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Orfeo e il dolore contagioso e freddo

Le due forme del lutto: come Ovidio contrappone il dolore contagioso al dolore freddo nel mito di Orfeo ed Euridice.

Quando vediamo qualcuno che piange una persona cara recentemente deceduta, spesso abbiamo anche noi le lacrime agli occhi e ci sentiamo tristi. Questo tipo di dolore normale, potremmo definirlo emozionale o contagioso, di solito comporta sostegno sociale. Ma il dolore può anche essere un dolore diverso, “freddo” e definibile “non-contagioso”. Nel mito di “Orfeo ed Euridice” quest’ultima muore due volte (Ovidio nel libro X, versi 1-82).

Ovidio nelle Metamorfosi contrappone le due forme di dolore di Orfeo. Lo scopo di questo articolo è presentare alcune considerazioni su queste due diverse reazioni di Orfeo e sulle loro implicazioni comunicative. Cioè se il dolore è commovente per l’ambiente sociale o no. Cito parecchi versi di Ovidio (Ramous, 1999) con i miei commenti.

Per informazioni più esaustive sugli altri aspetti del dolore cfr. Gross R, 2016; per una introduzione sugli altri argomenti del mito di Orfeo vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Orfeo.

Il dolore contagioso di Orfeo dopo la prima morte di Euridice

Nella mitologia greca, Orfeo è il figlio di Apollo e della musa Calliope. È considerato il più grande cantore e musico dell’antichità. Nel mito è innamorato della ninfa Euridice. Il giorno del loro matrimonio lei fu morsa da un serpente e morì. Euridice morì a causa di un incidente. Orfeo si rammarica di questa perdita con un tale lamento emotivo che, dopo essere sceso negli inferi, il suo dolore colpisce tutti i tetri abitanti del luogo. Colpisce anche le dee della vendetta che iniziano a piangere, commuovendo anche Plutone e Proserpina, imperatori dell’Ade. Orfeo riesce a esprimere le sue emozioni ed a riavere Euridice. Ovviamente un tale dolore è risultato contagioso, determinando l’aiuto da parte degli altri.

[…] la giovane sposa, mentre tra i prati vagava in compagnia d’uno stuolo
di Naiadi, morì, morsa al tallone da un serpente (Libro X, 8-10)

La causa della morte è stato un incidente per il quale Orfeo non può fare nulla. Orfeo piange la sua morte e poi, rifiutandosi di accettare quella morte e cercando di annullarla, decide di attraversare la Porta di Tenaro e di entrare negli inferi.

La reazione emotiva di Orfeo

A lungo sotto la volta del cielo la pianse il poeta
del Ròdope, ma per saggiare anche il mondo dei morti,
non esitò a scendere sino allo Stige per la porta del Tènaro (Libo X, 11-13)

Ovidio ci dice che Orfeo reagisce in modo molto emotivo, cercando di negare che la morte sia definitiva e comportandosi in modo proattivo. Che slancio e che energia devono esserci stati in Orfeo!  La speranza muore per ultima. Una situazione che si può osservare quando arriva il messaggio della potenziale morte di una persona cara perché scomparsa o coinvolta in un incidente. In questi casi persiste una piccola speranza che la persona amata sia ancora viva e le persone colpite tentano di andare attivamente alla ricerca di questa speranza.

Orfeo negli inferi

Intonando al canto le corde della lira, così disse (Libro X, 16-17)
Causa del viaggio è mia moglie: una vipera, che aveva calpestato,
in corpo le iniettò un veleno, che la vita in fiore le ha reciso.
Avrei voluto poter sopportare, e non nego di aver tentato:
ha vinto Amore! (Libro X, 23-26)
Vi prego, ritessete il destino anzitempo infranto di Euridice (Libro X, 31)
Se poi per lei tale grazia mi nega il fato, questo e certo:
Io non me ne andrò: della morte d’entrambi godrete (Libro X, 38-39)

Negli inferi, Orfeo continua a piangere la morte di Euridice cantando sulle corde della sua lira, dicendo che Euridice è morta per un incidente, un morso di serpente. Insiste sul fatto che l’amore lo ha sopraffatto e lo ha portato a scendere nel regno della morte. Implora Plutone e Proserpina, gli dèi degli inferi, di riportare in vita Euridice, minacciando il suicidio in caso contrario.

