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Il complesso di Telemaco

È necessaria una nuova alleanza generazionale, sulle competenze e sulla innovazione. Un approccio che guarda a recuperare l’esperienza delle generazioni precedenti. Il complesso di Telemaco indica proprio quella alleanza generazionale.

Le origini del complesso di Telemaco

La definizione di questo complesso deve la sua fama a Massimo Recalcati, noto psicoanalista lacaniano. Ha saputo aggiungere un altro personaggio mitologico alla galleria della tradizione psicoanalitica. E allora Telemaco segue Edipo ed Elettra, miti con cui Freud aveva rappresentato i difficili legami affettivi, e le conseguenti implicazioni, tra genitori e figli.

Ma a differenza del mito freudiano di Edipo, in questo caso la figura del figlio non vede il proprio padre come competitore nella conquista dell’amore materno. Lo vive invece come riferimento forte a cui attribuisce un grande valore, per il suo portato di coraggio, di esperienza e di competenza.

Così come Ulisse era atteso dal figlio Telemaco per affrontare i pericoli e gli ostacoli che da solo non riusciva a risolvere, ora si può intravedere una generazione di giovani. Una generazione abbastanza lontana dal furore iconoclasta degli anni Sessanta. Sono più sicuri dei loro studi e delle conoscenze acquisite, che guarda le generazioni precedenti con curiosità e, a tratti, con sincera ammirazione. Che riconosce il valore delle intuizioni e la loro eredità culturale.

Ci troviamo di fronte ad un sentimento che è esattamente opposto a quella devastante teoria che perseguiva una “rottamazione generazionale”. Una idea che tanti danni ha già prodotto e non solo in politica, ma anche in tutti gli altri ambiti in cui è stata perseguita. La ricerca di una sinergia transgenerazionale e l’aspettativa di ricevere un utile trasferimento di competenze. È il segreto che può consentire a generazioni diverse di interagire, di collaborare efficacemente e di progredire in armonia senza perdere il valore dell’esperienza.

Ciò anche nella organizzazione dei servizi e nelle procedure sanitarie, consapevoli che si fa riferimento a contesti e tempi diversi.

Tutto ciò è evidente in medicina, ma è eclatante in ambiti complessi come la psichiatria. Abbiamo vissuto una straordinaria stagione di innovazioni chiudendo i manicomi e costruendo una rete di servizi territoriali. Questa rete, unica al mondo, ha consentito alla psichiatria di virare verso una modalità comunitaria dell’assistenza.

I percorsi del sapere

Recuperare il valore dei percorsi dell’attuale sapere, consente di progredire ulteriormente, potendo fruire di strumenti nuovi e più moderni. È la forza di quelle innovazioni che ci consente di leggere e decodificare i fatti e i fenomeni della contemporaneità. Capire il fenomeno della immigrazione, dei profughi dai conflitti attivi, e anche i nuovi bisogni delle fasce più deboli della popolazione.

Ma anche il dolore e i conflitti psicologici delle persone con problematiche di identità sessuale o il disagio di chi è vittima di discriminazione. Sia essa politica, personale o comunque connessa a una forma di stigma sociale per razza, cultura o comportamento.

Basti pensare a quanto sia imprescindibile oggi il ruolo, soprattutto delle donne in posizioni di vertice nelle aziende e nella organizzazione dei servizi pubblici. Oggi le donne domani i nuovi italiani. Il loro valore deriva dalla estrema capacità che dimostrano nell’adattarsi alle tecnologie e ai nuovi modelli organizzativi. Ma anche dalla loro propensione a ricercare e trovare le migliori soluzioni possibili a problemi complessi, ciò anche grazie ad una naturale flessibilità e capacità di comprensione dell’altro.

Pensate alla rivoluzione fatta in ambito di salute mentale e ai nuovi modelli organizzativi sperimentati. Alla necessità di continuare un percorso di lotta allo stigma e ai pregiudizi. Si sono ottenuti sinora grandi risultati. Si pensava essere impossibile chiudere i manicomi, ma è stato fatto. E oggi è veramente improbabile riuscire a riaprirli.

Attuali bisogni organizzativi

È opinione comune la necessità di lavorare con equipe multiprofessionali, per affrontare tipologie complesse di sofferenza. Queste hanno radici diverse e seguono percorsi che si intrecciano e si integrano in più punti. Ciò richiede la conoscenza di approcci diversi, sempre in modalità operative integrate.

Eppure, c’è chi difende ancora assetti organizzativi immutabili, riproponendoli così come sono stati concepiti cinquant’anni fa, ma in contesti completamente diversi. Chi fa ancora questo non produce un buon servizio alla comunità, non comprende che, di fatto, si limita a svolgere un’azione conservatrice fuori dal tempo.

È possibile pensare nel 2022, epoca di progettazioni avanzate di nuovi modelli organizzativi (come quelli indicati nel PNRR) ad una psichiatria ancora separata dal resto della sanità territoriale?

È possibile pensare ancora alla sterile contrapposizione ospedale/territorio, senza capire che entrambi i contesti vanno riformati?

Abbiamo bisogno di un territorio che si integra con una forma nuova di ospedale. Diffuso e che includa strutturalmente la domiciliarità come sua stessa parte fortemente coesa.

In questa ottica guardiamo oggi a infermieri di comunità, tecnici della riabilitazione e tanti, tantissimi, nuovi profili assistenziali, che l’università sta finalmente iniziando a formare. Essi sono indispensabili per perseguire credibili obiettivi assistenziali. Ognuno di questi, ha un grande valore nel difficile percorso terapeutico. Il mondo, come le conoscenze, vanno avanti e bisogna percorrere questa strada con il coraggio della ricerca e non con occhi rivolti ancora al passato.

Molti dei pericoli paventati per anni non esistono più, nemmeno nelle intenzioni dei loro antichi propugnatori. Nessuno oggi potrebbe realisticamente concepire, senza subire una sorta di gogna culturale da parte dell’intera comunità scientifica, una qualche forma di riapertura di grandi strutture asilari. Lo erano i manicomi ma quello sono oggi le carceri e le strutture di accoglienza per immigrati, ma anche quelle per portatori di patologie croniche. Quelle patologie vissute come socialmente inquietanti. Siamo consapevoli che quel passato non è riproponibile.

Il mito di Ulisse e l’attesa di Telemaco

Lo sterminio dei pretendenti. Cratere a figure rosse, ca. 330 a.C., Louvre (CA 7124)

Telemaco, che scrutando il mare aspettando la nave del padre per affrontare i Proci che devastavano la sua casa, è oggi quel medico che rifiuta di affidarsi solo ai miracoli della psicofarmacologia. È Telemaco quel medico che esplora una conoscenza nuova e innovativa. È Telemaco colui che rivolge costantemente la sua attenzione al percorso, all’individuo, alla consapevolezza della specificità umana, e quindi anche della sua malattia.

Consapevole del valore da attribuire ad ogni individuo, portatore di una specifica esperienza di vita e quindi di malattia.

Consapevole del suo corpo e della sua fragilità.

Walter di Munzio

Bibliografia:

  1. Recalcati M. (2014) Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli, Milano.
  2. Di Munzio W. (2019 a cura di): Lineamenti di Management in Psichiatria. Riorganizzazione e rilancio dei servizi di salute mentale. Idelson-Gnocchi Editore, Napoli.
  3. Di Munzio W. (2022) Effetto Telemaco, articolo pubblicato su “Le ore di Cronache”, Salerno.
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