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Tiziano Ferro: un viaggio alla ricerca di sé stesso

Quella di Tiziano Ferro è una storia di depressione e rinascita. Un ragazzo dalla sensibilità complessa riesce ad affrontare il tunnel del dolore profondo e a trasformarlo in poesia e arte.

Latina, 1996. Vecchie immagini di un ragazzino obeso dallo sguardo impacciato e smarrito, aprono il racconto personale ed intimo di un artista che si è sempre mostrato riservato ma incline ad aprire la sua interiorità al pubblico. Una voce profonda comincia a raccontarsi in un viaggio che inizia da lontano; il racconto di un ragazzino ferito e condannato dal peso di parole scagliate con superficialità.

Il documentario di Tiziano Ferro

Uscito su Amazon Prime il 22 novembre 2020, a pochi mesi dal suo quarantesimo compleanno e in contemporanea con un nuovo album, “Accetto miracoli: l’esperienza degli altri”.

Tiziano Ferro aveva già parlato della sua depressione in diverse interviste e nel suo primo libro “Trent’anni e una chiacchierata con papà”, pubblicato nel 2010 in concomitanza con il coming out:

“Io per esempio sono un perfezionista e questo lato del mio carattere mi spinge ad isolarmi. E da qui alla depressione o alla misantropia il passo è breve. Ho scelto di parlarne per far sentire meno sole le persone che ne soffrono”.

L’artista attraversa un’adolescenza difficile, timido ed impacciato, è spesso emarginato dai compagni di classe e soffre di attacchi bulimici con conseguente sovrappeso (arriverà a pesare 111 kg).

Il problema del peso lo condiziona e lo fa sentire inadeguato, “con un dna da impopolare” come lui stesso si definisce. Si sente schiacciato dalle parole dei compagni durante l’adolescenza arrivando, come spesso accade in questi casi, ad identificarsi totalmente in esse.

Tiziano Ferro da Fabio Fazio

Nel 2019 interviene nel programma di Fabio Fazio «Che tempo che fa» contro il bullismo: “È necessario essere consapevoli quando le si scaglia contro l’animo di un adolescente troppo fragile per poter decidere o scegliere.

Le parole hanno un peso. Nella vita e sugli schermi. E, per carità, smettiamola di difenderci tirando in ballo l’ironia e il sarcasmo… E certe ferite resistono nel tempo”.

Foto di Tita Tummillo. Untitled, 2017

La musica diventa la sua salvezza, la risposta alla sofferenza e al disagio interiore. Grazie alla musica riesce a ridurre quel pesante fardello di inadeguatezza che lo fa sentire diverso dagli altri, grazie ad essa riesce a comunicare le sue emozioni e la sua sensibilità trasformandole in bellezza.

E così, cominciando con piccole esperienze e con diverse delusioni, ma non dandosi mai per vinto, nel 2001 – grazie ai produttori Alberto Salerno e Mara Maionchi conosciuti a Sanremo e che riescono a convincere la EMI a puntare su di lui – pubblica il suo primo album e il singolo “Xdono” raggiunge i vertici delle classifiche, diventando una delle hit del momento.

Tiziano Ferro viene sconvolto dal successo, nel suo diario scrive “di essere stato totalmente destabilizzato, diciamo pure traumatizzato, dalla fama improvvisa” e attraversa un periodo in cui si intensificano le condotte bulimiche e inizia anche il problema dell’alcolismo che lo affliggerà per diversi anni.

Tiziano Ferro negli anni 2000

In quegli anni che vive da “clandestino emozionale” mentre colleziona un successo dopo l’altro, la bulimia e l’alcolismo diventano le modalità per affrontare i suoi sbalzi d’umore tanto che a 23 anni, ormai famoso, afferma di sentirsi “sull’orlo di un baratro”, “con le spalle al muro”, con la sensazione di “vivere sottocoperta”, “in difetto”, “piccolo custode di un tesoro che nessuno dovrà mai scoprire”.

È difficile per lui affrontare anche con se stesso la sua omosessualità, che vive come qualcosa da nascondere o da cui fuggire percependo un costante vissuto di inadeguatezza e di colpa.

L’alcool gli permette di allontanarsi dai suoi problemi, dando sollievo momentaneo e ingannevole alla sua sofferenza ma amplificando i suoi vissuti depressivi e portandolo anche a pensieri autolesivi.

Quell’immagine di Tiziano solo a casa, con la bottiglia di vino accanto, che si sente “come in una bolla sottovuoto” è l’immagine di un uomo vero, fragile, sofferente e angosciato dalla sua omosessualità.

Omosessualità che percepisce come una grande colpa e che lo sta piano piano gettando in una spirale di autodistruzione, facendogli perdere opportunità lavorative, amicizie e salute.

La situazione gli sta sfuggendo completamente di mano e nel 2008, a 28 anni, decide di chiedere aiuto per affrontare i mostri che si porta dentro da tempo; si reca da uno psichiatra iniziando una terapia psicofarmacologica e da uno psicoterapeuta per un percorso di psicoterapia.

“Se gioco d’attacco potrebbe essere davvero l’inizio della risalita” afferma Tiziano nel suo diario. Inizia così un doloroso percorso di alti e bassi, in cui arriva a pianificare un tentativo autolesivo, ma che piano piano lo porta ad una maggiore consapevolezza emotiva e ad aumento di autostima.

L’anno del cambiamento

Nel 2010 decide che non può più nascondersi e di riordinare la sua vita. Tiziano Ferro parla, quindi, con il suo produttore discografico Fabrizio Giannini che gli fornisce un importante supporto nella sua decisione di coming out, decisione mai intrapresa da nessun artista in Italia e che di fatto poteva portarlo ad un suicidio artistico.

Per Tiziano Ferro non lo diventa, il pubblico apprezza il suo coraggio. È disarmante il suo sorriso nell’ultima parte del docufilm, in immagini che lo ritraggono a Los Angeles in una nuova vita con suo marito.

“Se tu non ami te stesso e non ami quella parte di te stesso non puoi proiettare felicità”.

Queste parole sono cariche di speranza e cambiamento, nascono da quel lungo e sofferto viaggio interiore che gli ha permesso, dopo aver fatto i conti con depressione, bulimia e alcolismo, di diventare un uomo nuovo e di costruire la vita che voleva, con coraggio, resilienza e determinazione.

Antonella Litta

Bibliografia

Ferro T., “Trent’anni e una chiacchierata con papà”; Feltrinelli editore, 2010

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