Mentre così si esprimeva, accompagnato dal suono della lira,
le anime esangui piangevano (Libro X, 40-41)
Si dice che alle Furie, commosse dal canto, per la prima volta
si bagnassero allora di lacrime le guance. Né ebbero cuore,
regina e re degli abissi, di opporre un rifiuto alla sua preghiera,
e chiamarono Euridice (Libro X, 45-48)

E ci riesce grazie alla forza del suo dolore, emotivo ed enfatico. Le anime dei morti iniziano a piangere e persino le Erinni, le dèe della vendetta, piangono per la prima volta. Tutti erano commossi dal dolore di Orfeo. Ovidio ci dice che il dolore è contagioso. Infine, Plutone e Proserpina, anche loro commossi, non resistono, cedono e chiamano Euridice per restituirla a Orfeo.

Dolore freddo dopo la seconda morte di Euridice

La seconda morte Euridice accade dopo che Orfeo l’ha guardata mentre camminava di nuovo verso la terra, cosa che i governanti degli inferi avevano proibito. Orfeo è pietrificato, ha ruminazione di colpa, è privo di energia, non mangia. Non può più provare emozioni e respinge le donne che volevano unirsi con lui. Il dolore è freddo e repellente.

Orfeo del Ròdope, prendendola per mano ricevette l’ordine
di non volgere indietro lo sguardo, finché non fosse uscito
dalle valli dell’Averno; vano, se no, sarebbe stato il dono (Libro X, 50-52).
E ormai non erano lontani dalla superficie della terra,
quando, nel timore che lei non lo seguisse, ansioso di guardarla,
l’innamorato Orfeo si volse: sùbito lei svanì nell’Averno (Libro X, 55-57)

Orfeo riaccoglie Euridice, ma può farlo solo a condizione di non guardarla prima che entrambi abbiano raggiunto la luce del giorno. Non è chiaro il motivo di questo ordine. Ovviamente ha a che fare con la fiducia che, evidentemente, Orfeo non aveva. Forse dubitava che l’accordo avrebbe funzionato, forse temeva che Euridice potesse cadere. In ogni caso, disobbedisce all’ordine e si volta indietro quando hanno quasi raggiunto la luce del giorno e allora Euridice muore per la seconda volta. La reazione di Orfeo alla seconda morte, provocata da lui stesso, è in netto contrasto con la sua calda, contagiosa e commovente reazione di dolore alla prima, accidentale, morte di Euridice. Adesso Ovidio dà una descrizione cupa di uno stato emotivo freddo che non può commuovere l’ambiente.

Orfeo pietrificato

Rimase impietrito Orfeo per la doppia morte della moglie (Libro X, 64)

Primo: Orfeo è “pietrificato”. Il testo latino dice “stupuit”, un termine che ricorda agli psichiatri il termine psicopatologico “stupor” che significa il massimo “ritardo psicomotorio” possibile.

O come Oleno che si addossò la colpa e volle passare per reo (Libro X, 68-69)

Secondo: Orfeo si incolpa di aver causato la morte di Euridice proprio come, scrive Ovidio, fece Oleno, altra figura mitologica greca, che si assunse la colpa del comportamento di sua moglie (Scivoletto M, 2013). Esiste un’interpretazione che racconta che Euridice non era in realtà tanto pronta a tornare sulla terra ed esitò a seguire Orfeo – quindi la colpa potrebbe essere di entrambi (https://www.youtube.com/watch?v=USkXeN3dM-8)

La profonda tristezza di Orfeo

Per sette giorni rimase lì accasciato sulla riva
senza toccare alcun dono di Cerere:

dolore, angoscia e lacrime furono il suo unico cibo,
Poi, dopo aver maledetto la crudeltà dei numi dell’Averno,
si ritirò sull’alto Ròdope e sull’Emo battuto dai venti (Libro X, 73-77).

Orfeo è senza energia, si trascura e non mangia più, è angosciato e arrabbiato, mentre dopo la prima morte di Euridice Ovidio descrive solo pianto e lacrime. Ora si lascia il mondo alle spalle ritirandosi sulle aspre montagne, e si rannicchia nel proprio guscio.

