Figlia della società in cui viviamo, identificata non solo a livello scolastico è la sindrome da primo della classe. Non si tratta necessariamente di una competizione, ma è utilizzata in molti ambiti per misurare il valore e l’importanza di un individuo. Si tratta nello specifico di valutare la persona in base al successo che questo ottiene.
Essere il primo della classe è una nuova sindrome?
Sempre più spesso sentiamo parlare della «sindrome del primo della classe». Sembra essere un prodotto della nostra società, ma possiamo considerarla veramente una sindrome? Certamente la società in cui viviamo è sempre più competitiva e non ammette errori, a subirne maggiormente gli effetti di solito sono i bambini. Anche perché il luogo per eccellenza dove c’è il bravo e il perdente è la scuola. Questo, comporta che a dover essere sempre il migliore, per un soggetto ancora in crescita, può essere un problema con effetti psicologici degni di nota. Ad esempio, si segnalano problemi di autostima con ripercussioni per tutta la vita.
Viene definito «gifted kid burnout», è molto più di una semplice condizione di stress. Tale condizione è causata dal crollo delle aspettative dei primi della classe. È un fenomeno che può insegnarci tanto sulla visione distorta del valore, del merito e dell’eccellenza su cui si fonda la nostra società.
I sintomi del gifted kid burnout, definito meglio come crollo nervoso, sembra essere tipico dei ragazzini che sono stati i primi della classe. Non è solo la continua ansia da prestazione, che è quella sofferenza che accompagna gli studenti etichettati come primi della classe durante la frequenza a scuola. Sentirsi ripetere di continuo quanto si è bravi, speciali, migliori dei propri pari in età formativa impedisce la consapevolezza dei propri limiti.
La scuola oggi e il primo della classe
Oggi il sistema scolastico è basato sulla competizione. Basta pensare che sono previste le prove Invalsi e le certificazioni di competenza nelle scuole primarie e l’alternanza scuola-lavoro nelle scuole superiori. Questo favorisce che l’identità del bambino si modelli attorno al perfezionismo, all’essere sempre al massimo dell’eccellenza e al non deludere mai le aspettative.
Questo modo di vivere la scuola comporta un grosso rischio da parte degli studenti che vivono la perfezione come irraggiungibile e tendono a perdere interesse. Quello che succede è che, se non hai raggiunto il massimo nella verifica, e quindi non sei il primo della classe, devi impegnarti di più.
Cosa possiamo fare
Sicuramente un obiettivo è quello di educare agli insuccessi i bambini ed i giovani adolescenti (Vecchini, 2023). La necessità è quella di far capire a un bambino il valore che ha una sconfitta mostrandoglielo con l’esempio. Insegnare loro che è importante non tanto il risultato, ma che ciò che conta veramente è arrivare fino in fondo, divertirsi, migliorarsi. Questo insegnamento può essere fatto ogni giorno, in ogni momento di vita quotidiana.
È importante evidenziare che non è necessario essere il primo della classe sempre e che ogni individuo può eccellere in ambiti diversi rispetto ad altri. Valorizzare i bambini ed i giovani adulti al di là del risultato ottenuto li può aiutare a non sentirsi perdenti. Etichettare lo studente come primo della classe durante la formazione, annulla la curiosità di “fare qualunque cosa che possa mettere in luce i difetti” (Dweck, 2023).
Conclusioni
È necessario insegnare ai bambini il valore positivo di un fallimento. Far capire che il fallimento porta con sé insegnamenti positivi. Quando un bambino prende 3 in italiano non è semplice fargli capire che non vuol dire non essere bravo. È opportuno fare un passo indietro rispetto al 3 e riconoscere che certe cose servono per prendere coscienza dei propri limiti e questo può aiutare a superarli. Essere il primo della classe non deve essere l’obiettivo da raggiugere nella carriera scolastica. In un contesto come quello scolastico è difficile far rispettare le caratteristiche di tutti i bambini perché ognuno ha le proprie qualità. Bisognerebbe cercare il più possibile di porre degli obiettivi adeguati alle competenze di ognuno.
Maria Rosaria Juli
Bibliografia
- Dweck C.- Cambiare forma mentis per raggiugere il successo. Mindset, Franco Angeli, 4a ristampa, 2023.
- Vecchini S., – I bambini si rompono facilmente, Racconti Bompiani, 2023.
Foto: Envato Elements