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Pericolosità sociale, stigma e depressione

Ma la persona affetta da depressione ha davvero dei comportamenti di pericolosità sociale? O sono solo comuni pregiudizi e stigma? Cercherò di fare il punto della situazione.

Pericolosità sociale

La pericolosità sociale è un concetto generico ed in continua evoluzione che racchiude in sé molti significati. Esso è una comoda etichetta attribuita a persone percepite come socialmente pericolose e basata spesso su pregiudizi e generici preconcetti. La nozione di pericolosità sociale ha radici nel positivismo criminologico e organico sanitario di fine Ottocento. Essa, veniva a coincidere con la probabilità che un soggetto, a causa delle sue caratteristiche psichiche potesse compiere in futuro un reato.

Una volta, prima della legge 180 del 1978, bastava molto poco per essere internati nel manicomio anche a tempo indeterminato. Per la legge 36/1904 “Legge sui manicomi e sugli alienati” era sufficiente un certificato medico che specificasse “la pericolosità per sé stesso e per gli altri”. Pertanto il manicomio era essenzialmente un luogo d’isolamento sociale, con misura di sicurezza e terapie dell’epoca.

L’internamento nel manicomio era un atto dovuto a tutela della comunità, ed era effettuato dalle forze dell’ordine: il malato mentale era “pazzo e pericoloso”, con certificazione sanitaria. Forse è d’allora che nella mente della persona comune si è insidiato il concetto di pericolosità sociale. Il malato mentale era strambo, aveva comportamenti strani, ma poteva essere anche pericoloso. Un retaggio mentale difficile da superare che porta tutt’ora a comportamenti stigmatizzanti e pregiudizi (Cassano GB, 1994).

Pericolosità sociale nella giurisprudenza

Il primo comma dell’art. 203 del codice penale definisce il concetto di persona con pericolosità sociale. “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati” (Codice Penale, 1990).

In sostanza il concetto di pericolosità sociale è legato solo alla persona che ha commesso un reato e alla sua concreta probabilità. e non generica possibilità, di ripetere lo stesso atto criminoso. Inoltre è legato ai concetti di imputabilità e punibilità. Essi rimandano allo stato d’infermità mentale accertata con perizia psichiatrica e non presunta dalla malattia mentale della persona.

La pericolosità sociale inoltre è strettamente legata ed è applicabile solo alla mancata imputabilità e punibilità per infermità totale o seminfermità di mente (artt. 88 e 89 C.P.). Il concetto di pericolosità sociale è il presupposto di attuazione di misure di sicurezza sociale per impedire il ripetersi del reato. Esse vengono applicate dal giudice all’infermo, affinché si curi in affidamento obbligato ai servizi psichiatrici territoriali.

Pericolosità sociale e stigma

I pregiudizi e lo stigma sociale correlato hanno da sempre relegato il “diverso” come una persona strana, inaffidabile, imprevedibile e pertanto pericolosa.

I pazienti psichiatrici soffrono spesso per due motivi: a causa della malattia e dello stigma sociale per la malattia mentale. Esso aumenta il disagio e il dolore psichico della persona affetta da un grave disturbo psichiatrico.

In uno studio scientifico multicentrico internazionale del 2016 si è valutato se questi atteggiamenti emarginanti possano essere presenti anche tra i pazienti e gli operatori psichiatrici. “I professionisti avevano difficoltà a relazionarsi nel loro lavoro con pazienti affetti della loro stesso disagio psichico. Tendevano a delegare la cura ai colleghi e ritenevano che un medico che non era capace di curare sé stesso avesse grandi difficoltà a curare bene gli altri. I pazienti invece ritenevano che gli operatori psichiatrici, con pregressa patologia mentale, potevano capire meglio gli ammalati, perché anche loro erano sofferenti. Inoltre sia i curanti che gli ammalati erano diffidenti, nei confronti dei sani e tendevano a non rivelare la loro malattia per paura di essere giudicati male o emarginati.” (Tavormina et al, 2016)

Depresso e pericoloso

Attorno alle parole depressione e depresso sono presenti un doppio pregiudizio, è incurabile e pericoloso, sia come malattia, sia come comportamento sociale del malato. Gli atti di autolesionismo, di tentato suicidio, e di aggressività eterodiretta possono essere una complicanza della depressione, essi sono poco prevalenti e curabili. Il problema sta nel riconoscere la malattia, avere adeguate cure, e non trascurare la possibilità di recidiva della stessa.

Oggi la depressione è ben curabile, con ottimi risultati e terapie integrate psicologiche, farmacologiche e riabilitative. Però a seguito di pregiudizi e comportamenti evitanti nei confronti del depresso si ha difficoltà ad affermare di esserlo. Si teme di perdere prestigio o peggio di essere giudicati pericolosi, come negli eclatanti fatti di cronaca nera.

“Un uomo depresso uccide la moglie e i figli e si suicida”. L’autore della strage era ammalato di depressione. O anche le dichiarazioni di colleghi intervistati che sottolineano la imprevedibilità del gesto. La presidentessa dell’associazione “Il Gabiano” Madia Marangi di Martina Franca (TA) non ci sta ed ha inviato una lettera al direttore del Tg2. Ella ha esternato il suo disappunto, “un misto di indignazione e frustrazione” per il servizio televisivo che riportava il gesto omicida/suicida di un medico depresso sui suoi familiari, uccisi a martellate. Nel servizio il commentatore poneva l’accento che l’autore della strage era un depresso, quasi a voler dare peso alla sua malattia per il truce gesto criminoso (Marangi M, 2011).

Considerazioni

Bisogna chiarire che imprevedibilità non significa probabilità o relativa certezza. Altrimenti si può pensare che in quanto imprevedibile è anche preventivamente probabile e pertanto pericoloso. Quindi “il depresso”, in quanto tale, è o può avere atti di pericolosità sociale. 

Purtroppo alcuni mass media con il loro contributo negativo evidenziano i comportamenti delittuosi di talune persone affette da depressione. Forse proprio perché fanno notizia ed audience. Però questo non fa che irrobustire lo stigma e i pregiudizi sulla pericolosità sociale del depresso.

 La cura è una corretta informazione. Quanti feroci crimini sono attuati da persone ritenute normali e sani di mente? Il male esiste e non è giustificabile e/o comprensibile con la depressione.

Maurilio Tavormina

Bibliografia

  1. Cassano GB, D’Errico A, Pancheri P et al. (1994) Trattato Italiano di Psichiatria. Masson, Milano Vol 3° pag 2823 
  2. Franchi L, Feroci V, Ferrari S. (1990) Codice Penale –Codici e leggi d’Italia. Hoepli U. Editore, Milano
  3. Tavormina MGM, Tavormina R, Tavormina G, Franza F, d’Errico I, Zdanowicz N, Urlic I, Agius M. et al. (2016) Thinking of psychiatric disorders as “normal” illness. Data from a questionnaire on social stigma: a multicenter study. Psychiatria Danubina 2016. PMID: 27663822

Sitografia

  1. Madia Marangi (2011) Impazzire si può: l’intervento di Madia Marangi http://www.news-forumsalutementale.it/impazzire-si-puo-lintervento-di-madia-marangi/
  2. Repubblica.it https://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/taranto-famiglia-strage/taranto-famiglia-strage/taranto-famiglia-strage.html

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