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Le lacrime di Nietzsche. Storia di una relazione che cura

“Le lacrime di Nietzsche” è un avvincente libro su una singolare relazione terapeutica scritto da Irvine Yalom

L’autore, psicoterapeuta statunitense e professore emerito di psichiatria alla Stanford University, ha scritto numerosi libri di psicoterapia. In essi l’empatia, il rispetto per la fragilità umana e l’umiltà del terapeuta sono alla base di una relazione che cura.

Il terapeuta, infatti, è spesso raffigurato, nei fumetti o nei film, seduto dietro una scrivania o con un taccuino in mano, fisicamente ed emotivamente distante dal paziente. Per Irvin Yalom, un vero trattamento, invece, richiede un’intimità tra terapeuta e paziente che nasce da un solido legame di fiducia.

La depressione, il male di vivere e le domande “umane, troppo umane”

“Le lacrime di Nietzsche” racconta una singolare relazione terapeutica tra Friedrich Nietzsche e Joseph Breuer. Il libro è ambientato nella Vienna di fin de siècle, quando i due protagonisti non sono ancora famosi come lo sono per noi oggi. Il giovane filosofo Friedrich Nietzsche versa in un malessere invalidante caratterizzato da emicrania, cecità parziale, nausea, insonnia, febbri e anoressia. Ha incontrato diversi medici, senza trovare alcuna soluzione al proprio dolore.

Joseph Breuer, stimato medico ebreo, futuro padre fondatore della psicanalisi, dopo una disamina attenta dei sintomi pone diagnosi di emicrania, la cui origine – egli suppone sia legata al “male di vivere”. Breuer, supera le resistenze del giovane e sottopone il filosofo alla cura della parola, convinto che la guarigione del corpo passi attraverso quella delle ferite dell’anima. Le sue intuizioni sono sostenute da un suo studente e amico, Sigmund Freud.

La chiave di volta per l’ingresso in punta di piedi nell’anima del giovane Friedrich è il mettersi a nudo del medico e scoprirsi come un “umano, troppo umano”, prigioniero della sua vita borghese e depresso quanto il suo paziente. Quando incontra Nietzsche, infatti, Breuer ha da poco concluso in maniera irruenta un difficile rapporto con un’altra paziente, Anna O., su cui ha sperimentato un trattamento psicologico rivoluzionario, l’ipnosi. La fine di questa relazione gli ha provocato, infatti, una profonda depressione. Essa è scatenata dalla forte attrazione che egli prova per la donna, dai dissapori coniugali, dall’asfissiante prigionia legata alle convenzioni e alla formalità della vita borghese. Joseph inizia a parlare a Friedrich (l’utilizzo del nome non è casuale) di Anna, gli confessa i propri tormenti, le proprie pene e le sue fantasie di suicidio. Il mostrarsi fragile del giovane medico ha dato il permesso a Nietzsche di aprirsi, rompere l’isolamento e, attraverso il dialogo “alla pari”, determinare una catarsi emotiva.

La relazione che cura

“Detesto gli altri, quelli che mi derubano della mia solitudine senza offrirmi veramente compagnia.”, dice Nietzsche a Breuer, rivendicando il bisogno dell’accoglienza e dell’incontro. I sintomi di cui il filosofo si lamenta sono chiari sintomi legati ad una depressione: umore deflesso, ideazione suicidaria, emicrania ed anoressia. A scatenare il suo malessere è la fine di una relazione complicata, un ménage à trois, con Lou Salomé, giovane donna dal fascino incantevole e il filosofo Paul Rée.

I dialoghi con Breuer si infiammano quando si parla di donne, di amore e di relazioni con gli altri. Joseph, giovane medico entra in empatia con Friedrich, guarda attraverso i suoi occhi e si offre come paziente e come guida nel percorso catartico. La fiducia reciproca, l’intimità lentamente costruita, la condivisione del “male di vivere” hanno consentito il processo di cura.

La depressione e la relazione con gli altri

Nel libro, Nietzsche sceglie Breuer dopo aver consultato diversi specialisti e su indicazione, tramite uno stratagemma proprio della sua musa incantatrice e traditrice Lou Salomé. Evento non singolare. Spesso chi soffre di depressione, si allontana da chi vuole bene, si ritira e la richiesta d’aiuto nasce da chi gli è accanto. Non è semplice stare vicino ad una persona che soffre di depressione e non è semplice condurlo da una specialista, proprio per le resistenze che si incontra nel paziente. Conoscere i sintomi di malessere, l’esistenza di una cura per l’anima costituisce un buon supporto per i caregivers. La relazione terapeutica costituisce un’esperienza affettiva positiva in cui il soggetto, sentendosi accolto può essere guidato versa la cura per lui adeguata.

Conclusioni

“L’amore e l’odio non sono ciechi, bensì accecati dal fuoco che covano dentro.” –scriveva il filosofo Nietzsche in “Umano troppo Umano”.  Egli coglie come le emozioni siano portatrici di un significato, a cui va conferito un senso. La psicoterapia, intesa come relazione che cura, è un viaggio che si percorre accompagnati ed è un viaggio, secondo l’Autore, per entrambi i viaggiatori. Il terapeuta si “sveste” dal camice e prende per mano il paziente, si concentra sulla relazione per prendersi cura dell’altro.

Alba Cervone

Bibliografia

  1. Yalom I. D., Le lacrime di Nietzsche., Neri Pozza ed. (2010)
  2. Yalom I. D., Il senso della vita., Neri Pozza ed. (2016)
  3. Nietzsche F., Umano troppo umano (1878) – Adelphi ed. (1979)
  4. Tavormina G., Nardini G. et al (2013). Luce sul male oscuro, Sardini Ed.
  5. Recalcati M. (12020) – Le nuove melanconie. Destini del desiderio nel tempo ipermoderno, Raffaele Cortina ed.

Foto: Envato Elements

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