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Museo della follia a San Servolo

Il museo della follia a San Servolo è un piccolo monumento alla memoria della storia dell’ex manicomio di Venezia. Storia di pazienti, malattia mentale e cure di altri tempi.
“L’isolotto di San Servolo (VE)”, foto di Patrizia Amici, 2024

L’isola di San Servolo è una piccola isola che fa parte di un cordone di isole davanti a Riva degli Schiavoni a Venezia. San Servolo, deriva dal nome di un giovane morto nel 284 d.C., i cui molti miracoli diedero vita a numerose conversioni al cristianesimo. Conversioni invise all’imperatore Numerano (Imperatore dei romani dal 283 al 284 d.C.) che ne decreta la morte. Attualmente il sarcofago con le spoglie del Santo si trovano presso la Cattedrale di San Giusto (4). L’isoletta ospita un piccolo museo della follia.

La storia del museo della follia

Le prime tracce documentali si hanno nel 814-819 d.C. quando i monaci Benedettini si insediano sull’isola. L’isola è stata poi casa delle monache, lazzaretto di appestati (1630), ancora monastero, ospedale nel 1714-18 per diventare nel 1725 manicomio.

È quella la data in cui l’isola ospita il primo malato di mente. È il 26 ottobre 1725. Lui è Lorenzo Stefani. Vi cito quanto riportato nel Registro dei Malati: «A dì 26 ottobre 1725- Ill.mo Signor Lorenzo Stefani fu Sebastiano di anni 32, fu condotto in quest’isola per ordine dell’Eccelso Consiglio dei Dieci come pazzo. Fu levato per ordine del suddetto tribunale il giorno 30 settembre 1762 e portato in sua casa»(1).

In quest’epoca l’isola ha una doppia funzione, in linea con le abitudini dell’epoca: è ospedale per i feriti e luogo di custodia dei pazzi. Napoleone (1809) ne cambia la destinazione riservando l’isola ai soli malati di mente; rimangono i piagati e pertanto la duplice funzione rimane.

Nel 1815, sotto la dominazione austriaca viene decretato «Manicomio centrale di entrambi i sessi di tutte le provincie venete, della Dalmazia e del Tirolo». Ma fonti storiche attestano che nel 1848 l’ospedale si riempie di malati e feriti. Pian piano la funzione di custodia manicomiale prende il sopravvento. Il nosocomio fu gestito, dal 1847 a1 1877 da padre Prosdocimo Salerio, un vero alienista, laureato a Padova. L’isola nel 1820 ospita, così ci riferisce l’alienista Louis Valentin, 800 malati di cui «110 insensati dei due sessi» (1).

Si percorrerà tutto l’Ottocento e si vedrà un vero cambiamento solo nella prima metà del 1900. È di questi anni l’uso di modalità meno coercitive e l’introduzione di tecniche terapeutiche moderne (es: dr. Edoardo Balducci e la sua Terapia di gruppo). Con il 1978 e la Legge Basaglia anche San Servolo chiude (4).

Il museo della follia e la storia della psichiatria

L’isoletta attualmente ospita un piccolo ma interessante museo della follia. Il museo permette un breve ma significativo percorso di storia della pratica manicomiale. Le cartelle cliniche esposte ci rimandano alla visione dell’epoca della malattia e delle proposte di cura. Vi ritroviamo i termini usati all’epoca per descrivere i malati. Nomenclature assurde agli occhi dei clinici moderni ma che ben descrivono l’atteggiamento della cultura dell’epoca. Tra questi: pazzia circolare, mania con furore, frenosi alcolica. Il termine frenosi deriva da fren, un termine greco che fa riferimento ad aspetti maggiormente intellettivi che emotivi. Rubiamo le parole di uno studioso del tempo, Carlo Livi (1832-1876).

«La parola freniatria ha diritto ad entrare nella scienza e starvi. Starvi a significare quella parte delle discipline mediche che prende a studiare e curare le malattie che sin qui impropriamente si dissero mentali. Dico impropriamente, perché chi vorrebbe oggi sostenere che la mente, l’anima, di per sé può ammalare? Neppure li spiritualisti medesimi, lo potrebbero, perché quest’anima, questo principio, secondo loro, immateriale, semplice, indivisibile, essenza d’unità pura e di pura attività, non può soffrire in sé mutamento che si assomigli a quel che la patologia chiama alterazione, malattia. Se essi volessero (e vi badino bene) questa loro anima soggetta ad ammalare, la farebbero materiale. Parlino di peccato se vogliono, ma no di malattia. Noi, dunque, adottiamo la parola freniatria come quella che meglio di ogni altra chiude il concetto della sede materiale organica in cui si elaborano i sentimenti dell’uomo»(3).

