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La Melancolia nell’antica Grecia

La melancolia, o attuale malinconia e depressione, per gli antichi greci era causata da un eccesso di bile nera, atrabile, nel cervello, secondo la teoria ippocratica dei quattro umori corporei.

Nella medicina greca classica, fondata sulla teoria degli umori di Ippocrate (IV-V secolo a. C.) la melancolia o bile nera era uno dei quattro umori del corpo e la sua sede era nella milza. Gli altri umori erano il sangue, la flemma e la bile gialla che si trovavano normalmente nel cuore, nel cervello e nel fegato. La salute o la malattia dipendevano dalla interrelazione e dall’armonia buona o cattiva degli stessi.

Un eccesso o deficit dell’uno sugli altri era la causa della sofferenza, che protratta nel tempo causava la malattia. Un concetto fisiopatologico molto simile all’attuale medicina e psichiatria biologica, basata sull’ipotesi organica della malattia mentale: riduzione, aumento o disfunzione dei mediatori chimici cerebrali. Gli antichi greci che formularono il famoso principio «mente sana in un corpo sano», condividevano il nostro principio fisiologico, secondo il quale una mente malata riflette un corpo non sano.

La salute del corpo e dell’anima sono comparabili e strettamente correlate nella “Fisica” di Aristotele (246b 4-6): <<Le virtù del corpo, da un lato, così come la salute ed il benessere, risiedono […] nella miscela di una corretta relazione tra il caldo ed il freddo, sia su relazione reciproca interna, sia relativa all’ambiente medio>>.

Pertanto le malattie mentali sono in qualche modo connesse ad una disfunzione fisica.

La dottrina degli umori

La melancolia (mélaina cholé) nasce in Grecia e la dottrina degli umori diviene quella dei temperamenti. Secondo gli antichi greci la prevalenza di un umore può essere momentanea, permanente o prevalente e caratterizzare il comportamento, la costituzione della persona o causare la malattia. Tutto era dipendente dalla quantità e dal tempo dell’umore prevalente. La salute psicofisica era garantita da un giusto equilibrio umorale, che poteva essere alterato dal caldo e dal freddo. Il prevalere di un umore può causare una malattia passeggera o determinare una costituzione permanente della persona.

Aristotele e la melancolia

 “Il Problema XXX,1, attribuito ad Aristotele, ma riconducibile piuttosto al suo allievo Teofrasto, è considerato da alcuni come una vera monografia sulla bile nera. L’antico testo inizia con questa domanda:<<Perché tutti gli uomini straordinari sono melancolici?>>. L’autore porta avanti la tesi che tutti gli uomini eccezionali hanno un temperamento malinconico, con una prevalenza di bile nera fredda e umida nel cervello ed in armonia con gli altri umori.

Aristotele confronta gli effetti della bile nera con quelli del vino: <<Ora come un individuo che sta bevendo muta il suo carattere a seconda della quantità di vino che consuma, così c’è per ogni carattere una classe di persone che lo rappresenta… il vino rende anormale un uomo non per lungo tempo, ma solo per poco, però la costituzione naturale di un uomo lo rende tale permanentemente per tutta la durata della sua vita>>. Ed inoltre, a proposito del carattere: <<il temperamento malinconico, così come provoca malattie con sintomi molto diversi, è in sé stesso variabile, dato che come l’acqua è a volte freddo e a volte caldo>>. (Aristotele)

La bile nera per Aristotele è una miscela molto instabile e sensibile ai cambiamenti di temperatura caldo e freddo e determina costituzionalmente i temperamenti umani. Se la bile nera è prevalentemente fredda si hanno tipi deboli e sonnolenti, se è invece calda si hanno persone vivaci e facilmente eccitabili.

Le persone eccezionali per Aristotele

Il pensiero aristotelico parla di individui eccezionali le cui passioni, istinti, sentimenti sono più forti e violenti degli uomini comuni, ma che riescono tuttavia a ricavare un equilibrio dall’eccesso, causato dalla bile nera. Questi uomini eccezionali si distinguono per le loro doti intellettuali, artistiche e fisiche, essi sono i melancolici moderati. In loro è presente un mescolamento ottimale ed armonico tra bile calda e fredda. La melancolia, invece nella sua forma di malattia, si manifesta quando vi è una caduta agli estremi dell’umore, nel passaggio dall’equilibrato all’eccessivo, come nel caso della mania o della profonda depressione ed apatia. In sostanza il confine tra salute e malattia, e genio e follia, è molto sottile. Pertanto la melancolia, pur essendo una malattia, è anche una delle condizioni umorali del genio.

