Periodico dell’ EDA Italia Onlus, Associazione Italiana sulla Depressione

Intervista ad un caregiver familiare

Il caregiver familiare è un membro della famiglia che si prende cura di un congiunto a causa di malattie o di condizioni di fragilità. Il caregiver fornisce sia supporto emotivo che supporto pratico alla persona lungo tutto il corso della malattia.

Introduzione

La persona che si prende cura di una persona in difficoltà viene definita caregiver. Esistono diverse tipologie di caregiver: il caregiver formale fornisce cura e assistenza e riceve per questo, un compenso economico. Il caregiver informale presta la propria cura ad un familiare a titolo gratuito, in questo articolo si affronta il tema del caregiver informale. La parola caregiver può essere tradotta dall’inglese care come cura e preoccupazione e giver che significa dare, nell’ insieme la traduzione è: persona che fornisce cura o assistenza.

Sono tantissime le persone che svolgono questo ruolo in modo silenzioso, spesso sacrificano una parte importante del proprio tempo di vita. Risulta essere un ruolo impegnativo e faticoso, soprattutto quando protratto nel tempo. In Italia il caregiver è in prevalenza femminile, la maggior parte sono donne con più di 50 anni, uno su cinque ha più di 60 anni. (Dati Istat 2018).

La cura del familiare richiede molteplici energie fisiche e mentali. Il caregiver può vivere momenti di difficoltà e stress prolungato, esistono dei fattori di rischio, tra cui l’età, la personalità, la capacità di risolvere i problemi, il supporto sociale. In genere il caregiver è esposto a numerosi stress, questi disagi possono manifestarsi anche con sintomi psichici quali tristezza, rabbia, ansia, irritabilità e somatizzazioni di vario genere. 

Intervistiamo una donna che svolge il ruolo di caregiver da tempo memorabile, preferisce per la privacy restare anonima ma accetta volentieri di raccontarsi rispetto la propria esperienza di vita.

Da quanto tempo è caregiver? Di chi si occupa?

Nella mia vita sono stata una caregiver di diverse persone nella mia famiglia, ho avuto relazioni di cura con molti parenti in realtà …Scelgo di parlare solo della relazione di caregiver con mio marito perché la considero quella più impegnativa. Posso considerarmi una caregiver ormai da oltre 30 anni in questa relazione di accudimento.

Come ci si sente in questo ruolo?

È difficile definire le sensazioni che si provano perché non sono univoche, variano a seconda del periodo, del momento che si vive…Ci sono momenti in cui ci si sente molto forti soprattutto in funzione anche dell’età. Quando si è giovani, quando si ha 30 anni, forse non vivi neanche la sensazione di essere un vero e proprio caregiver.

Semplicemente ti viene spontaneo entrare in una relazione di aiuto perché sei sufficientemente forte e perché hai una vita davanti e quindi il ruolo non ti pesa. Non senti una grande fatica, ti sembra faccia parte semplicemente del voler bene a qualcuno, di aver fatto una scelta rispetto a quel qualcuno.  Più gli anni passano e sicuramente la difficoltà aumenta.

In questa fase della vita come vive il ruolo di caregiver?

Adesso a più di 60 anni la fatica maggiore è dovuta al fatto che il prendersi cura dell’altro ti impedisce spesso di prendere cura di te stesso. Di conseguenza la fatica è quella di rimanere sempre attenti al bisogno dell’altro. Anche quando forse non te la sentiresti più, non avresti più voglia sostanzialmente. Inizi ad essere più stanca e ad avere qualche problema di salute.

Le è mai capitato di vivere emozioni negative quali tristezza, ansia, rabbia?

Emozioni negative ne ho vissute moltissime …Vivi tutto come un grande arcobaleno di emozioni, sei caregiver nel tempo. La sensazione costante non è tanto l’attivazione di una parte emotiva specifica ma uno stato d’animo costante di precarietà.

Essere caregiver di una persona in uno stato di sofferenza significa non sapere mai cosa si trova quando si apre la porta di casa. Non sapere mai se quella è la parola giusta, se quello è l’atteggiamento giusto e chiedersi spesso se mi fossi comportata…se avessi detto…se avessi agito in un certo modo. È sempre faticoso trovare il modo giusto per rapportarti all’altro. Per me lo è stato.

Le emozioni negative provate sono tante, sono talmente poliedriche che è difficile definirne una dominante. Sicuramente in alcuni casi, ho vissuto la delusione perché tutto quello che ti senti di dare, non ti viene restituito o non sortisce l’effetto che tu credevi. Una sensazione di tristezza emerge frequentemente…

Ha provato stati d’ansia o di angoscia?

