La dipendenza da sostanze o da farmaci non è un problema da poco conto per i dipendenti e le loro famiglie: essa è la malattia più sconcertante, folle e spaventosa del mondo (Clay et al, 2008). Di solito è facile capire una malattia fisica perché è simile a un pezzo “malfunzionante” di un’automobile. Il pancreas, ad esempio, dovrebbe regolare la glicemia, ma in una persona affetta da diabete non opera correttamente. La dipendenza è sconcertante perché nulla del corpo del dipendente sembra essere apparentemente malfunzionante e, in generale, i tossicodipendenti sono in contatto con la realtà. Loro spesso sono completamente consapevoli delle scelte che stanno facendo. Possono sapere di amare la propria famiglia, che però si sente ferita dalle loro azioni. Possono sapere che stanno perdendo il lavoro, che stanno finendo i soldi e che gli restano sempre meno opzioni valide nella vita. Potrebbero sapere che si stanno lentamente (o non così lentamente) uccidendo, ma continuano lo stesso ad andare avanti.
La dipendenza è sconcertante
La dipendenza è sconvolgente anche perché i dipendenti sembrano avere una sorta di libero arbitrio su molti aspetti della loro vita (Kalivas et al, 2005). Possono decidere cosa indossare e cosa mangiare a cena. Molti sono ad alto funzionamento personale, sociale e durante il giorno possono svolgere lavori importanti come avvocati, imprenditori, medici, insegnanti e così via. La loro mancanza di libero arbitrio è limitata a una scelta molto specifica. La dipendenza è sconcertante non solo per i propri cari, ma anche per le persone dipendenti poiché non hanno idea del perché fanno quello che fanno. La dipendenza è sconvolgente perché la soluzione sembra così semplice: basta smettere. I dipendenti spesso pensano davvero “vorrei disperatamente poter smettere”, ma non ci riescono e spesso la depressione li attanaglia.
La dipendenza è anche un tormento per i propri cari. In genere, le persone care fanno di tutto per cercare di convincere il dipendente a smettere: da lunghe chiacchierate a contrattazioni, suppliche, urla, minacce e punizioni. Con il passare del tempo, di solito ci si rende conto che nessuna di queste cose funziona. L’incapacità di fermare questo treno in corsa lascia spesso i membri della famiglia senza speranza, impotenti e frustrati. A volte incolpano sé stessi e sviluppano gravi sintomi depressivi.
La dipendenza e il libero arbitrio
Il problema è spesso peggiorato dalla tendenza dei tossicodipendenti a incolpare le persone più vicine per i loro problemi. La dipendenza è spaventosa perché comporta la perdita del libero arbitrio, che è una componente essenziale della personalità, una delle cose che ci rendono noi stessi (Karila e Benyamina, 2019). In genere noi non ci identifichiamo con il nostro pancreas, pertanto possiamo accettare più facilmente che il nostro pancreas non funzioni correttamente. Ma se ci viene tolto il libero arbitrio, la capacità di prendere decisioni e di esprimere ciò che siamo, sentiamo che stiamo perdendo il nostro io e l’indipendenza.
La dipendenza è spaventosa anche perché minaccia di portarsi via non solo la salute dei dipendenti, come fanno altre malattie, ma anche ciò che loro e le loro famiglie apprezzano. La dipendenza non vuole solo uccidere le persone, ma anela a privarle del denaro, del lavoro, della famiglia, del rispetto sociale, del senso di appartenenza e della capacità di godere di qualsiasi cosa nella vita (Matthews et al, 2017)). E poi, infine, li uccide emotivamente e, spesso, fisicamente.
C’è una cura definitiva per le tossicodipendenze?
Per ora non esiste una cura per la dipendenza che può essere gestita come una condizione cronica che dura tutta la vita, tipo il diabete. Ma il fatto che possa essere gestita (e spesso lo è) è comunque un enorme progresso. Oggi sono disponibili molte più opzioni di trattamento rispetto al passato, tra cui programmi di riabilitazione, psicoterapia, farmaci e gruppi di supporto. Con il trattamento, molti dipendenti riescono a lasciarsi alle spalle il problema e molti altri riescono a godere di periodi di recupero. Dunque, anche se non possiamo curare magicamente la dipendenza, possiamo renderla meno devastante.
Domenico De Berardis
Bibliografia
- Clay SW, Allen J, Parran T. A review of addiction. Postgrad Med. 2008 Jul 31;120(2):E01-7.
- Kalivas PW, Volkow ND. The neural basis of addiction: a pathology of motivation and choice. Am J Psychiatry. 2005 Aug;162(8):1403-13.
- Karila L, Benyamina A. Addictions [Addictions]. Rev Mal Respir. 2019 Feb;36(2):233-240.
- Matthews S, Dwyer R, Snoek A. Stigma and Self-Stigma in Addiction. J Bioeth Inq. 2017 Jun;14(2):275-286.
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