Alcune canzoni sono così speciali che ogni volta che si ascoltano ci riportano indietro nel tempo, a ricordi che credevamo ormai nel cassetto. Quel ritornello, quella melodia sono capaci di riaprire quel cassetto e farci rivivere emozioni perdute. Come mai accade questo? La musica è un linguaggio universale in grado di riattivare ricordi e suscitare profonde risposte emotive e cognitive.
Secondo Jean-Noel Breuzen, psichiatra e musicista, la musica fin dall’antichità ha accompagnato le emozioni umane perché l’uomo si è espresso con melodie prima di parlare. «L’emozione musicale è engrammata nel nostro cervello arcaico», afferma.
Le basi neurali del rapporto tra musica e ricordi
La musica, come qualsiasi stimolo uditivo, viene trasmessa da una vibrazione dell’aria e trasformata in impulsi elettrici nella coclea, una cavità a spirale nell’orecchio interno. Dalla coclea, gli impulsi nervosi arrivano al tronco encefalico (parte inferiore del cervello) e alla corteccia uditiva. In particolare, vi è una zona del cervello fondamentale nell’elaborazione dell’esperienza musicale: l’ippocampo.
Nel libro The Cognitive Neuroscience of Music, Robert Zatorre (2003) sottolinea il ruolo dell’ippocampo nel ricordare le melodie e collegarle a specifici ricordi emotivi.
L’ippocampo è fondamentale sia per ricordare vecchie canzoni, che per memorizzare nuove melodie, collaborando con la corteccia prefrontale per ricordare la sequenza delle note. I collegamenti delle cellule nervose tra ippocampo e amigdala (una struttura cerebrale legata alle emozioni) permettono, inoltre, di associare quella musica a ricordi specifici. Ad esempio, se una canzone ci ricorda un momento felice con una persona cara, è l’ippocampo che richiama quel ricordo e intensifica la risposta emotiva.
L’ippocampo e la neuroplasticità
L’ippocampo è una struttura cerebrale nota per la sua neuroplasticità, ovvero è particolarmente sensibile alle esperienze e agli stimoli ambientali. La ricerca suggerisce come l’esposizione alla musica durante la gravidanza faciliti lo sviluppo di nuovi collegamenti tra le cellule nervose nell’ippocampo del feto. Alcuni studi suggeriscono dei cambiamenti a lungo termine sullo sviluppo del pensiero e sulla memoria del bambino.
Il potere neuroplastico della musica dall’epoca prenatale si estende per tutto il corso della vita e sembra rallentare l’invecchiamento cerebrale.
Gli effetti positivi della musica sul funzionamento del cervello comprendono miglioramento di memoria, attenzione e apprendimento. Uno studio riporta che sessantenni che hanno seguito un programma di formazione musicale della durata di sei mesi hanno mostrato un miglioramento delle predette attività del cervello (Bugos et al.,2007).
Musica, ricordi ed emozioni
La musica ha un impatto significativo sulle persone affette da demenza, poiché può risvegliare ricordi, migliorare l’umore e facilitare la connessione emotiva. Ciò avviene per la capacità della musica di attivare aree cerebrali associate all’emozione e alla memoria .
I risultati migliori per i pazienti con Demenza di Alzheimer sono stati ottenuti quando venivano fatti ascoltare musiche e canzoni che amavano da giovani. L’ascolto di questi brani attiverebbe l’ippocampo e altre regioni della memoria, che a loro volta attivano linguaggio e ricordi. Ascoltare canzoni significative, legate a momenti specifici, può stimolare ricordi e creare un ponte verso il passato, con la propria identità e storia personale.
Musicoterapia, ricordi e Alzheimer
Diversi programmi di musicoterapia hanno dimostrato di poter migliorare la qualità della vita dei pazienti con Demenza di Alzheimer e altre forme di demenza. Una di queste è l’iniziativa Music & Memory, fondata da Dan Cohen, che si concentra sull’uso di playlist musicali personalizzate. L’approccio mira a usare musica familiare per risvegliare ricordi e migliorare la vita dei pazienti.
Il documentario Alive inside: a story of music and memory ha portato l’attenzione a questo tipo di terapia, mostrando come la musica possa essere un potente strumento di cura non farmacologica. Il protagonista del documentario è proprio il fondatore di Music & Memory. Nel video Cohen porta iPad con playlist (liste musicali) personalizzate nelle case di cura per offrire agli anziani l’esperienza della musica che amavano. Emozionante è l’incontro con Henry, un uomo anziano affetto da demenza avanzata.
Prima di ascoltare la musica, Henry appare spento, con uno sguardo assente, quasi completamente disconnesso dal mondo esterno. Quando gli viene messa una cuffia e ascolta le sue canzoni preferite (soprattutto musica gospel), si anima, canta e riferisce entusiasta ciò che sente.
L’ascolto di playlist musicali può essere facilitato non solo da musicoterapisti esperti, ma anche dai caregiver dei pazienti con demenza. Garrido et al (2020), ad esempio, riportano la sperimentazione di una guida per l’uso della musica con pazienti con demenza e i loro caregiver (familiari curanti).
Conclusioni
La musica ha un potere trasformativo sul cervello poiché promuove la neuroplasticità in aree cerebrali connesse a ricordi e emozioni.
Come sostiene Sacks, celebre neurologo e autore di Musicofilia, la musica ha il potere di attivare centri cerebrali legati all’emozione e alla memoria. Questo avviene anche quando altre funzioni cognitive sono compromesse, come nel caso di forme avanzate di demenza.
La gioiosa risposta emotiva di Henry, il paziente del documentario Alive, dimostra gli effetti della musica anche in condizioni di degenerazione cognitiva avanzata. Il suo cervello, infatti, aveva conservato la capacità di reagire e di attivarsi in risposta a stimoli musicali.
La musica può diventare quindi un alleato prezioso nel trattamento di malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer. La capacità presente in una melodia di riaccendere i ricordi può creare momenti di connessione emotiva in ambienti di cura, spesso caratterizzati da isolamento e apatia.
Antonella Litta
Bibliografia
- Bugos J. A., Perlstein W. M., McCrae C. S., Brophy T. S., Bedenbaugh P. H. (2007). Individualized piano instruction enhances executive functioning and working memory in older adults. Aging Ment. Health 11, 464–471
- Garrido S, Dunne L, Stevens CJ, Chang E. Music Playlists for People with Dementia: Trialing A Guide for Caregivers. J Alzheimers Dis. 2020;77(1):219-226. doi: 10.3233/JAD-200457.
- Rochon M Il cervello e la musica. Un’ odissea fantastica tra arte e scienza. Edizioni Lindau, 2024
- Oliver Sachs Musicofilia Adelphi Editore, 2010
- Peretz I & Zatorre R J The Cognitive Neuroscience of Music (Oxford, 2003)
Sitografia https://www.youtube.com/watch?v=x9IHUPamCB4