Il termine pazzia circolare è stato coniato da Falret che presentò una relazione all’Accademia Imperiale Francese di Medicina nel 1854. Il suo più famoso teorizzatore è Kraepelin che ne delinea le caratteristiche: una forma di malattia dell’umore caratterizzata da alternanza di attacchi melanconici e maniacali (2).

La fotografia nel nosocomio

Nel 1873 viene introdotta la fotografia nei manicomi. A San Servolo troviamo un diario fotografico operativo dal 1873 al 1887. Esso ci dona uno spaccato di vite, di dolore, di sofferenza e ci catapulta nella nosografia dell’epoca. Fotografie struggenti…. sembra di perdersi in quegli occhi e rivivere lo strazio di quelle persone.  Nel museo riscopriamo la storia della psichiatria attraverso i suoi metodi di cura. La cura morale (scuola parigina del Salpêtrière) e Esquirol con il suo trattamento morale che promuove il ricorso all’ascolto e alla comprensione ma che non disdegna un apparato di forza e la coercizione. In quell’epoca a San Servolo il direttore era Battanoli (1884), sostituito poi da Camillo Minoretti. Quest’ultimo nei primi anni del secolo verrà incriminato per l’uso di mezzi coercitivi (direttore di San Servolo dal 1889). In questi crogiuoli umani coesistevano e convivevano poveri, malati, pellagrosi, infermi (1).

Le cure

Troviamo nelle stanze del museo della follia gli strumenti usati per l’idroterapia. Tale forma di terapia doveva sedare maniaci e furiosi attraverso docce fredde o bagni per avvolgimento (un lenzuolo freddo avvolto addosso). Presente una doccia con gabiotto e vasche di contenimento per il bagno. Una ampia gamma di strumenti di contenzione (manette, ferma-caviglie, cinture di contenzione). Presente anche l’ergoterapia fin dal 1868 (Salerio). L’uso dell’attività manuale è stato a lungo difeso dalla classe curante come mezzo per reintegrare socialmente e psichicamente il paziente (1).

Nel museo della follia a San Servolo è possibile ammirare anche la farmacia che con i suoi medicamenti illustra una buona parte della storia della farmacoterapia.

Rimangono anche alcuni apparecchi di elettroterapia. L’elettroshock” (Cerletti 1887-1963) fu ampiamente utilizzata a San Servolo.

Negli anni 90 dell’Ottocento sotto l’influenza Lombrosiana (Lombroso 1835-1909) abbondano dati quantitativi. La visione Lombrosiana dei segni morfologici e funzionali tipici degli stati di devianza ed il suo «determinismo fatale» (3). E qui Il museo della follia ci immerge in strumenti di misurazione che oggi paiono simili a torture: craniometri, strumenti per misurare lunghezza dello sterno, diametro toracico. La corrente di pensiero cerca di correlare i sintomi neuropsichiatrici ai dati anatomo patologici: sono le «alterazioni del substrato corporeo della vita mentale» (3).

In questo mondo che ci appare oscuro e distante compare a San Servolo una sala musica. Un luogo ove infermieri e pazienti si abbandonano alla musica. A San Servolo nascerà anche una scuola di musica ed una banda. Cesare Vigna (direttore del Manicomio di San Clemente e primario a San Servolo sotto la guida di Salerio) ne è appassionato sostenitore: la musica cura il fisico ed il morale dell’uomo (1).

Riflessioni

Aver visto l’Isola nel suo splendore invernale, immersa in una densa nebbiolina mi ha fatto sentire immersa nell’atmosfera settecentesca. Quasi potevo vederli i fantasmi dell’epoca uscire dalla bruma che avvolgeva il parco, immerso nel grigiore di gennaio. Quasi in contrasto la stupenda struttura che si staglia bianca tra il cielo e che figura nel mare.

Patrizia Amici

Bibliografia 

  1. Galzigna M.: Museo del manicomio di San Servolo: la follia reclusa. Editrice Arsenale EBS Editoriale Bertolazzi- Stei srl, San Giovanni Lupatoto (VR), 2007.
  2. Mondimore FM: Kraepelin and maniac-depressive insanity: an historical perspective IN Int Rev Psychiatry, vol 17, Febbraio 2005, pp 49-52
  3. Salomone G & Armone R: La nosografia psichiatrica italiana prima di Kraepelin. Giorn Ital Psicopat 2009; 15: 75-88
  4. Ruffato F: L’isola di san Servolo- Storia e trasformazioni. Collana Percorsi. Codess Cultura Editore, 2007. ISBN 978-88-89953-05-1

Foto di Patrizia Amici “L’isolotto di San Servolo (VE)” e “Esterno del museo della follia, San Servolo”, 2024

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