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Next Stop Rogoredo: una fermata della metropolitana o … cos’altro?

La tossicodipendenza molto spesso non è un "problema a sé stante" ma è parte integrante del più ampio "spettro bipolare dell'umore". È sempre, in ogni caso, un grave problema sociale. Next Stop Rogoredo è un libro della giornalista Micaela Palmieri che mette in luce il dramma della tossicodipendenza.

Micaela Palmieri è dal 2004 una giornalista professionista della Rai, donna di grande professionalità e grande cultura, laureata in Giurisprudenza e in Storia. Non si limita a fare solo la speaker o l’inviata del TG1, ma è attenta al mondo che la circonda e con una particolare attenzione alle problematiche sociali. Nel suo libro “Next Stop Rogoredo”, pubblicato nel 2020, affronta il tema della droga e della tossicodipendenza. Si focalizza su una zona della periferia di Milano (Rogoredo), non molto distante dal centro storico del capoluogo lombardo.

È stato più volte da noi ribadito che i disturbi dell´umore possono spesso indurre abuso di sostanze già come tentativo di automedicazione. L´abuso di sostanze (tossicodipendenza) come alcool, hashish, cocaina, cannabinoidi, etc., può a sua volta causare depressione, disforia, ansia e la cosiddetta “sindrome amotivazionale” (perdita di motivazione a vivere).

Il concomitante abuso di sostanze con i disturbi dell´umore può inoltre rendere questi ultimi resistenti ai trattamenti e comportare una prognosi peggiore (Rihmer Z, Akiskal H, et al, 2010; Tavormina G, 2016).

Breve intervista a Micaela Palmieri

Parlare di tossicodipendenza significa trattare due argomenti in uno: il disturbo dell’umore e l’abuso di sostanze, spesso sovrapposti e in comorbidità.

Nel presente articolo ho pensato di intervistare l’Autrice di “Next Stop Rogoredo”, la giornalista Micaela Palmieri, chiedendole di presentare il suo libro e di descriverlo. Si sono invertiti i ruoli: la giornalista diventa adesso l’intervistata…

GT – Gent.ma Micaela, quando è nata, e perché, l’idea di scrivere questo libro?

MP L’idea di scrivere Next Stop Rogoredo è nata dall’indifferenza. Nei miei tanti viaggi tra Roma e Milano in treno mi sono accorta, nel tempo, di quanto riuscisse a passare inosservato un dramma come quello del bosco della droga, che si trovava a pochi metri da una delle stazioni ferroviarie più battute di Milano. Allora ho pensato che sarebbe stato mio dovere raccontarlo, vederlo, viverlo attraverso gli occhi di quei 1000-1300 ragazzi che ogni giorno vagavano come zombie alla ricerca dell’eroina. Così ho fatto.

La prima volta che sono entrata nel bosco di Rogoredo mi sono trovata di fronte la sconfitta dell’essere umano. Non credo sia ammissibile che ragazzini, alcuni poco più che bambini, si devastino la vita assumendo eroina per 2,3,4 euro nel silenzio generale, abbandonati in una terra di nessuno, dimenticati tra l’orrore e la noncuranza. Con il tempo, l’intervento di una task force di Istituzioni, forze dell’ordine e volontariato e spero anche grazie a un mio minimo apporto, la situazione è cambiata.

Il bosco di Rogoredo adesso è molto diverso ma il problema della droga, della solitudine, della lacerazione delle anime di tanti ragazzi c’è sempre, è ovunque, e non deve essere sottovalutato. Ci vuole coraggio, certo, per non chiudere gli occhi, per non girare la testa dall’altra parte. Il bosco della droga di Rogoredo era un luogo di morte, di pericolo, di distruzione delle vite di persone che non erano più persone.

Una volta al mio amico volontario che mi ha sempre accompagnato a Rogoredo, come un vero angelo custode, ho chiesto: ma dove trovi il coraggio di entrare in un luogo infestato dallo spaccio e dalla delinquenza in cui la vita vale meno di zero? E lui mi ha risposto semplicemente: io il coraggio lo trovo sempre nella paura.  

Next Stop Rogoredo

GTCi potrebbe descrivere il libro? Come è strutturato e come ha gradito impostarne il racconto?

MP – Il libro è il frutto di un’inchiesta che ho realizzato per il Tg1 e “UnoMattina” in circa due anni. Ho conosciuto e seguito tanti ragazzi del bosco di Rogoredo. Alcuni sono riusciti a uscire dall’inferno, altri invece ci sono rimasti dentro. Nel mio libro racconto di loro, delle loro storie di dolore.