Alla melancolia venivano pertanto attribuiti tante patologie dell’umore e che nella moderna psichiatria potrebbero essere diagnosticate come Depressione Maggiore, Distimia, Mania, Disturbo Bipolare. Un po’ antesignana dei Disturbi dello Spettro dell’Umore, che vanno dalla depressione alla euforia e una loro contemporanea presenza degli Stati Misti. Essi ricordano molto la melancolia agitata.

Ippocrate e la melancolia

La melancolia non è solo chiamata in causa da Aristotele per i disturbi dell’umore. Empedocle la descriveva come un effetto dell’eccesso di bile nera (Jackson SW,1990). Nell’Aforismo 23o del libro VI degli Aforismi di Ippocrate si legge: <<Se la tristezza (dysthymia) ed il pianto durano per molto tempo, questo stato è melancolico>>. Si può intendere pertanto che lo stato di malessere derivi dalla bile nera e dalla melancolia.

Ippocrate individuò nel cervello la sede dei sentimenti, del pensiero e dell’infermità mentale: «il cervello non è sano, diventa più caldo o più freddo, più secco o più umido del normale». Secondo Ippocrate, le cause interne ed esterne, dopo «un lungo affaticamento dell’anima», si combinavano sino a determinare la melancolia. L’eccesso di bile nera, fredda e secca, alterava l’equilibrio ideale con gli altri tre umori (Roccatagliata G, 1973).

Lo squilibrio poteva essere dipendente da cause interne e pertanto le persone erano predisposte per nascita, o essere legato da cause esterne, per traumi. Ippocrate associava l’atrabile o bile nera all’autunno. Essa nel suo squilibrio provocava «tristezza, ansia, abbattimento morale, tendenza al suicidio» e «avversione per il cibo, scoraggiamento, insonnia e inquietudine» con «paura incessante».

La cura

Ippocrate considerando l’eccesso di bile nera come un’azione tossica per l’uomo, curava la melancolia con elloboro nero e mandragola, due erbe purgative e stimolanti il vomito. Inoltre consigliava una adeguata dieta alimentare e una regolare attività sessuale (Solomon A, 2013).

Socrate e Platone presero le distanze dalle teorie organiche di Ippocrate. Per loro le indisposizioni lievi potevano essere trattate dai medici, i disturbi più profondi dovevano essere di competenza dei filosofi (Bennett S, 1980). Platone teorizzò il modello dello sviluppo della psiche e affermò che l’infanzia può condizionare la personalità dell’uomo adulto. La famiglia può determinare, nel bene o nel male, gli atteggiamenti politici e sociali durante la sua vita. Il suo modello di psiche dell’uomo adulto, composta dall’interazione tra ragione, eros e spirito, ricorda molto da vicino quello freudiano.

Riflessioni

Possiamo dire che Ippocrate, padre della moderna medicina, può essere visto come un precursore della psichiatria biologica. Egli valuta i sintomi, fa la diagnosi e propone terapie finalizzate al riequilibrio della bile nera nella melancolia, quasi come gli psichiatri moderni fanno con gli antidepressivi. Platone, di contro, rifiutando l’aspetto organico e con il suo modello dinamico della malattia pone le basi per la moderna cura psicoterapeutica.

Maurilio Tavormina

Bibliografia

  1. Aristotele “Fisica” a cura di Roberto Radice, Ed. Bompiani, Milano, 2011
  2. Aristotele “PROBLEMA XXX, 1 Perché tutti gli uomini straordinari sono melancolici” a cura di Bruno Centrone, Edizioni ETS, 2018
  3. Bennett Simon, Mind and Madness in Ancient Greece, The Classical Roots of Modern Psychiatry, Cornell Univ Pr, 1980
  4. Solomon Andrew “Il Demone di Mezzogiorno”, Mondadori, 2013
  5. Jackson, S.W “Melancholia and Depression: From Hippocratic Times to Modern Times” Yale University Press, 1990
  6. Roccatagliata G “Storia della psichiatria antica” Hoepli, 1973
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