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Normalità e patologia

Che cos’è la normalità? È possibile definirla? La storia di uno psichiatra figlio di una persona affetta da disturbo bipolare potrà aiutarci?

Introduzione

Naeem Dalal è un giovane psichiatra dello Zambia. Le sue origini familiari vengono da lontano, dall’India.  Si è nutrito di questa cultura, seppur si senta profondamento zambiano.  Avendo vissuto per un lungo periodo in Australia ne ha saputo apprezzare la disponibilità multiculturale. Dalal racconta la sua storia e il concetto di normalità in psichiatria nella sezione Insight/Profile del numero di settembre 2024 della rivista scientifica Lancet Psychiatry (Burki T., 2024).

La scoperta della normalità

Il disturbo bipolare è per sua natura una malattia complessa e ricca di sfaccettature. Sebbene nelle fasi depressive e maniacali (euforia) possono manifestarsi gravi sintomi, la componente cognitiva rimane sufficientemente conservata. Tale caratteristica consente alle persone affette da questo disturbo di avere una adeguata normalità di vita nelle fasi di stabilità del tono dell’umore (Little B., et al. 2024). Questo capì Dalal quando scoprì la malattia del padre. «Come è possibile che non lo abbia mai saputo?», chiese Dalal. Il padre rispose: «Lo sai. Sei cresciuto con me».

Dalal iniziò a ricordare la propria infanzia, la propria adolescenza. Ricordò i momenti difficili in cui doveva fare da badante a suo padre, le tensioni, le passioni, le delusioni ma anche momenti felici, di allegria, a pensarci bene anche di euforia. Ricordò della madre, sempre alla ricerca di nascondere, di evitare, di coprire e di proteggere. Solo allora capì perché. Lo capì quando tutto ciò ebbe un nome: disturbo bipolare. Fu assalito dal pensiero: «Quella era la mia normalità».

La costruzione della normalità

Naeem Dalal è ora uno psichiatra che lavora presso lo Zambia National Public Health Institute di Lusaka, capitale dello Zambia. Lavora nello stesso ospedale dove il padre è stato curato per più di venti anni. Attualmente lo Zambia è una nazione in profonda crisi economica. La grave siccità ha distrutto raccolti e allevamenti. Il potere economico dei suoi abitanti è crollato. Il disagio individuale e sociale è aumentato.

Dalal ritiene che se si facessero test per valutare la depressione e l’ansia in questa popolazione i punteggi ottenuti sarebbero altissimi. Ma la stragrande maggioranza di queste persone non ha un disturbo depressivo, un disturbo bipolare o un disturbo d’ansia. Semplicemente sta reagendo in maniera appropriata a una situazione estremamente difficile. La popolazione sta costruendo un adattamento a questa nuova situazione. Si sta costruendo l’attuale normalità di questo momento storico.

Insegnare la normalità e la malattia ai giovani

Uno dei principali obiettivi del lavoro di Dalal è quello di educare i giovani a capire i primi segnali dello sviluppo di disturbi psichiatrici. Li aiuta a differenziare i sintomi dalla normalità.

La sintesi del suo pensiero può essere racchiusa in questa affermazione: «Dobbiamo normalizzare i concetti di salute mentale e benessere e non necessariamente arrivare a diagnosticare una malattia».

È compito delle persone che lavorano nel campo della salute mentale cercare di far crescere questo pensiero. «Bisogna insegnare la normalità ai ragazzi», ribadisce Dalal. In molte culture ai ragazzi è insegnato di nascondere le proprie emozioni. «Piangere, lagnarsi, lamentarsi è da femminucce». Ai ragazzi non è consentito, alle ragazze sì. I ragazzi devono essere forti, decisi, determinati. Secondo Dalal possono sfogare le proprie emozioni attraverso l’uso di abitudini socialmente accettate, così come l’uso di alcool. «Se riuscissimo a far comprendere meglio queste idee alle persone di età compresa tra 15 e 24 anni, allora assisteremo a un cambiamento nella società. Le cose possono cambiare in meglio e sorprendentemente in fretta», conclude Dalal.