In particolare mi sono concentrata su quella del mio protagonista, lo chiamo Carlo, un nome di fantasia. Un ragazzo cui penso tutti i giorni. Sveglio, intelligente, coraggioso ma tanto, troppo solo. Nello scrivere “Next Stop Rogoredo” questo ho riscontrato. La droga è anche un tentativo per uscire dalla solitudine, una solitudine che può essere di tanti tipi, una solitudine che non risparmia nessuno.

Nella prefazione al mio libro, il presidente di San Patrignano Rodino Dal Pozzo ha scritto che la droga è democratica e spietata. Non c’è nulla di più vero. A Rogoredo ho incontrato persone di estrazione sociale diversa, di ogni sesso, di ogni religione, di qualsiasi età. La sostanza non fa distinzioni, ti cattura e ti distrugge, ti toglie qualsiasi passione, qualsiasi desiderio, ti rende suo schiavo.

GTIl problema della tossicodipendenza è un serio problema sociale che coinvolge principalmente i giovani: a suo parere cosa dovremmo fare per migliorarne la prevenzione (famiglia, scuole, sanità, mass-media)?

MP – Io credo di poter parlare dal punto di vista dei mass-media e penso che noi giornalisti ci dovremmo mettere più attenzione. Viviamo in un mondo divorato dalla velocità. Anche nel trattare gli argomenti in tv, dove lavoro io, spesso ci si lascia travolgere dalla fretta. Una ragazza muore per overdose, un minuto di attenzione o poco più e si passa alla prossima notizia.

Io credo che sia ora di cambiare, penso che ci voglia una nuova visione, una cultura della vita, del cambiamento, della spinta propulsiva a coltivare le passioni. Forse l’unica cosa autentica che abbiamo, l’unica propensione su cui non possiamo mentire. La passione per qualcosa ci può salvare, ci può dare un obiettivo. 

GTIn quale ambito è stato maggiormente apprezzato “Next Stop Rogoredo” (scuole, sanità, mass-media)?

MP – Vado spesso nelle scuole anche grazie a progetti importanti promossi dalla Comunità di San Patrignano e noto che l’interesse c’è, la volontà di sapere e di capire anche tra i giovanissimi esiste. È una battaglia e a volte la via più facile sembra essere quella di far finta di non vedere e forse è proprio in quel momento che noi giornalisti dobbiamo intervenire per raccontare. Concepisco solo questo modo di fare il mio lavoro, aiutando le persone che non hanno voce.

GTPrima ha detto: “la passione per qualcosa ci può salvare”. Parafrasando Dostoevskij (“La bellezza salverà il mondo”), potremmo dire che spingere i giovani a vivere una sana passione potrebbe essere una via di salvezza, soprattutto per coloro che vivono soli e senza la presenza di una famiglia valida. È d’accordo?

MP – Penso che le passioni siano un antidoto e possano strapparci al buio. Tanti ragazzi con cui ho parlato a Rogoredo le avevano sostituite con le sostanze per “sballarsi”, per non pensare, per proiettarsi in un mondo in cui non esiste nulla. Ogni città ha il suo bosco della droga, alcune anche più di uno. Rogoredo è anche una metafora: un luogo in cui relegare gli ultimi, le persone più fragili, forse per non guardarle. Potremmo vedere il nostro fallimento dentro la loro sofferenza.

Riflessioni conclusive

Queste ultime parole della giornalista Micaela Palmieri celano un fondo di verità: una società in senso ampio del termine (una società civile, una famiglia) “fallisce” quando le persone più fragili, o ammalate, vengono trascurate o quanto meno non sostenute da un adeguato supporto, da un’adeguata cura. Sarà compito di noi tutti, in primis i professionisti della salute, contribuire a tale supporto formativo e informativo a favore dei fragili e degli ammalati.

Giuseppe Tavormina

www.dottortavormina.it

Bibliografia

  • Palmieri M – Next Stop Rogoredo, 2020; Baldini e Castoldi Ed.
  • Rihmer Z, Akiskal HS, et al. Current research on affective temperaments. Current Opinion in Psychiatry 2010; 23: 12-18.
  • Tavormina G – “An approach to treat bipolar disorders mixed states”. Psychiatria Danubina, 2016; 28: supp 1: 9-12.
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