Ansia difficilmente, è una sensazione che ho provato raramente…Forse perché sono stata abituata fin da piccola a dover gestire certe situazioni, senza provare dell’ansia ma con il concetto rimboccati le maniche. Perché tanto agitarti non serve a nulla. Poi l’emozione negativa più forte è stata sicuramente in alcuni casi il dolore, il senso di ineluttabilità. È difficile gestire la malattia. Soprattutto quando si arriva a dei ricoveri e ci si trova difronte ad un medico che magari può dirti… “ Ma lei dov’era, lei non ha capito, ma lei non ha colto i sintomi” … Emerge un senso di inadeguatezza e di delusione profonda, non sempre facile da gestire. 

I sentimenti di rabbia sono cresciuti nel tempo?

Poi crescendo con l’età, proprio perché aumentano anche i problemi personali, subentra la rabbia e pensi: “Ne verrò mai fuori?” È una lotta impari, qualsiasi strumento io metto in atto non è mai sufficiente e ti chiedi davvero perché doveva capitare a te. Perché non c’è nessuno che ti sta aiutando in certi momenti… Quindi, si l’emozione negativa maggiore che ho provato oltre il dolore è la rabbia.

Come gestisce tutte queste emozioni negative?

Gestire le emozioni non è molto semplice…A me ha aiutato molto, soprattutto i primi periodi, disegnare, scrivere e camminare, cose molto pratiche. Il camminare aiutava a scaricare la parte fisica, lo scrivere e disegnare sono sempre state forme creative per esprimere un qualcosa che avevo dentro, questo in qualsiasi ambito.

Riesce a ritagliarsi degli spazi personali?

Sto cercando di curare maggiormente me stessa. Ne sento la necessità…Spazi per me ora, tutto sommato, soprattutto nell’ultimo periodo, ci sono stati molto meno quando la malattia raggiunge l’acme. In quel caso gli spazi tuoi non esistono più, tu esisti proprio in funzione dell’altro.

Vorrebbe qualcosa di diverso ora per la sua vita?

In questo momento cosa vorrei per cambiare la mia vita? Mi viene da sorridere… (silenzio) Vorrei un miracolo… vorrei che non fosse vero, tutto questo è capitato a me…Ma poi mi rendo conto che è successo a me ed è capitato probabilmente a mille altre persone… Se proprio dovessi chiudere gli occhi ed esprimere un desiderio guardando una stella che cade nella notte di san Lorenzo vorrei soltanto un senso di stabilità maggiore…Vorrei che mi si togliesse la precarietà che è quella che caratterizza la mia vita. 

Cosa le è servito maggiormente come risorsa per proseguire nel proprio ruolo di caregiver?

Fondamentalmente le risorse principali sono state per me il disegnare, lo scrivere, il camminare. Sono stata fortunata devo dire… Ho avuto sempre una rete sociale, una rete circoscritta forse all’inizio, c’è sempre stata. Ho potuto contare sulla mia famiglia, in modo particolare mia madre e mio fratello maggiore. Le amicizie sono rimaste costanti nel tempo…Quindi, quando lei mi dice cosa ha utilizzato per reagire e starci dentro, queste figure sono state fondamentali. Le davo quasi per scontate, mi ero dimenticata proprio perché ci sono sempre state.

Riflessioni

Essere caregiver rappresenta un ruolo impegnativo, soprattutto se protratto nel tempo. Con l’invecchiamento della popolazione, il ruolo del caregiver diventa sempre più rilevante per garantire la cura e il supporto necessario alla persona in difficoltà. Il caregiver dovrebbe mantenere un corretto equilibrio tra le necessità della propria vita e le esigenze richieste dal ruolo di caregiver.

È importante quindi che il caregiver dedichi tempo ad attività piacevoli, senza sentirsi in colpa, si prenda delle pause per ricaricare le proprie energie. È essenziale condividere i sentimenti e le preoccupazioni con amici, familiari o un terapeuta, riconoscendo i propri limiti e chiedere aiuto quando necessario. In sostanza per il caregiver, è fondamentale prendersi cura di sé e ricercare spazi personali al fine di mantenere il benessere.

Donatella Costa

Bibliografia

  1. Randall T & Randal D, 2017 – Caregivers – Study Guide for the Unsung Heroes of our Day. Ed. ISBN-13. Amazon
  2. Occhini L & G. Rossi, 2019 – Da familiare a Caregiver. Ed. Franco Angeli.

Sitografia

  1. https://www.stateofmind.it/?s=caregiver
  2. https://www.agingproject.uniupo.it/aging-e-attachment-relazioni-precoci-di-caregiving-e-invecchiamento/
  3. https://www.istat.it/en/press-release/report-on-italian-economy

Foto: Envato Elements

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