Cause ed origini
La fibromialgia non ha una sola origine, ma un insieme di fattori che si intrecciano. La scienza ha individuato delle alterazioni neurologiche che potrebbero spiegare perché chi soffre di questa patologia percepisce il dolore in modo amplificato. Ma spesso la fibromialgia è legata anche a traumi fisici o emotivi, periodi di forte stress, e persino predisposizione genetica (Ablin et al. (2017). Molti pazienti raccontano di aver iniziato a sentire i primi sintomi dopo un evento difficile: un lutto, un incidente, una malattia. È come se il corpo, invece di guarire, avesse imparato a sentire il dolore in modo continuo (Clauw, 2014).
Fibromialgia e neuroinfiammazione
Immagina la fibromialgia come un allarme che suona continuamente nel tuo corpo, anche quando non c’è un vero pericolo. Questo allarme si manifesta con dolore diffuso, stanchezza cronica, difficoltà a dormire e sensazione di testa annebbiata, come se i pensieri fossero lenti.
Per molto tempo non si è capito bene perché questo allarme suonasse. Ora, però, la ricerca sta mettendo in luce un pezzo importante del puzzle: la neuroinfiammazione (Sluka & Clauw, 2016).
Cos’è questa neuroinfiammazione?
In pratica, la neuroinfiammazione è come se ci fosse una specie di incendio molto piccolo e persistente nel tuo cervello e nel midollo spinale. Non è un’infiammazione che si vede con gli occhi, come quando ti sbucci un ginocchio. Le cellule che normalmente proteggono i tuoi neuroni (i mattoncini del cervello) si attivano in modo strano (1).
Ecco cosa succede quando questo incendio è acceso
- Il dolore viene amplificato. È come se il volume dell’allarme fosse alzato al massimo. Anche stimoli innocui, come un tocco leggero, possono essere percepiti come dolorosi. Il dolore non è solo nei muscoli, ma parte proprio da dentro il sistema nervoso.
- La “fibro-nebbia”(2) peggiora. Quella sensazione di confusione mentale, di fatica a concentrarsi o a ricordare le cose potrebbe dipendere anche da questo piccolo incendio nel cervello.
- Gli altri sintomi peggiorano. Anche i disturbi del sonno, l’ansia o la depressione, che spesso vanno a braccetto con la fibromialgia, sembrano collegati a questa infiammazione cerebrale.
Questa infiammazione nel cervello può essere scatenata o peggiorata da
- Predisposizione genetica.
- Infezioni passate: Alcuni virus, come quello della mononucleosi (EBV) o persino il COVID-19, possono lasciare un segno nel sistema nervoso.
- Problemi alla tiroide: La tiroide di Hashimoto, ad esempio, può avere un ruolo.
- Ciò che mangiamo: Un’alimentazione che favorisce l’infiammazione può non aiutare.
- Problemi ai nervi piccoli: Molti hanno anche una neuropatia delle piccole fibre, che potrebbe essere collegata (Theoharides et al, 2018).
Dolore senza prove, ma non senza verità
La Fibromialgia è una condizione che tocca il corpo, e che spesso abita nella mente perché il dolore e la solitudine diventano spesso devastanti. Uno dei tratti più frustranti della fibromialgia è l’invisibilità. A chi ne soffre viene chiesto spesso di resistere, di non pensarci o, peggio ancora, viene insinuato che si stia esagerando. E questo fa male quasi quanto il dolore fisico. La mente diventa un campo minato: ogni pensiero può esplodere in senso di colpa, vergogna o ansia. Ci si sente fragili, incompresi, a volte persino persi. È un equilibrio delicato, spesso precario.
Chi vive con la fibromialgia spesso convive anche con altri sintomi mentali, tra cui la stanchezza cronica che spegne ogni entusiasmo. La difficoltà di concentrazione, ansia e depressione, non sono solo reazioni psicologiche, ma parte integrante del disturbo. È importante dire con chiarezza: queste non sono debolezze caratteriali, ma aspetti neurologici reali, che meritano attenzione, rispetto e cura (3).