Tra cultura, etica e prospettive della normalità in psichiatria

Dalal è uno psichiatra zambiano, di origine indiana e di fede islamica in una nazione a prevalente culto cristiano. Non esiste una normalità se non nell’ambito della cultura, dei costumi, dei desideri e della storia di quell’individuo. E in questo ambito che deve muoversi l’operatore della salute mentale. I criteri che consentono di effettuare le diagnosi psichiatriche sono fondamentali per orientare gli interventi terapeutici. Ma perdono spesso la visione della individualità della sofferenza in quella persona.

La sindrome depressiva, ad esempio, pur presentandosi verosimilmente con le stesse caratteristiche in tutto il mondo viene, tuttavia, vissuta e riferita in modo diverso in relazine a quella cultura. Spesso vengono riportati sintomi che non sono elencati nelle classificazioni diagnostiche principali o che sono relegati a ruoli secondari per la diagnosi delle malattie. Esistono sintomi che sono, invece, riferiti dalle persone in modo diverso a seconda delle diverse culture (Hazoz EE et al., 2017). Bisogna conoscere questi aspetti per non perdere l’enorme bagaglio di esperienze, di vissuti emotivi e di conoscenze portati dall’individuo all’operatore della salute mentale. Così si eviterà di deragliare dalla normalità delle loro narrazioni.

I nuovi tentativi per liberare la normalità

Per far fronte a queste crescenti evidenze si stanno sviluppando nuovi sistemi di valutazione dei disturbi psichiatrici. Tra questi il più interessante sembra essere il cosiddetto sistema Hierarchical Taxonomy Of Psychopathology (HiTOP). Nato da uno sforzo di esperti di diverse discipline della salute mentale, si pone l’obiettivo di migliorare l’organizzazione, la descrizione e le misurazioni della psicopatologia (KotovR. et al. 2024).

L’HITOP parla di uno spettro, anzi di un superspettro lungo cui si dispongono le malattie, le sindromi e i sintomi. Tutto in relazione alla normalità. Ogni sintomo inizia a trovare la sua posizione. Esso non deve essere per forza inserito in una diagnosi psichiatrica. Inizia ad essere identificato come una possibile conseguenza di una situazione difficile, anche estremamente difficile. Questo ci ha descritto Dalal.

Considerazioni finali

Il racconto di Dalal è la narrazione di una persona che ha vissuto in prima persona la difficoltà di differenziare il concetto di normalità da quello di patologia. Figlio di una persona affetta da disturbo bipolare ha riconosciuto la malattia solo dopo l’ammissione del padre. In più è uno psichiatra, un professionista della salute mentale che dovrebbe avere ben chiaro questo concetto.  Ma non è semplice.

La questione è complessa. Racchiude in sé tante sfaccettature, tante variabili. Alla ricerca del concetto di normalità, di benessere e di malattia continua la sua opera di cura. La sua storia, tuttavia, gli ha insegnato a guardare al di là della normalità, a ricordare le sue radici e la sua storia. Gli ha insegnato a incontrare la normalità, le radici e la storia dell’altro.

Francesco Franza

Bibliografia

  1. Burki T. Naeem Dalal: valuing young peoples’ mental health. Lancet Psychiatry 2024;11(9):682.
  2. Haroz EE, Ritchey M, Bass JK, et al. How is depression experienced around the world? A systematic review of qualitative literature. Soc Sci Med. 2017;183:151-162.
  3. Little B, Flowers C, Blamire A, et al. Multivariate brain-cognition associations in euthymic bipolar disorder. Bipolar Disord. 2024 Aug 13
  4. Kotov R, Carpenter WT, Cicero DC, Correll CU, Martin EA, Young JW, Zald DH, Jonas KG. Psychosis superspectrum II: neurobiology, treatment, and implications. Mol Psychiatry 2024;29(5):1293-1309.

Foto: Envato Elements.

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