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Opere d’arte e Depressione: il laboratorio di narrazione

Le opere d’arte utilizzate nel laboratorio di narrazione hanno permesso di evidenziare l’esperienza depressiva di G. e di A., non consapevoli della loro malinconia.

Ho condotto per 6 mesi un laboratorio di “narrazione” con utenti psichiatrici di un Centro Diurno del sud barese, mostrando loro opere d’arte pittorica. Riporto l’esperienza di G., 50 anni e di A. 42 anni, maschi.

Introduzione e metodo

In questa esperienza presso il centro diurno, in cui ho lavorato recentemente, ho voluto dar vita a pensieri, parole e gesti di pazienti afferenti al Centro Diurno, utilizzando delle opere d’arte estratte dal catalogo del progetto “tutti uguali, tutti diversi”. Campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma e alla discriminazione sul disagio mentale attraverso l’arte che il CSM 3 (Centro di Salute Mentale) di Troia ha condotto nel 2007 in sinergia con l’Accademia delle Belle Arti di Foggia e la Soprintendenza BAP.  (d’Errico 2018 in Psychiatria Danubina)

Ho utilizzato in questo laboratorio delle opere d’arte perché credo rivelino parti di noi stessi, conosciute o sconosciute. Queste opere esprimono angosce, difficoltà, sofferenze, desideri, dubbi, paure, speranze, pregiudizi, rifiuti. Ho fotocopiato a colori le opere d’arte contenute nel catalogo e le ho sottoposte al gruppo di 11 utenti afferenti al Centro Diurno. Ho detto loro di guardarle, di riflettere e di scegliere quelle che “vi toccano maggiormente l’animo”.

Ho detto loro di esprimersi utilizzando qualunque mezzo: la recitazione, il disegno, la poesia, il movimento e altro ancora.  Nell’impatto con le emozioni che un’opera d’arte suscita, i pazienti è come se avessero costruito un ponte per potere incontrare sé stessi e per recuperare e riunire quelle parti di sé in un tutto unico. In questo modo intrecciano un nuovo dialogo con sé stessi e le proprie parti affettive-emotive.

Nell’articolo pubblicato su Psychiatria Danubina ho illustrato ogni singolo paziente e le opere più fortemente impattanti e le riflessioni che ne sono derivate. Qui porterò l’esperienza di G. e di A. che in seguito a questa esperienza terapeutica scoprono parti che hanno tentato di tenere sempre nascoste a sé stessi.

Segregazione di Rosanna Roggia, Opere d'arte, laboratorio di narrazione
“Segregazione” di Rosanna Roggia

Le opere d’arte e l’esperienza nel laboratorio narrativo di G. e A.

G. ha lavorato sull’opera “SEGREGAZIONE” olio su tela, di Rosanna Roggia portando il tema della solitudine di vita, affettiva, ma anche interiore, un vuoto esistenziale immenso. Il paziente nella vita e nel Centro si è sempre mostrato spavaldo, duro, rinnegando completamente il suo senso di solitudine, di abbandono e di alienazione.

G. negava questi temi. Nella sua vita voleva ad ogni costo comunicare una immagine di forza e resistenza; rideva e derideva spesso in modo immotivato e grossolano. Il lavoro su di sé nel laboratorio di narrazione ha portato, invece, alla consapevolezza sia di sé stesso che degli altri. Il tema della solitudine emerso ha aperto un varco che gli ha permesso di divenire consapevole dei suoi spazi interni e agli altri compagni di entrare nel suo mondo e introdurre calore e colore.

Di seguito riporto una serie di riflessioni sul tema della solitudine che al termine del laboratorio G. ha scritto e condiviso con il gruppo.

Riflessioni di G.

Perché proprio a me questo vuoto? La solitudine. Camminando nel deserto troverai una strada che ti soddisferà. La solitudine secondo me può essere anche curativa, nel senso che se riusciamo a curare questo disagio in solitaria, lo affrontiamo meglio forse. Riflettere e ascoltare a lungo la propria anima.

La solitudine è l’isolamento dal mondo e da tutti. Nessuno mi comprende ed il mio sogno è quello che leggano dentro di me. Sognare in una stanza da solo. La solitudine è rimanere soli nella realtà ma nei propri sogni ci rifugiamo. La solitudine è una brutta bestia. Perché proprio a me questo vuoto?”

Espressioni Nascoste

A.  42 anni, ha lavorato su “ESPRESSIONI NASCOSTE”, acrilico e olio su tela di Cristina Trentalange e che ha ribattezzato “Maschere, tante facce ridenti, che svelano mentre coprono”.

A. è un “ragazzo” sempre sorridente, sempre servizievole, gentile, volenteroso. La sua psicopatologia è legata ad un lieve deficit intellettivo che ha portato con sé un senso di inadeguatezza e diversità che poi le esperienze scolastiche e di vita hanno accentuato. A. ama lavorare, ha svolto con successo l’attività lavorativa in un forno per circa due anni, per un progetto di inserimento lavorativo, oramai conclusosi da tempo e non più riavviato, credo per problemi economici/politici.

Nonostante l’inattività lavorativa e la ovvia conseguente frustrazione, A. ha sempre dato ed ostentato di sé un’immagine di serenità. Alla luce di tutto ciò si può ben comprendere come la scelta di quest’opera d’arte abbia aperto un varco alla comprensione di un disagio interno tenuto dal paziente sempre nascosto.

Lavoro operativo con le opere d’arte

Per lavorare su questo tema emerso ho chiesto ad A. di trovare nella letteratura una poesia o un brano che potesse rappresentare meglio il suo stato d’animo e lui scelse il seguente brano estratto dalla lettera di Luigi Pirandello alla sorella Lina, scritta il 31 ottobre 1886, in cui è marcatamente presente il tema della vita priva di senso.

Quando tu riesci a non avere più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme spupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l’abitudine, che non trovi, e l’occupazione, che sdegni – quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero,  sentirai senza cuore – allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa,  un uccello senza nido. Io sono così.”

In coincidenza temporale con questo laboratorio A. sviluppa una depressione, sicuramente legata alla presa di consapevolezza e al “buttar fuori”, quasi in un processo di liberazione, ciò che aveva sempre tenuto nascosto a sé stesso. Depressione che ha permesso poi in psicoterapia, di affrontare le tematiche di vita a lui fino ad allora sconosciute.

Considerazioni conclusive

Attraverso il lavoro sulle opere d’arte scelte, sia G. che A. hanno scoperto parti di sé che tenevano nascoste inconsapevolmente, costringendosi al confronto con le stesse. Questo ha permesso di dare nuovi significati alla propria storia personale e di iniziare un processo di recupero di nuove possibilità di essere, che si credevano perdute.

                                                                                              Immacolata d’Errico

Bibliografia

  • d’Errico I.: “How artworks can gather unspoken yet deeply felt experiences, using narrative lab in daily psychiatric center”. Psychiatria Danubina, 2018, Vol.30, Suppl. 7, pp 527-532
  • Pillo G.  (a cura di): “TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI”, Grafiche Gercap Foggia-Roma, ottobre 2007

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