I primi centri di consulenza giovanili
Nel 1923, a Berlino, il dott. Hugo Sauer pubblicò i risultati positivi della diffusione dei suoi centri di consulenza giovanili, per giovani bisognosi di aiuto psicologico e morale. In tali centri si affrontavano problematiche familiari, situazioni di depressione e casi di tentati suicidi. La consulenza era gratuita e venivano assicurati sia l’anonimato che la massima discrezione.
Hugo Sauer non era uno psichiatra, né uno psicoanalista, ma un direttore d’archivio della Dresdner Bank di Berlino, di cui si hanno ben poche notizie. Non si è a conoscenza delle motivazioni che lo avevano spinto a intraprendere la creazione di tali innovative istituzioni. Si sa che sin dal 1914 aveva iniziato a divulgare le sue idee e che la sua opera meritoria avrebbe aperto la strada a grandi ed efficaci similari iniziative in varie zone d’Europa.
Un giovane viennese di origini ebraiche, brillante studente in medicina, Viktor E. Frankl (fondatore della terza scuola viennese di psicoanalisi), fu tra coloro che apprezzarono profondamente l’iniziativa.
Appena ventunenne, membro della società di psicologia individuale fondata da Alfred Adler, era molto sensibile e attento al diffuso disagio giovanile del suo tempo.
La fine di un’epoca
La fine dell’Impero austro-ungarico, avvenuta nella Prima guerra mondiale nel 1918, non rappresentò per l’Austria soltanto un ridimensionamento territoriale, ma la fine di un’epoca. La disgregazione fu anche morale ed esistenziale, Difficoltà economiche, psicologiche e sociali si rifletterono sulle esistenze dei singoli individui, anziani, adulti e giovani, e nell’intimità delle loro vite.
Il senso di sicurezza procurato nei suoi abitanti dalla grandezza dell’Impero asburgico scomparve con la sua fine. Insieme alla grandezza, scomparve anche il conforto delle “piccole e familiari cose” e la rassicurazione di appartenere a un mondo noto e amico. Sopraggiunse al suo posto un forte senso di spaesamento e di crisi. Né furono trascurabili le conseguenze durature della Prima guerra mondiale sulla psiche, sulla salute fisica, sul lavoro. Il numero dei suicidi fra i giovani iniziò ad aumentare in modo impressionante, come rilevato dai quotidiani e dalle statistiche dell’epoca.
L’ideazione dei centri di consulenza a Vienna
Nel solo primo trimestre del 1926 si verificarono a Vienna 20 casi di suicidio. Il giovane V.E. Frankl decise di rimboccarsi le maniche e di passare all’azione, prendendo ispirazione dall’iniziativa di Hugo Sauer. Egli era convinto che se i giovani avessero conosciuto qualcuno con cui parlare in piena fiducia, non sarebbero ricorsi al suicidio. Avrebbero evitato l’utilizzo di sostanze, la prostituzione o la fuga da casa. “Se riusciremo a conquistarci la fiducia dei giovani, potremo evitare che tentino il suicidio o che vengano coinvolti in casi giudiziari.” “La colpa sarebbe di tutti noi se non pensassimo di intervenire con un aiuto costruttivo.”
Di fronte a un mondo caratterizzato dalla paura, dallo scoraggiamento e dal vuoto avvolgente, egli avrebbe cercato con tutte le sue forze di aiutare i giovani. Lo scopo era quello di far ritrovare loro il valore della vita, in quanto, nonostante tutto, essa ha sempre un senso. “Nessun ragazzo deve soffrire dal punto di vista psicologico senza sapere che c’è qualcuno che gli sta accanto” (V. E. Frankl). Frankl non avrebbe mai smesso di evidenziare il carattere preventivo, oltre che curativo, dell’istituzione dei centridi consulenza giovanili.
La nascita dei centri
Comprendendo come fosse necessario agire attraverso la stampa per creare interesse attorno al suo progetto, Frankl la utilizzò per diffondere le sue idee. Egli scrisse diversi articoli in cui portò all’attenzione del pubblico viennese il problema della gioventù austriaca, disorientata, smarrita, stanca di vivere. Riuscì nel suo intento, stabilendo contatti con organizzazioni giovanili e associazioni di genitori e insegnanti. Destò l’interesse sia delle autorità locali che di alcuni eminenti colleghi appartenenti al suo stesso movimento psicoanalitico. Nomi del calibro di Oswald Schwarz, Rudolf Allers, Otto Potzl e August Aichorn aderirono con convinzione all’iniziativa; molti altri si unirono presto. Il 1927 segnò l’inizio della fruttuosa esperienza.
Nella pratica, la consulenza avveniva in modo totalmente gratuito negli studi privati degli specialisti che avevano fornito la loro disponibilità (medici, educatori, psicologi e assistenti sociali). Talvolta la consulenza era fatta anche tramite risposta scritta alle lettere che giungevano numerose, spesso in forma anonima.
Vennero resi pubblici gli elenchi dei professionisti volontari, con relativo indirizzo e orario. Era necessario costruire sin dall’inizio un rapporto profondamente umano, da stabilirsi in un clima di massima riservatezza. Non veniva neppure richiesto di rivelare il proprio nome a chi non volesse.
Il successo dei centri di consulenza giovanili
“Come sottolinea il dott. Sauer, si dovrebbe giungere al punto che i centri di consulenza giovanili godano della stessa popolarità dei vigili del fuoco e delle organizzazioni di soccorso. E che il loro nome venga subito alla mente nelle più diverse situazioni di disagio, così come si chiamano i vigili del fuoco o il soccorso stradale in caso di incidente o di incendio” (V. E. Frankl).
E così avvenne. Già nei primi mesi dell’esistenza dei centri di consulenza giovanili, circa 300 giovani fra i 16 e i 24 anni vi si rivolsero. Di essi, un terzo aveva tentativi di suicidio alle spalle. Solo in un anno gli utenti divennero 1.500, di cui 900 trattati personalmente dallo stesso Frankl, con un totale di 5.000 visite.
L’esperienza durò in totale 5 anni. A Vienna i suicidi e i tentativi di suicidio iniziarono a diminuire già dopo un anno di attività dei centri di consulenza giovanili. Nell’estate del 1931, per la prima volta, nessuna comunicazione di suicidi era presente sui giornali. Un capo-redattore così scriveva: “L’aver iniziato questa attività di consulenza per i giovani in difficoltà è stata una felicissima idea del dott. Frankl, fondatore e responsabile diretto del centro viennese di consulenza.”.
Migliaia di giovani ricevettero l’aiuto di cui avevano bisogno e un numero indefinito di suicidi non avvenne. “Il nevrotico non può essere felice, perché non è affezionato alla vita, la disprezza, la scredita, la odia. Compito dello psicoterapeuta allora è quello di restituirgli in pienezza l’amore per la vita e per la comunità. Perché la via che conduce alla felicità, alla soddisfazione, alla beatitudo, passa attraverso il senso di comunità e il coraggio di vivere” (V. E. Frankl).
Dominique Tavormina
Bibliografia
- Viktor E. Frankl: Le radici della logoterapia – Scritti giovanili. LAS, Roma, 2000;
- Viktor E. Frankl: Ciò che non è scritto nei miei libri. Appunti autobiografici sulla vita come compito – Franco Angeli, Milano, 2018;
- Viktor Frankl: L’uomo in cerca di senso – Franco Angeli, Milano, 2017.
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