Violenza e stigma
Sofferenza psichica equivale a pericolosità e violenza? È un dibattito aperto fin dagli albori della disciplina psichiatrica, che negli ultimi mesi ha raggiunto un nuovo apice, complici anche recenti fatti tragici di cronaca. Da sempre nell’opinione pubblica la salute mentale resta un’area grigia, fonte di dubbi, diffidenza, connessa a paure e pregiudizi.
Mentre in altri campi c’è stato negli ultimi vent’anni un deciso balzo avanti nel contrasto allo stigma, ciò non è avvenuto per la salute mentale. Sull’onda di campagne molto popolari (Me Too, lotta al bullismo) si è cercato infatti di contrastare le discriminazioni per genere, razza, religione, cultura.
Persone straniere hanno raggiunto incarichi politici importanti in Italia. Un transgender ha vinto l’Eurofestival anni fa. Attrici non conformi ai canoni di magrezza vigenti sono famose e richieste anche sulle passerelle di moda. Nei cartoni animati per bambini si moltiplicano personaggi che vivono tranquillamente una relazione omosessuale. E per il disagio psichico? Nell’immaginario collettivo, così come in film, libri e canzoni, sono ancora molto presenti immagini di vecchi ospedali psichiatrici, violenza, contenzioni, elettroshock, abuso di farmaci.
Insomma, ad oggi, nelle “chiacchiere da bar” come nella cultura mainstream la malattia mentale è densa di vecchi cliché, pressoché immutati da cinquanta anni.
Violenza, salute mentale e Mass Media
Questa situazione trae indubbiamente forza dalla scarsa conoscenza della malattia mentale, e dei progressi importanti ottenuti nella cura e nella riabilitazione.
Inoltre il modo che spesso i mass media hanno di trattare la tematica non aiuta. Si trovano di frequente sui giornali e in tv titoloni che contengono comunicazioni erronee, fuorvianti, piene di stereotipi sulla violenza delle persone malate. Dichiarazioni ma anche modi di descrivere la malattia mentale che alimentano i pregiudizi e fomentano l’allarme sociale, attraverso analisi superficiali e giudizi sommari.
E così si fa terreno fertile perché cresca il seme della paura e si intensifichi un richiamo nostalgico al passato. Si invocano i “bei” tempi nei quali il “matto”, autore di violenza, veniva segregato e vigilato, per non disturbare la vita dei “sani” (Lasalvia, 2022).
Violenza e ricerca
Eppure molti fatti recenti rinforzano i timori di imprevedibilità e violenza connessi alla sofferenza mentale. Il problema del rapporto tra disturbi mentali e violenza è noto da tempo, e periodicamente si rivitalizza. Ma quali sono i dati della ricerca scientifica?
Diciamo che vi sono oggettivi limiti metodologici nelle ricerche effettuate e c’è pertanto anche comprensibile difficoltà a leggere tali dati in maniera corretta. Ad esempio, i dati vanno confrontati tra malati e popolazione “sana” nella stessa area geografica e nello stesso lasso di tempo. Questo se vogliamo comprendere il vero ruolo del disagio mentale nella genesi della violenza. La violenza difatti varia molto a seconda del periodo e della popolazione in cui la si studia. Vi sono paesi al mondo con tassi di violenza di gran lunga superiori ad altri, e ciò al netto della percentuale di disagio psichico presente. Premesso questo, i dati revisionati ci dicono che non vi sono differenze significative nei comportamenti violenti tra persone affette da disagio psichico e non.
Ciò è vero escludendo alcune categorie di malattia mentale, e cioè psicosi e disturbi bipolari. E anche in tal caso la violenza riguarda una minoranza di casi, circa il 10%, e nelle fasi di scompenso (Barbato, 2009).
I fattori di rischio
La ricerca scientifica ci aiuta anche a evidenziare alcuni aspetti cruciali nel valutare il rischio dei gesti violenti, al di là della patologia mentale. Uno di questi è il genere maschile, che ha sicuramente un tasso di violenza superiore a quello femminile.
