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Ludopatia: la pandemia del nostro tempo

La ludopatia è una malattia psichiatrica che si insinua tra le persone e si diffonde come una vera epidemia. Si inizia col giocare per diletto e si diventa nel tempo dipendenti, come per altre tossicodipendenze.

Nuove epidemie corrono silenziose nel ventre di una società sempre più smarrita. A diffondersi questa volta non sono virus ma condotte altamente nocive. Fonte di dolore e sofferenza, capaci di rovinare la vita di chi viene infettato. Sto parlando della ludopatia. Del gioco di azzardo.

Il problema della ludopatia

La ludopatia è la dipendenza che si sviluppa riguardo a condotte che spingono a scommettere e/o giocare in vista di una possibile vincita.

La ludopatia è la nuova silenziosa pandemia dei nostri tempi. Nel 2020 il 42% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni ha fatto giochi d’azzardo/di fortuna, sviluppando nel 9% dei casi pratiche di gioco problematiche. Da tali pratiche sono derivate ripercussioni negative sulla sfera socio-emotiva e relazionale. È stato invece il 25% degli over 65 a giocare d’azzardo negli ultimi 12 mesi.

Tra le fasce di età più a rischio in quella che si può trasformare da un gioco ad una trappola, risulta quella della terza età. Lo dice una ricerca a livello nazionale dal titolo “Anziani e Azzardo”, condotta da Gruppo Abele e Auser, in collaborazione con Libera. La ricerca ha messo in evidenza che fra Gratta e Vinci e Superenalotto sono molti gli anziani che rischiano di giocarsi – è proprio il caso di dirlo – la propria pensione.

Esplorando il comportamento di gioco d’azzardo tra la popolazione over 65 in 15 regioni d’Italia, si scopre che il 30% circa dei giocatori over 65 predilige il Lotto e Superenalotto. Il 26,6% il Gratta e Vinci e le lotterie istantanee, il 15% il Totocalcio e il Totip, il 10,2% i giochi di carte, il 3,8% slot e video lottery.

Chi ci guadagna?

Nel 2020 il volume complessivo di gioco ha raggiunto gli 88,38 miliardi di euro, il 17,3% in meno rispetto al 2018. Una cifra che corrisponde al reddito medio mensile di 51,1 milioni di italiani e all’acquisto di quasi 100 milioni di iPhone. Le vincite ammontano a 75,36 miliardi di euro, con una perdita netta di 13,02 mld.

A guadagnarci sono gli organizzatori del gioco, lo Stato attraverso gli introiti ricavate sulle scommesse e la malavita che spesso controlla e gestisce il mercato del gioco di azzardo. Un tempo il gioco era confinato in alcuni luoghi fisici (i casinò), adesso lo troviamo ovunque. Ricevitorie e tabaccherie sono i posti in cui si gioca più frequentemente (44,9%); seguono i bar (24%), l’abitazione privata (8%) e i centri commerciali (6,4%). Il 45,3% degli anziani afferma di giocare per vincere denaro, il 19,7% lo fa per divertimento e solo l’8,8% per incontrare persone. Per quanto riguarda il gioco online l’importo nel periodo in questione si è rivelato più consistente, con il 14,6% che ha speso oltre 500 euro e l’11% tra i 200 e i 500 euro. Il 56,8% ha, invece, ammesso di essere in perdita.

In sostanza la ludopatia sta diventando un costume diffuso, tollerato e perfino incentivato da un apparato statale che su questa malattia ha notevoli introiti. Ciò a dispetto dei costi sociali e personali che sono altissimi in termini di danno economico, psicologico e relazionale.

Ludopatia e dipendenza

Il giocatore ludopatico entra in una spirale di dipendenza che ha caratteristiche simili, se non peggiori, della dipendenza da sostanze. Il gioco cattura lentamente l’intera vita della persona e diventa uno scopo che costringe a crescenti compulsioni. L’incapacità di resistere al bisogno di giocare modifica i normali comportamenti e altera la personalità. Persone sincere e leali diventano bugiarde, infide, capaci di rubare denaro ai propri affetti e dilapidare i risparmi di una vita.

La compulsione può assumere una tale drammaticità da spingere le persone verso comportamenti legalmente illeciti oppure verso azioni di autolesionismo o di suicidio.

Stiamo parlando insomma di una patologia grave, una malattia mentale difficile da contrastare che avanza progressivamente, diagnosticata come Gioco d’Azzardo Patologico. La differenza tra piacevole divertimento, “vizio”, inteso come cattiva abitudine e malattia sta proprio nella frequenza del gioco. Si ha l’incapacità di farne a meno e l’instaurarsi di una vera dipendenza, con aumento della frequenza e della quantità della posta in gico. Ci si sente presi dalla necessità di continuare a giocare con la speranza di vincere ed il piacere di giocare che si trasforma in puntuale frustrazione e sofferenza per la mancata vincita. Essa si trasforma poi in desiderio e necessità di riscattarsi continuando a giocare sempre di più e più frequentemente. È una battaglia persa, vince solo chi riesce a non farsi prendere dal gioco e chi ne ricava benefici economici.

Che fare?

Occorre moltiplicare i centri che si occupano di questa dipendenza. Aiutare le persone negli aspetti economici, legali e psicologici che il problema contribuisce a creare. Sottrarle dal cappio degli strozzini e degli aguzzini che su questa problematica si arricchiscono. Informare le persone del pericolo della dipendenza dal gioco, anche con slogan, spot e campagne pubblicitarie. Insomma limitarne la facilità di accesso al gioco d’azzardo con specifiche e attuali leggi. Soprattutto bisogna ricordare che il Banco alla fine vince sempre.

Gino Aldi

Bibliografia

  1. Manuale DSM-5 TR, Cortina editore, Milano
  2. https://www.nomisma.it/gioco-dazzardo-in-italia-osservatorio-nomisma/

Foto: Envato Elements

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