Periodico dell’ EDA Italia Onlus, Associazione Italiana sulla Depressione

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Quando nei conflitti l’umanità vacilla

Riconoscere e affrontare il peso emotivo legato ai conflitti planetari attraverso la risorsa dei gruppi di auto mutuo aiuto.

Introduzione

Negli ultimi anni, e in modo drammatico nell’ultimo periodo, i conflitti e le catastrofi umanitarie si moltiplicano. Gaza, Sudan, Congo, Ucraina, sono solo alcuni dei più recenti e citati luoghi di guerra. Attraverso il web giungono a noi in ogni momento immagini scioccanti, atroci nei contenuti, potenti nell’impatto psicologico, che colpiscono le nostre vite e le nostre coscienze.

Il conflitto a Gaza rappresenta un caso emblematico. Immagini, testimonianze dirette, narrazioni di perdita e distruzione raggiungono quotidianamente milioni di individui attraverso i social media, costruendo una forma di partecipazione emotiva senza precedenti.

Il trauma vicario e i conflitti. Cosa è e come si mostra

Assistiamo così a un fenomeno psicologico sempre più evidente. Persone che, pur vivendo lontano dai contesti di guerra, sperimentano un’intensa sofferenza emotiva legata a eventi tragici globali.

Per molti, non si tratta semplicemente di empatia, ma di una forma di trauma vicario. Consiste in un impatto psicologico profondo, derivante dall’esposizione indiretta a dolore, violenza e ingiustizie percepite. Si accompagna spesso a esperienze di impotenza, colpa, disorientamento morale, rabbia e senso di ingiustizia.

Ha bisogno di essere riconosciuto, definito e affrontato, per non provocare danni psicologici ulteriori.

Trauma vicario e sofferenza mediatica nei conflitti globali

Il trauma vicario si verifica quando l’esposizione ripetuta al trauma altrui produce sintomi emotivi simili a quelli sperimentati da chi vive direttamente l’evento traumatico. L’iper-visibilità delle guerre contemporanee amplifica questo processo. La continua fruizione di video, voci, volti e storie attraverso smartphone e piattaforme digitali rende permeabili i confini tra “qui” e “lì”.

La sofferenza non è immaginaria né secondaria: è un dolore “per interposta persona” che coinvolge la sfera emotiva, cognitiva, fisica ed etica. Il rischio, però, è che questo coinvolgimento empatico diventi schiacciante e non trovi spazi adeguati di elaborazione.

La solitudine emotiva come fattore di rischio

Molte persone vivono questo dolore in silenzio. Temono di non avere diritto a soffrire perché non sono direttamente coinvolte nei teatri dei conflitti, o temono incomprensione e giudizio. Questo può generare isolamento, logoramento morale e incremento della vulnerabilità psicologica.

Riconoscere la sofferenza, definirla e condividerla, è il primo passo per trasformarla, per non ammalarsi.

Il valore dei gruppi di auto-mutuo aiuto

I gruppi di auto-mutuo aiuto (AMA) possono rappresentare una risposta preziosa. Non sono gruppi terapeutici, ma spazi di condivisione sicuri, in cui persone che vivono esperienze simili si incontrano per raccontarsi, ascoltare, sostenersi.

Tali gruppi offrono accoglienza emotiva, contenimento, ascolto attento e non giudicante, spazi di decompressione. Ci si sente meno soli, “strani” o “diversi” nel senso di condivisione che ne risulta, e protetti dalla polarizzazione dal gruppo sociale. In esso la persona può trovare spunto per scoprire nuove strategie di coping (processi psicologici messi in atto per fronteggiare situazioni stressanti e/o avverse). Può inoltre nascere l’opportunità di condividere spunti di comportamento responsabile, coltivando la speranza.

Cosa accade in un gruppo di auto mutuo aiuto

Un gruppo di auto mutuo aiuto dedicato a questo tipo di dolore lavora sull’espressione emotiva protetta, sulla regolazione dell’ansia, sulla gestione dell’esposizione ai mass media.

Si approfondiscono insieme il significato della sofferenza e la costruzione di rapporti di solidarietà e cooperazione non giudicante. Va tenuto al riparo da attrazioni ideologiche e distorsioni di pensiero. Promuove forme di autotutela psicologica, come ad esempio ribadire l’importanza all’attenzione delle fonti delle notizie e la distanza tra informazione e immersione emotiva continua.

Non sostituisce la cura specialistica quando necessaria, ma previene il collasso emotivo e costruisce comunità e resilienza.

Trauma vicario dei conflitti e auto mutuo aiuto. Riconoscere, nominare, accompagnare

Parlare di sofferenza emotiva legata alla guerra non è un lusso occidentale. È riconoscere come il conflitto attraversa anche chi non lo vive fisicamente, perché la vulnerabilità etica è parte della nostra umanità.

L’ascolto collettivo diventa allora un atto umano e sociale. Non è finalizzato a sostituire le voci di chi soffre direttamente, ma ad evitare di trasformare il dolore degli altri in paralisi o silenzio dentro di noi.

Conclusione

In un tempo di conflitti iperesposti sui media, sostenere chi sta male per la sofferenza altrui è una forma di cura sociale. Creare spazi di auto-mutuo aiuto ad hoc significa riconoscere che la solidarietà ha anche un volto psichico. Prendersi cura di sé mentre si tiene il mondo negli occhi non è egoismo: è responsabilità. Genera resistenza psicologica e alimenta passione per l’umanità, tutta, stretta in un abbraccio compassionevole.

Wilma Di Napoli

Bibliografia

  1. Figley, C. R. (1995). Compassion Fatigue: Coping With Secondary Traumatic Stress Disorder in Those Who Treat the Traumatized. Routledge, New York.
  2. Pfefferbaum, B. et al. (2014). Media effects in the context of crisis: role of exposure and distress. Journal of Psychiatric Research, 57, 47–54.
  3. Solomon, P. (2004). Peer support/peer provided services. Psychiatric Rehabilitation Journal, 27(4), 392–401.
  4. Thomson, A., & Jaque, S. V. (2022). Vicarious trauma through media exposure. Current Psychiatry Reports, 24, 619–627.

Foto: Envato Elements

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