Sempre più frequentemente la depressione viene definita come un male “moderno”, frutto dei cambiamenti sociali del periodo storico così particolare che viviamo. Lo è rispetto all’enorme diffusione che ha avuto nell’ultimo secolo, anche poi se la depressione come fenomeno non è certo nuovo.
Ciò che c’è di nuovo è il numero di persone colpite da quello che è stato tante volte definito il “male oscuro”. E oscure sono le vie di chi si trova a combattere con questa malattia; anche se, come vedremo, è certamente possibile ritrovare quella luce che possa guidare la persona sofferente verso strade alternative, come quelle che conducono alla guarigione.
La storia ci testimonia di numerosi personaggi di rilievo che hanno sofferto di Depressione nel corso della loro vita. Da Abraham Lincoln a Edgar Allan Poe fino a Leone Tolstoj. Sembra quasi dirci che la predisposizione a questa malattia abbia a che fare con un certo tipo di sensibilità. Non è affatto detto che la vita si debba consumare ripiegata su sé stessa. Si può sempre trovare una possibilità, un nucleo generatore da cui poter ripartire.
Senso di inferiorità, sensazione di essere insignificante, di non contare nulla, umore depresso, abulia, malesseri fisici, apatia, astenia, calo del desiderio, irritabilità, sono alcuni dei più evidenti sintomi di depressione.
Sembra che il tempo si cristallizzi in un eterno presente di sofferenza, che inghiotte, senza alcuna possibilità di redenzione il passato. Esso è riletto secondo la tristezza del presente e inghiotte il futuro, delineando un oscuramento della speranza e non lasciando posto ad alcuna progettualità.
La psicoterapia nella Depressione
È in questo senso che la psicoterapia rappresenta la possibilità di illuminare un tratto di quel sentiero oscuro che ha paralizzato la persona. Essa è in una stasi emotiva e di azione, spesso tra le mura della propria casa o della propria camera. I sintomi depressivi sono il segno di qualcosa che è accaduto e ha lasciato alla persona colpita la sensazione di cadere nel vuoto, senza appigli. L’incontro con un terapeuta e con la parola veicolata in seduta può rappresentare una nuova possibilità di trovare, mani pronte a sostenere il soggetto. Essa evita che si ricada in un vuoto così terribile, privo di affetto e d’amore.
Accade spesso che il punto di divisione, tra un “prima”, in cui il soggetto conduce un’esistenza cosiddetta normale e un “dopo”, in cui la Depressione governa e trascina l’intera vita, sia causato da un’esperienza d’amore finita male. E più in generale da una perdita o da una separazione, vissuta con un senso di estremo abbandono e senza alcuna elaborazione del lutto.
L’effetto dell’abbandono può essere devastante e condurre la persona verso uno stato di sconforto. E’ tale che non le consente nemmeno di mangiare e dormire con regolarità e rafforza in lei sentimenti d’inferiorità.
Il lamento della persona depressa è un vero e proprio grido d’aiuto. Anche se manifestato con una voce debole e a malapena udibile, anche se a volte muto e costretto a passare all’azione per farsi ascoltare. Una richiesta rivolta al mondo perché qualcuno dia segno della sua presenza, perché un interlocutore possa garantire quella comunicazione rivitalizzante che è il presupposto dell’esistenza.
L’accudimento
Dalla nascita e per tutti gli anni a venire, lo sguardo, la voce e l’accudimento di chi si prende cura dell’altro, permettono al piccolo umano di diventare un soggetto in grado poi di prendersi cura di sé. Nelle risposte dell’altro esiste la conferma di ciò che proviamo, che sentiamo e di ciò che siamo. Per questo la terapia diventa una preziosa risorsa nella cura della depressione. Lo diventa nella misura in cui, nella parola che si libera in seduta si riaccende la scintilla che porta alla vita. Il dolore portato in seduta può essere alleviato dalla parola del terapeuta. Può riconsegnare alla persona sofferente la possibilità di parlare senza ricadere nel vuoto di una solitudine esistenziale. Così il dire e l’atto stesso del parlare rimettono in circolo un desiderio che si era anch’esso ripiegato su sé stesso, come la persona che l’aveva perso.
La vita è certamente fatta anche di perdite e di separazioni, che a volte si presentano come veri abbandoni. Il problema è proprio questo. Il soggetto non ha potuto imparare a separarsi da un altro, il quale spesso non è stato particolarmente benevolo, anche se guidato dalle migliori intenzioni.
Così la psicoterapia rappresenta la possibilità di apprendere il difficile lavoro di elaborazione del lutto e dei fatti spiacevoli della vita, qualsiasi essi siano.
Il soggetto può, accompagnato dal terapeuta, stretto in quelle mani di cui dicevamo prima, prendere atto di quello che è accaduto. Può trovare in questa nuova consapevolezza quella spinta meravigliosa e potente verso l’autorealizzazione, che, come ci ricorda Carl Rogers, è innata nell’essere umano.
Leonardo Mendolicchio
Bibliografia
Sigmund Freud: Lutto e melanconia (in Metapsicologia), Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Caducità, in Opere, 1915-1917, vol. VIII, Boringhieri, Torino 1976.