Periodico dell’ EDA Italia Onlus, Associazione Italiana sulla Depressione

Identità e depressione nell’era dei social media

I social media hanno trasformato il modo in cui costruiamo e raccontiamo la nostra identità. Oggi siamo costantemente connessi, ma questa iperconnessione ci rende davvero più vicini agli altri?

Dopo la pandemia, i disturbi d’ansia e depressione sono aumentati in modo significativo. L’uso eccessivo dei social media sembra essere un fattore chiave. La psicologia fenomenologica e costruttivista offre strumenti utili per comprendere come l’identità si costruisce (o si smarrisce) nel mondo digitale e per ritrovare un equilibrio tra il Sé reale e il Sé online.

Social media e identità: un rapporto complicato

Uno studio recente ha mostrato che il 42% dei giovani trascorre più tempo sui social di quanto vorrebbe, mentre il 55% ha subito commenti negativi che hanno influenzato la propria autostima (Castillo-Gualda & Ramos-Cejudo, 2024).

Ma perché siamo così attratti dal mondo digitale, anche quando ci fa stare male?
Secondo la psicologia fenomenologica, la qualità delle relazioni è fondamentale per il nostro benessere. Heidegger (1927) parlava di Mitsein (essere-con-gli-altri) come condizione essenziale dell’esistenza umana. Tuttavia, le interazioni virtuali spesso sono superficiali e prive di autenticità, causando un senso di vuoto e disconnessione emotiva.

L’identità digitale si costruisce attraverso immagini, post e interazioni filtrate. Ma questa rappresentazione online riflette davvero chi siamo? Oppure crea un divario tra il Sé vissuto (ciò che siamo realmente) e il Sé narrato (l’immagine che mostriamo agli altri)?

Gli effetti della pandemia

Durante il COVID-19, i social media sono diventati il principale mezzo di comunicazione. Facebook ha registrato un aumento del 50% nell’uso della messaggistica (Keles et al, 2020). Tuttavia, questo non ha portato a un maggior benessere, anzi: più tempo online è stato associato a livelli più alti di ansia e depressione.

Uno studio ha rilevato che tra il 2019 e il 2021 il tasso di depressione tra i giovani è aumentato del 30%, con una forte correlazione tra il tempo trascorso sui social media e il peggioramento della salute mentale (Twenge & Campbell, 2021).

Un fenomeno particolarmente dannoso è il doomscrolling: leggere compulsivamente notizie negative, aumentando stress e angoscia. L’iperconnessione ci spinge a confrontarci costantemente con gli altri, alimentando il senso di inadeguatezza e la paura di non essere abbastanza.

L’identità tra realtà e rappresentazione digitale

La psicologia costruttivista descrive l’identità come una narrazione in continua evoluzione, plasmata dalle esperienze e dalle relazioni (Arciero, 2002). Nell’era digitale, questa costruzione è sempre più influenzata dai social media, con il rischio di perdere autenticità.

Festinger (1954) ha descritto il fenomeno del confronto sociale: vedere costantemente vite idealizzate sui social media può farci percepire la nostra come insufficiente, alimentando ansia e insicurezza.
I segnali di una crisi dell’identità digitale possono includere: sensazione di vuoto nonostante le tante interazioni online, dipendenza dai like e dai commenti per sentirsi validi. Si può avere difficoltà a riconoscere la propria identità al di fuori dei social e nutrire sentimento di inautenticità rispetto a come ci si mostra online.

Come ritrovare un’identità autentica e proteggere la propria salute mentale

Per prevenire la disconnessione emotiva e il disagio psicologico legato ai social media, è utile adottare alcune strategie.

  1. Vivere esperienze autentiche (Husserl, 1936). Ridurre il tempo online e riscoprire attività reali, come leggere, passeggiare nella natura e parlare faccia a faccia.
  2. Ristrutturare il “Sé narrativo” (Arciero, 2002). Riflettere su come costruiamo la nostra identità, senza basarla esclusivamente sul riconoscimento digitale.
  3. Praticare la consapevolezza esistenziale (Heidegger, 1927). Stare nel presente, senza essere ossessionati dall’immagine che proiettiamo online.
  4. Limitare il confronto sociale digitale. Ricordare che i social media mostrano solo versioni filtrate della realtà.
  5. Coltivare relazioni autentiche. Dare valore ai rapporti reali, costruiti su esperienze condivise e non su like e commenti.

Conclusione

L’iperconnessione digitale può dare l’illusione di essere sempre in contatto con gli altri, ma spesso porta a una perdita di autenticità e a una maggiore solitudine. La psicologia fenomenologica e costruttivista ci aiuta a comprendere come la nostra identità venga influenzata dal mondo digitale e come possiamo proteggerci da un uso eccessivo dei social media.
Riconnettersi con il proprio Sé autentico e coltivare relazioni reali sono passi fondamentali per ritrovare benessere e sicurezza in sé stessi.

Antonella Vacca

Bibliografia

  1. Arciero G. (2002). Storia e identità personale: La prospettiva ermeneutica in psicoterapia. Torino: Bollati Boringhieri.
  2. Castillo-Gualda R & Ramos-Cejudo J (2024). The impact of social media on youth mental health. Journal of Psychology, 45(3), 120-135.
  3. Festinger L. (1954). A Theory of Social Comparison Processes. Human Relations, 7(2), 117-140.
    Heidegger M. (1927). Essere e tempo. Milano: Longanesi.
  4. Husserl E. (1936). La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Milano: Il Saggiatore.
  5. Keles B, McCrae N, Grealish A. (2020). Social Media and Adolescent Mental Health: A Systematic Review. Clinical Child and Family Psychology Review, 23(4), 547-579.
  6. Twenge J M, & Campbell WK (2021). The Social Media Trap: Anxiety, Depression, and the Digital Age.

Immagine: “Identità e depressione nell’era digitale”, generata con A.I., 2025

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