La forza silenziosa di chi non si arrende
Eppure, dietro ogni persona con fibromialgia, c’è spesso una forza che non si vede. Una resistenza fatta di piccoli gesti quotidiani: alzarsi nonostante il dolore, sorridere anche se dentro si lotta, continuare a cercare risposte, aiuto, umanità. È una forza che non fa rumore, ma che insegna qualcosa a chiunque abbia la sensibilità di fermarsi ad ascoltare. Cosa può aiutare davvero? Non esiste una cura definitiva, ma esistono strade. Terapie multidisciplinari, supporto psicologico tecniche di rilassamento, esercizio fisico dolce, alimentazione, e soprattutto relazioni umane vere (4). Sentirsi compresi, creduti, accolti: anche questo può cambiare profondamente l’esperienza della malattia. Chi soffre di fibromialgia non ha bisogno di pietà, ma di ascolto. Non cerca miracoli, ma comprensione. E merita dignità, sempre (Nielson et al. 2009).
Cosa si può fare?
Capire che c’è questa infiammazione nascosta è importante perché apre nuove strade per sentirsi meglio. Oltre alle terapie che già si usano (come farmaci per il dolore e il sonno, e la terapia fisica), si stanno studiando nuove soluzioni che puntano proprio a spegnere o calmare questo fuoco nel cervello (Williams & Clauw, 2009).
- Farmaci specifici. Si cercano farmaci che agiscano proprio sull’infiammazione cerebrale. Il naltrexone a basse dosi è uno di questi e viene studiato per le sue proprietà antinfiammatorie.
- Terapie “speciali”: (5) a) Ossigenoterapia iperbarica: respirare ossigeno puro in una camera speciale può ridurre l’infiammazione. b) Stimolazione magnetica transcranica (TMS): usa campi magnetici per “riequilibrare” l’attività del cervello. c) Stimolazione del nervo vago (VNS): può aiutare a regolare i processi infiammatori.
- Stile di vita: a) Alimentazione antinfiammatoria: mangiare cibi che riducono l’infiammazione e integrare con omega-3. b) Integratori: alcuni, come la PEA (Palmitoiletanolamide), vengono studiati per le loro proprietà calmanti sul dolore e sull’infiammazione. c) Gestione dello stress e buon sonno: sono fondamentali, perché stress e insonnia alimentano l’infiammazione.
Considerazioni
Insomma, il legame tra fibromialgia e neuroinfiammazione è un pezzo nuovo e importante per capire meglio questa condizione e, si spera, trovare modi sempre più efficaci per aiutare chi ne soffre. È un campo in continua evoluzione, e le nuove scoperte portano speranza per il futuro.
Antonio La Daga
Bibliografia
- Albin J N et al. (2017). Fibromyalgia in the aftermath of trauma. Current Pain and Headache Reports, 21(2), 11.
- Clauw D J (2014). Fibromyalgia: A clinical review. JAMA, 311(15), 1547-1555
- De Souza M C, et al. (2020). The Stigma of Fibromyalgia: A Scoping Review. Pain Research and Management, 2020, 1-10.
- Nielson, W. R., et al. (2009). The role of resilience in the adjustment to chronic pain. Journal of Pain, 10(11), 1118-1126.
- Sluka, K. A., & Clauw, D. J. (2016). Neurobiology of Fibromyalgia and Chronic Widespread Pain. Neuroscience, 338, 114-129.
- Theoharides, T. C., et al. (2018). Interrelationships of stress, inflammation, mast cells, and environmental factors in the pathogenesis of fibromyalgia. Clinical Therapeutics, 40(6), 1017-1025.
Sitografia
- https://istitutodineuroscienze.it/neuroscienze-salute/disturbi/fibromialgia
- https://www.progettoarete.it/psicoterapia-psichiatria/fibrofog-cosa-significa/
- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39835578/
- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39594316/
- https://www.grupposandonato.it/glossario-della-salute/patologie/fibromialgia-terapia
Foto: Envato Elements