Altri fattori rilevanti sono rappresentati dall’appartenenza a categorie sociali svantaggiate (migranti, disoccupati, senza fissa dimora) e dall’uso di sostanze psicotrope (Greco e Maniglio, 2007).
Questi fattori, che non sono specifici della malattia, ma che spesso purtroppo complicano la vita di persone con disagio psichico, possono sicuramente aumentare il rischio di manifestare violenza. D’altronde chi soffre di un disturbo mentale spesso non riesce a lavorare, non ha famiglia in aiuto, usa le sostanze come auto medicazione. E sempre più spesso chi ha vissuto la fatica di una migrazione mostra poi segni di sofferenza psichica (Barbato, 2009).
Violenza e società
È indubbio che la società stia cambiando e con essa la complessità dei problemi che vi son presenti. Vanno considerati tutti i fattori più o meno nuovi che ne influenzano le dinamiche. Tra questi citiamo gli esiti della pandemia, le precarietà economiche e geopolitiche, la pressione dei flussi migratori, il progressivo invecchiamento della popolazione. Non dimentichiamoci inoltre della labilità delle reti sociali e familiari, della diffusione delle sostanze di abuso, e delle dilaganti fragilità psicologiche.
La salute mentale ne è ovviamente profondamente influenzata e trasformata. E la violenza che ne è divenuta un tratto ricorrente, non è che solo in parte correlata alla salute psichica (Biondi e Picardi, 2018). Spesso sono più rilevanti fattori di ordine ambientale, culturale, politico, sociale. Le modalità di manifestazione del disagio stanno mutando con essa, e ricorrono quadri clinici diversi rispetto al passato. Ciò implica nuove sfide per chi deve offrire risposte di cura, ma anche di riabilitazione e di prevenzione del disagio.
Problemi complessi richiedono però soluzioni complesse, e la collaborazione di più enti e istituzioni a riguardo: associazioni, scuola, forze dell’ordine, agenzie pubbliche. Ognuno con proprie competenze e ruoli, ognuno con conoscenze e risorse, si interfaccia in modo sinergico per dare una risposta corale. E così la violenza non ritorna ad essere solo un’etichetta dispregiativa di chi soffre un disagio psichico, una motivazione a ghettizzare i malati. La violenza, intesa come dilemma multiforme della società, non può infatti essere risolta con risposte parziali, delegate solo alla sanità e in particolare alla psichiatria. Pensiamo ad esempio alla violenza di genere, al fenomeno delle baby gang, al cyber bullismo, tutte sfide che richiedono un intervento a più voci.
Conclusioni
Affrontare la vita gravati da un disagio psichico comporta difficoltà, sofferenza, paura. Patire di un disturbo mentale addirittura aumenta la possibilità di essere a propria volta vittima di maltrattamenti, abusi, violenza (Lovell et al, 2008).
Tuttavia oggigiorno siamo in possesso di un bagaglio decisamente più ricco di un tempo di conoscenze e risorse per aiutare chi soffre. La crisi può divenire anche opportunità di crescita personale, e di valorizzazione delle proprie risorse per diventare di aiuto agli altri, in spazi di supporto fra pari.
Solo una minima parte di chi soffre di un disagio psichico manifesta comportamenti violenti. Ciò non deve tuttavia alimentare stereotipi a danno di tutte quelle persone che quotidianamente investono energie per gestire e superare la propria patologia (Lasalvia, 2022).
Wilma di Napoli
Bibliografia
- Lasalvia A. Lo stigma dei disturbi mentali. Fioriti Editore. Roma, 2022
- Biondi M, Picardi A. I nuovi “casi difficili” in psichiatria. Rivista di psichiatria. 2018;53(5):223-232.
- Greco O, Maniglio R. Malattia mentale e criminalità. Rassegna it di criminologia. 2007;1:111-131.
- Barbato A, “Violenza e disturbi mentali” in Sangiorgio P e Polselli GM ( a cura di) Matti da non legare. Alpes ed, 2009.
- Lovell AM, Cook J, Velpry L. La violence envers les personnes atteintes de troubleaux mentaux. Rev Epidemiol Sante Publique. 2008Jun; 56:197-207.
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