Introduzione
Il tema della paura è un tema antico ma quanto mai attuale. La paura è una emozione basica che ha accompagnato l’uomo sin dagli albori dell’umanità. È una emozione fondamentale dal punto di vista antropologico, psicologico, sociale svolgendo un ruolo cruciale nella sopravvivenza e nell’evoluzione dell’essere umano. Questo articolo prende spunto da un intervento di mio marito, prof. Marcello Nardini, del 16 novembre 2007, in qualche convegno di cui non ricordo nulla. Marcello Nardini è stato professore Ordinario di Psichiatria dell’Università degli studi di Bari. Io l’ho trovato spulciando nel suo laptop. E mi sembra interessante riproporlo con le sue parole e come lui l’aveva costruito.
La paura e l’insicurezza
«Il termine “paura” riempie nella contemporaneità le pagine dei giornali e dei mezzi di comunicazione ed in qualche maniera determina i comportamenti di tutta una società. Da quelli individuali a quelli sociali e politici nonché collettivi. Almeno è questa la nostra lettura e la proponiamo. Una riflessione clinica e sociologica sul tema della “paura” e della “insicurezza” ci sembra in primo piano e fondante per la riorganizzazione individuale e sociale. Riorganizzazione che si rende necessaria di fronte ai profondi cambiamenti che il “mondo contemporaneo” si trova necessariamente ad affrontare. Intendo svilupparlo unendo alla mia alcune “voci”, fra le molte che hanno colpito ed impressionato le nostre menti ed i nostri animi» (Nardini, 2007).
Qui il prof. Marcello Nardini si riferisce ad alcune testimoniante che ha voluto portare all’interno della relazione. Quella di Renzo Piano, architetto, quella di Ilvo Diamanti, sociologo, di Loris Campetti, giornalista. E infine Arturo, una persona che si racconta e racconta. E ci narra di una paura diversa.
La paura e il coraggio di non mollare
«La paura è un sentimento basico della società e della umanità del presente, nel suo cammino per il passaggio dalla modernità alla post-modernità. Ricorrendo al linguaggio della metafora si trova nella stessa situazione di Ulisse nel passaggio fra Scilla e Cariddi. Il mare cominciò ad incresparsi, le onde diventavano sempre più alte ed irregolari. Il cielo divenne meno limpido e si perse l’orizzonte e la navigazione non era più regolare e quieta, diventava, forse improvvisamente, tumultuosa e perigliosa. Ulisse ed il suo equipaggio si disorientarono, persero l’orizzonte, si sentirono inquieti e sperimentarono allora sicuramente la paura, la paura del dopo.
Non potevano tornare indietro, l’unica via aperta per loro era navigare nel mare tumultuoso, governare la barca ed il mare. E andare incontro ad un dopo che sicuramente appariva loro come ignoto, pieno di fantasmi e di pericoli, forse somigliava al nulla. Non avevano scelta, dovevano remare e governare il vento ed il mare. Andando incontro all’ignoto, trovarono il nuovo, e ripresero il loro progetto di vita, dell’andare attraverso il periglioso viaggio del ritorno» (Nardini, 2007).
“Il mio grattacelo? Ecco perché fa paura”
In una intervista su La Repubblica del 14 novembre 2007 Renzo Piano così parla della paura. «Torniamo alle ultime pagine del Grande Gatsby, all’immagine della vita come di una barca destinata a remare sempre contro la corrente e la voglia di lasciarsi portare indietro. Peccato che tornare indietro non si possa. Si può soltanto andare nel futuro. Prima o poi, presto o tardi. A volte con molto sforzo, troppo tardi» […]
«Ho l’impressione, sempre più spesso, quando torno in Italia, che siamo diventati un paese prigioniero delle paure. E la prima è quella del futuro. Declinata in varie forme. Fanno paura la società multietnica, i cambiamenti sociali, le scoperte scientifiche, sempre rappresentate come pericoli, la contemporaneità in generale. Si fa strada, persino nei giovani, la nostalgia di un passato molto idealizzato» (Piano, 2007).
La paura
Da una intervista di Ilvo Diamanti La Repubblica, 4 luglio 2007. «L’insicurezza è un sentimento diffuso, che riflette preoccupazioni concrete; ma anche una inquietudine più indefinita. Dove le paure e la Paura coesistono, senza coincidere. Le paure: riferite a minacce concrete, le puoi affrontare. La Paura no. Perché è spaesamento interiore. Perdita di orizzonte. […] Noi temiamo ciò che non conosciamo e che è distante da noi, assai più di quel che incontriamo direttamente. Però, l’incertezza si sta insinuando nel nostro mondo di vita. Intorno a noi. Dentro di noi stessi. Stentiamo, cioè, a trovare un rifugio, nel quale sentirci protetti. Ciascuno di noi, insieme alla propria famiglia, assediato e al tempo stesso prigioniero del mondo esterno. Delle nostre paure e della paura. Ciascuno chiuso in casa. Le porte e le finestre blindate.
Fuori dalle mura domestiche, dalla cerchia familiare e amicale l’ambiente è considerato estraneo. Affollato da “stranieri”. Gli immigrati, […] sono un pericolo. Ma non solo loro. Perché, ai nostri occhi, è “straniera” la gente comune. Le persone che frequentiamo. […] L’intensità della paura e delle preoccupazioni cresce insieme al rarefarsi dei legami sociali. […] L’assenza di orizzonte, di futuro, isola le persone nel loro immediato. E ne alimenta il disorientamento».