Per tre volte il Sole aveva concluso l’anno,
[…] e per tutto questo tempo Orfeo non aveva
amato altre donne (Libro X, 78-80)

Ciò concorda con il fatto che Orfeo si astiene dal piacere sessuale con le donne. Ovidio lascia aperto il dubbio se Orfeo non fosse in grado di “amare altre donne” o se avesse fatto voto di non farlo (“forse per il dolore provato, forse per aver fatto voto”, Libro X, 81-82). Il comportamento di Orfeo non solo non è commovente, ma repellente. Non solo non riceve alcun sostegno esterno ma, più tardi, verrà persino ucciso dalle donne che aveva respinto, e che, prima di ucciderlo, gli urlano: “Eccolo, eccolo colui che ci disprezza!” (Metamorfosi Libro XI, 7).

Conclusione

Nella realtà quotidiana il dolore dopo un decesso può assumere molte forme diverse. Esse dipendono dalle circostanze della morte e delle caratteristiche della persona che ha subito la perdita (Bonanno GA & Kaltman S, 2001; Gross R, 2016). Potrebbe essere utile concentrarsi sull’aspetto di capire se il dolore è contagioso e commovente o no (ciò dipende certamente anche dalla sensibilità dell’ambiente).

Un dolore che commuove stimola solidarietà e assistenza alla persona in lutto (Horwitz & Wakefield, 2007). Se le persone nell’ambiente sociale non sono commosse, perché il dolere appare freddo, non è improbabile che allora la persona che soffre non riceverà abbastanza assistenza. Mentre, in realtà, potrebbe averne bisogno, forse anche più di una persona con un dolore commovente. Questo perché le circostanze della morte possono essere complesse (p.e. se la colpa gioca un ruolo, come nel caso di Orfeo).

Nella storia di Orfeo ed Euridice si trovano alcune caratteristiche del dolore dopo la seconda morte de Euridice che non sono commoventi. Esse sono l’inibizione, l’angoscia, l’indignazione, la ruminazione di colpa, il sentirsi privo di energia e le manifestazioni di anoressia e anedonia. Contemporaneamente si definiscono tali manifestazioni del dolore come “dolore complicato” (Stroebe M et al, 2013).

Sebbene sia difficile distinguere la tristezza normale dalla depressione (Maj M, 2012), non si può escludere, se tali manifestazioni esistono, che si tratti di un episodio depressivo che richiede un trattamento, quello che secondo la ICD-11 (la più recente versione del sistema diagnostico dell’OMS) può essere diagnosticato anche dopo un decesso (Stein DJ et al, 2020).

Heinz Katschnig, MD

professore emerito di Psichiatria Università di Medicina di Vienna,

direttore del Dipartimento di Psichiatria dal 1991 al 2007.

Bibliografia

  1. Gross R: Understanding Grief. An introduction. Routledge, New York, NY, 2016
  2. Horwitz AV & Wakefield JC: The Loss of Sadness. How Psychiatry Transformed Normal Sadness into Depressive Disorder. Oxford University Press, New York, NY, 2007, p.48f
  3. Maj M: Differentiating depression from ordinary sadness: contextual, qualitative and pragmatic approaches. World Psychiatry 2012; 11(Suppl.1): 43-47.
  4. Stroebe M, Schut, H, VAN den Bout, J (eds): Complicated Grief: Scientific Foundations for Health Care Professionals (English Edition) Routledge, London and Taylor and Francis, New York, 2013. Kindle-Version. DOI: 10.4324/9780203105115-11

Sitografia

  1. Bonanno GA & Kaltman S: The varieties of Grief Experience. Clin Psychol Rev 2001; 21: 705-734. https://doi.org/10.1016/S0272-7358(00)00062-3
  2. Ramous M: Metamorfosi – Introduzione e traduzione. Garanti s.r.l., Milano, 1999, 2017; la traduzione completa delle Metamorfosi di Mario Ramous è disponibile online su https://spazioinwind.libero.it/latinovivo/Ovidio_Metamorfosi.htm.
  3. Scivoletto N: Publio Ovidio Nasone – Metamorfosi. De Agostino Libri S.p.A., Novara 2013 (Classici latini). Commentario al Libro X, 68-69 (Oleno).
  4. Stein DJ et al: Mental, behavioral and neurodevelopmental disorders in the ICD-11: an international perspective on key changes and controversies. BMC Med 2020; 18: 1-24 https://doi.org/10.1186/s12916-020-1495-2)

Nota finale: si ringrazia il dott. Walter Di Munzio per il suo contributo nella traduzione in italiano di questo scritto.

Foto: Ermes, Euridice, Orfeo Di Xinstalker di Wikipedia in italiano, CC BY 3.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=26972184

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