Introduzione
In un mondo di App (Applicazioni) che promettono di connetterci agli altri, permangono solitudine e isolamento. Incontrarsi nella rete rischia di impigliarci in una impossibilità, in un disapprendimento della capacità di far relazione. Questo mondo fruibile a distanza, spegnibile quando si voglia, manipolabile a poco a che spartire con il mondo reale, dal quale rischia di allontanarci sempre di più. Il termine solitudine deriva dal latino solus (solo), sebbene alcune fonti ne indichino l’origine in sollus (intero), ovvero qualcosa che non abbisogna di altro per completarsi. Il termine, nell’uso comune, viene rappresentato dall’immagine di una mancanza, di un segno meno.
Possiamo distinguere tre dimensioni dell’essere soli: un dato oggettivo indica la mera mancanza di contatti, un dato quantitativo. Dall’altro lato una dimensione soggettiva che trae spunto dal proprio sentirsi soli. Tale solitudine è uno stato relativo al mondo interno della persona ed al suo rapporto con il mondo esterno (Bronfenbrenner, 2002). Questo rapporto interiore può essere vissuto sia come isolamento doloroso che come momento di crescita.
Il problema della solitudine
Al di là delle definizioni, il problema solitudine è considerato assai seriamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tale organo, ha istituito per il triennio 2024-2026 una commissione specifica, la Commission on Social Connection, per affrontare il rischio di isolamento sociale e solitudine nella popolazione. Il tema della solitudine, esacerbato dalla pandemia da Covid-19 appare oggi un tema centrale per la salute psicofisica della popolazione.
La scienza attribuisce alla solitudine una valenza negativa. Essa, infatti, sembra correlata ad uno stato di stress che influenzerebbe le difese immunitarie (Cacioppo & Cacioppo, 2018). Inoltre, la solitudine, aumenta il rischio di sviluppare disturbi depressivi e disturbi d’ansia, o di peggiorare sintomi ansiosi-depressivi già in essere (Loades et al. 2020).
Tra stigma sociale e pressioni della scienza alla solitudine è assegnata la maglia nera. Le persone tendono ad evitare tale condizione con tutte le proprie forze e preoccuparsi fortemente dell’immagine data all’esterno. Il timore rimanda alla preoccupazione di essere giudicati poco amabili, interessanti, attraenti etc. Poche sono le persone che fanno cose da sole e perseguono interessi ed attività in solitudine. La maggior parte o rinuncia a fare alcunché, o si piega a perseguire scopi non personali pur di guadagnare la compagnia altrui.
La solitudine in rete
In questo modo di scelte al ribasso e timore del giudizio si è inserito il mondo dei social media. È l’epoca della connessione virtuale, ove gli amici sono immagini su uno schermo e dove la parola amico ha perso il suo senso originale. Che si sia amici d’infanzia o conoscenti che mai si incontreranno poco importa. In questo modo di immagini di carta la solitudine è una regola.
La relazione via social allontana, però, la capacità di connettersi realmente. La fatica del contatto vero è stemperata da connessioni virtuali, accese e spente a piacimento e nelle quali l’intimità è un miraggio. Ma più si è connessi più si fa fatica a incontrarsi. Le paure dell’incontro faccia a faccia non sono risolvibili con una foto modificata, una conversazione scritta e riscritta, una sparizione che spegne lo schermo
Ed ecco nascere negli anni molteplici App che permettono la conoscenza di altre persone. Ve ne sono per tutti gusti e le esigenze. Alcune permettono l’incontro nel modo tridimensionale attraverso offerte disparate. Dai classici Instagram e Facebook il mondo delle Applicazioni diventa sempre più variegato.
Esistono App per trovare l’amore come Tinder, Badoo, Lovoo, MeteMe o CercoSingle (più chiaro di così). Esistono App permettono di parlare e incontrare persone- non per forza a scopo amoroso – come Telegram, Chatous, Whispear etc. Alcune ad esempio solo per certe categorie di persone, come Hey Vina che connette solo donne.
Vi sono App che permettono di connettersi nel modo reale offrendo occasioni di incontrare persone nuove condividendo esperienze, come ComeHome; viaggiare come Gite in Lombardia, incontrarsi seduti intorno ad un tavolo come Tabloo.
Esistono poi esperimenti interessanti come l’App che consente di scrivere una lettera a qualcuno come Slowly e addirittura quelle per chattare con personaggi immaginari creati da altri utenti, come Botify Al.
Riflessioni
Insomma, vi sono in internet un mondo di occasioni che da virtuali possono diventare reali, concrete. Un mondo virtuale dove è difficile distinguersi e farsi vedere, fatto spesso di interazioni brevi, non personalizzate, ove il colpo d’occhio conta più di tutto. Anche le applicazioni che consentono di incontrare veramente qualcuno possono generare una sensazione di ansia, un bisogno insaziabile di esserci, nemico della vera condivisione personale.
Si vive in un mondo virtuale che sembra fagocitarci e che a volte è avvertito come soffocante. Un mondo virtuale che offre l’illusione di potersi sostituire alla relazione tradizionale e spesso prosciuga tempo ed energia. E mentre inseguiamo l’immagine sullo schermo, la vera vita scorre accanto a noi, con le sue relazioni e le sue occasioni.
Patrizia Amici
Bibliografia
- Bronfenbrenner U. Ecologia dello sviluppo umano. Il Mulino, 2002
- Cacioppo JT & Cacioppo S. The growing Problem of Loneliness. Lancet, 391
- Loades ME, Chatburn E, Higson-Sweeney N, et al. Rapid Systematic Review: The Impact of Social Isolation and Loneliness on the Mental Health of Children and Adolescents in the Context of COVID-19. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry. 2020 ;59(11):1218-1239
- World Health Organization. www.WHO Commission on Social Connection
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