Io ho paura
Ecco un estratto di un testo di Loris Campetti, pubblicato su Il manifesto il 13 luglio 2005. «Io ho paura. Ho paura che tra il massacro di Falluja e quello di Londra ci sia un nesso. Io ho paura di chi massacra la popolazione civile in Iraq, con le bombe o le autobomba. Ho paura di chi massacra i civili a New York, a Madrid, a Londra. O a Kabul. Ho paura di chi uccide e si uccide in nome di un dio ma ho paura anche di chi dice di farlo in nome del suo dio ma lo fa in nome del danaro o del petrolio. O per esportare la democrazia, la sua democrazia. […]
Ho paura che per un palestinese nato in un campo profughi la speranza e la gioia siano sentimenti sconosciuti. Temo che il filo che divide la vita dalla morte, per lui sia troppo sottile. […] Io ho paura di chi dice che il nemico economico ha il muso giallo e il nemico sociale o religioso ha il muso nero, o la barba lunga, o il velo. Ho paura di chi ha la barba lunga o il velo e pensa che io sia il suo nemico. […] Soprattutto, ho paura di chi non ha paura o dice di non averne […]» (Campetti, 2005).
“Il prof. Marcello Nardini, psichiatra”, foto di Immacolata d’Errico
Il paziente Arturo
Una persona che si racconta e racconta. È un paziente di mio marito? Non lo so. Sicuramente è uno pseudonimo. Il brano sembra una testimonianza narrativa intensa, molto umana, di un’esperienza psicotica paranoide. Il tono è drammatico, lucido nel suo delirio e profondamente disturbato da vissuti persecutori e trasformativi. Qui la paura descritta non è una paura qualsiasi. È la paura psicotica, qualitativamente diversa dalla paura nevrotica o dall’ansia. È una paura totalizzante, assoluta, che invade e trasforma la realtà.
Tutto può diventare minaccioso. Il mondo intero è percepito come profondamente cambiato, deformato, animato da intenzioni ostili. Non c’è rifugio, nemmeno nei luoghi “sicuri” come casa o lavoro. Non è solo paura di qualcosa. È paura che accada qualcosa a sé stessi. È una paura che dissolve l’identità. Il soggetto perde il confine tra sé e il mondo, tra dentro e fuori e poi si organizza in delirio. Il paziente ne è consapevole, almeno in parte, e tenta di contenerla, di “non farsi notare”, come dice il protagonista: “non voglio sembrare strano, me ne vergogno”. Questo dimostra che permane ancora un po’ di lucidità tipico delle psicosi in fase iniziale o parziale.
Paura e delirio
«Sono spaventato perché sono sicuro che insieme alla gente comune – quella che incontro ogni giorno nei percorsi miei soliti – ci sono soggetti, e questo accade da più di due anni, donne e uomini giovani e spesso anche anziani che si mimetizzano e hanno un atteggiamento che mi allarma; questo succede nei percorsi miei soliti. Quando passo fra loro mi sento profondamente strano come disorientato; è come se stessi per trasformarmi e sparire! Non può essere una cosa normale, non riesco a trovare spiegazione a quello che accade in me e fuori di me!
Percepisco che sta per succedere qualche cosa di drammatico, potrebbero annullarmi e distruggermi in quel preciso momento, oppure è un piano molto più sottile e subdolo. Fanno di tutto per logorarmi, esaurire completamente le mie capacità di reazione. Una paura folle mi assale e comincio a correre – ma non troppo perché non se ne debbono accorgere – fino al mio posto di lavoro: non voglio sembrare strano, me ne vergogno! Appena dentro, dopo che la porta si è chiusa alle mie spalle, la paura si calma un poco, ma continuo a sentire nella mia mente ancora l’eco di quello che stava succedendo in strada in mezzo alla gente: è come se continuasse!
Costruzione delirante e complotto
Ho pensato di averla scampata bella, ma non mi sono rasserenato! Qualche cosa di strano poteva succedere anche dentro al lavoro, non di tutti mi fidavo, ogni tanto mi sentivo strano e vedevo gli altri strani. Forse anche dentro il luogo di lavoro stava cambiando qualche cosa … un qualche cosa che temevo ma non capivo. E cominciavo ad avere paura anche sul lavoro. Poi dovevo tornare a casa, e cominciava l’incubo della notte piena di rumori, normali che mi sembravano strani, erano strani, mai sentiti prima. E la paura saliva fino ad essere intollerabile ed allora urlavo … e per qualche momento … quei rumori cessavano, il silenzio diventava irreale ….
Poi i rumori riprendevano, piano piano, ma sempre più insistenti. È pazzesco … non so più come fare! Ho paura! Vivo nella paura! Non voglio credere che il mondo mi abbia preso di mira, ma il dubbio mi è ormai entrato nella testa; non capisco per quale motivo ma forse si sta organizzando una congiura! È questa forse l’unica spiegazione possibile; non voglio crederci …. ma alla fine dovrò arrendermi all’evidenza».
Conclusione
La paura è, di per sé, un’emozione basica. Ci protegge, ci tiene in allerta. È sempre un segnale. Quando perde, però, la connessione con la realtà oppure quando diventa eccessiva, pervasiva, può paralizzare, disgregare e diventare pericolosa per la nostra salute psichica. Come nel caso di Arturo, dove non è più solo un’emozione. Riconoscerla, ascoltarla e intervenire precocemente può fare la differenza tra smarrirsi e ritrovarsi. Tra salute e malattia.
Immacolata d’Errico
Riferimenti bibliografici
- Campetti L: “Io ho paura”. Il manifesto, il 13 luglio 2005.
- Diamanti I. La Repubblica, 4 luglio 2007, intervista
- Piano R: “Il mio grattacelo? Ecco perché fa paura”. La Repubblica, 14 Novembre 2007, intervista.
Foto: “Prof. Marcello Nardini”, foto di Immacolata d’Errico