per la mia malattia non sono riuscita a laurearmi, ma ora che ho raggiunto una certa stabilità vorrei iscrivermi all’Università. Non è mai troppo tardi! Una facoltà umanistica, vista la mia grande passione per la letteratura e sono una divoratrice di libri. Vivo con mio padre e riesco a gestire la mia vita familiare e sociale.

Ho scritto di getto queste righe, dettate dal cuore e dalla voglia di condividerle con voi. Rendervi partecipi dei miei pensieri è per me un messaggio di speranza per chi vive nel buio profondo della depressione. Bisogna imparare a prendersi cura di sé stessi e chiedere aiuto agli specialisti, senza avere la presunzione di curarsi da soli o peggio abbandonarsi alla malattia e ai sensi di colpa. Come dice la mia dottoressa, non bisogna abbandonarsi al lamento ma dobbiamo comprendere il senso di quello che stiamo vivendo per trarre la forza per uscirne. E spero tanto che questa mia testimonianza possa esservi di aiuto!

Testimonianza

É difficile raccontare la mia storia perché è una storia di sofferenza, ma il fatto che io abbia deciso di parlarne vuol già dire che sto guardando oltre. Sto guardando di nuovo fuori di me.

Si perché quando la depressione ti colpisce non ne sei subito consapevole. Io non mi sono subito resa conto di quello che mi stava succedendo. Tutto intorno a me crollò, non sapevo più riconoscermi, non riuscivo a vivere il quotidiano. Dentro di me nasceva un dolore come un serpente che si morde la coda. Un circolo vizioso dal quale ho avuto la presunzione di poterne uscire da sola.

Poi, esasperata da me stessa, ho chiesto aiuto agli psichiatri. Ho voluto fortemente collaborare con loro per affrontare me stessa e diventare consapevole delle trappole che la mia mente crea, e quelle cose irrisolte che ho portato dentro di me per anni.

Dalla depressione se ne esce più forti, più consapevoli. E pronti per riscrivere una nuova progettualità della propria esistenza in cui quell’antico tormento e dolore si trasforma in punto di forza.

Non tutti hanno la stessa sensibilità e cultura e profondità d’animo per stare accanto ad un depresso che oltre a soffrire in prima persona fa soffrire anche le persone che gli stanno vicino.

Il depresso passa spesso per colui che non vuole fare niente, un inetto, uno che non sa vivere, bhè non è proprio così. Mi sono resa conto che la depressione non è una DEMINUTIO, ma è spesso una risorsa, se non viene relegata dal pregiudizio e dal senso comune nell’isolamento della società.

I sofferenti hanno un potere umanizzante stupendo e c’è tanta bellezza anche nella fragilità.

Chiedo in prestito le parole di una delle mie scrittrici preferite Susanna Tamaro per trasmettere un messaggio di speranza. “Siamo querce che si sono fatte salici allo scontro abbiamo preferito l’ascolto; al soccombere la linfa vitale che porta sempre a rinascere.”

La depressione inibisce l’azione. L’ascolto terapeutico da parte degli psichiatri e l’aiuto farmacologico mi hanno dato gli imput per ritornare ad agire in modo consapevole e affrontare quell’irrisolto che è stato di ostacolo per andare avanti per non correre il rischio di perdere di nuovo tutto e per custodire gelosamente quello che resta.

                                                                                                                                              R.D.

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