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In «Felicità», la famiglia disfunzionale che lascia ferite

Micaela Ramazzotti in «Felicità», mette in scena una famiglia disfunzionale. Dove non trovano spazio le individualità, i sentimenti, i desideri. Il titolo è provocatorio e spiazzante.

Introduzione

Film d’esordio alla regia di Micaela Ramazzotti, Felicità fa vivere allo spettatore l’inferno di una famiglia disfunzionale. Felicità si è aggiudicato il premio Miglior Film della sezione Orizzonti Extra alla Mostra del cinema di Venezia 2023. Micaela Ramazzotti, alla premiazione ha commentato: «Ci ho messo l’anima per entrare nel vostro cuore. Dedico questo premio a chi sta vivendo un momento difficile e nell’infelicità: può durare a lungo, ma si deve lottare sempre per la felicità». È un film incredibilmente forte che entra nel nostro mondo interno per farci riflettere. Nel film ritroviamo una relazione sentimentale squilibrata, una famiglia disfunzionale altamente tossica, figli infelici e un percorso psichiatrico. Nel suo primo film da regista, la Ramazzotti racconta la malattia mentale, i pregiudizi e l’incapacità dei genitori di riconoscere la malattia nei figli.

La famiglia disfunzionale: Desiré, Claudio, Max e Floriana

Desiré, la sorella

Desirè  (Micaela Ramazzotti) è una giovane donna di borgata romana. Non ha studiato. Lavora come truccatrice ed acconciatrice nel mondo del cinema. La sua vita è un caos ed è in continuo affanno. A 18 anni è andata via dalla sua famiglia disfunzionale e da quando era adolescente ha sempre messo i soldi da parte. È ingenua e disponibile e molti se ne approfittano. Una giovane donna pronta a sacrificarsi per gli altri. Una donna affamata d’amore che non ha mai sentito di avere e a cui si piega nei ricatti morali che i suoi le fanno. E che non porta mai rancore. Neppure verso gli attori che ci provano con lei nella roulotte del trucco.

Il film inizia con lei che corre in affanno a casa dei genitori per firmare dei documenti per un prestito con gente senza scrupoli. Su pressione dei genitori, il prestito avrebbe permesso loro di comprare al fratello minore una Mercedes nera con cui avrebbe dovuto lavorare come autista. Il padre (Max Tortora) la sottopone a continui ricatti morali, chiede soldi, finge malori, gioca sul senso di colpa. Anche il compagno borghese Bruno (Sergio Rubini), un professore universitario narcisista, la fa sentire spesso inadeguata. Ne giudica ogni azione, ogni parola. «Mi cammini sempre davanti» gli dice Desiré (1). Bruno che tenta di aprirle, però, gli occhi a una realtà diversa, lo fa con malcelato classismo. Le rimprovera soprattutto di essere ancora incatenata alla sua infernale famiglia e di non essersene liberata. Le rimprovera la debolezza e la mancanza di senso critico che la liberi dai sensi di colpa. La riprende per l’incapacità di assumere un personale punto di vista. 

Claudio, il fratello

Claudio (Matteo Olivetti) è il fratello depresso di Desirè. È una vittima schiacciata da dei genitori che ripongono in lui sogni di grandezza, risarcimento e riscatto. Il ragazzo, incapace di reagire, però non regge e si inoltra verso lo scompenso depressivo, che rappresenterà per lui la salvezza. Claudio non riesce a sfuggire dalla sua famiglia disfunzionale. Resta ingabbiato in quella casa. La sua autostima viene distrutta dalle continue esternazioni dei due genitori.  È schiavo di una depressione continuamente sottovalutata, scansata. Dice il padre: «io t’ho messo al mondo sano!», oppure «ai tempi miei ste stronzate non esistevano». La madre lo tratta ancora come un bambino e come se avesse un malessere passeggero e immotivato, curandolo con sostanze opinabili e inadeguate.

L’unica che comprende è Desirè, che capisce che solo lei può aiutarlo.  Per riuscirci deve allontanarlo da quella famiglia disfunzionale che ha sempre trascurato i suoi problemi psichiatrici. E per farlo può contare solo su sé stessa. Desirè e Claudio sono uniti da un amore fraterno indissolubile, molto tenero e commovente. Un amore che rende la fragile Desirè così forte da riuscire a portare su di sé il peso del dramma del fratello (2).  La sorella decide allora di ricoverarlo dapprima in un centro di salute mentale, nonostante la famiglia non approvi. Poi in una lussuosa clinica privata, completamente a sue spese.

Max e Floriana: i genitori

Max Tortora e Anna Galiena interpretano magistralmente i due genitori. Essi sono un mix di luoghi comuni e mentalità superate, di miserie e ipocrisie. Il padre con i suoi abiti sgargianti, si crede una incompresa star del video. Un mitomane. Un misero personaggio, un padre irresponsabile, incapace di comprendere le proprie colpe nei confronti della famiglia. La madre ha dovuto rinunciare a lavorare nel mondo del cinema perché nasce la figlia Desirè. Una madre in competizione odio/amore verso la figlia e in adorazione verso il figlio. Figlio che però tratta come un bambino rendendolo fragile e incapace di adultità.

Genitori aguzzini spietati ed egoisti che con Desirè hanno da tempo litigato, ma senza rompere i rapporti continuando a sfruttarla. Personaggi dallo squallore morale, sempre in cerca di risarcimento per personali dolori, non realizzati a nessun livello (4).

Una famiglia disfunzionale che tarpa le ali, «che li trascura, li vessa, li indebolisce, li allontana dalla libertà, quasi fosse un rapporto tra vittime e carnefici» dice Micaela Ramazzotti, «mi piacerebbe che Felicità alzasse le antenne allo spettatore: l’incuria umana è sempre molto vicino a noi, e bisogna ribellarsi ad essa» (3).

La famiglia disfunzionale: commento e conclusioni

Senza voler rivelare in anticipo il film che vi invito a vedere, ritengo che Felicità coinvolga lo spettatore perché trasmette dolore ma anche vitalità. Qui le emozioni sono forti, violente. Ci assale la disperazione dei fratelli, protagonisti di una lotta difficile, che pagano le fragilità, gli egoismi, le immaturità dei genitori. Questo film insegna tanto allo spettatore. Fa vedere come i figli diventano degli ostaggi se addossati di enormi responsabilità sin da piccoli. Ci fa vedere come l’unico processo liberatorio prevede il doversi scrollare di dosso l’ingiusto senso di colpa verso la famiglia. Altrimenti si cade in un tunnel senza fine dove il punto di approdo finale è la psicopatologia.

In Claudio la psicopatologia è quella depressiva che lo porterà ad un estremo gesto di disperazione. E qui allora Desirè riuscirà a trovare la lucidità per tagliare quel cordone ombelicale tossico. Di assumere decisioni e operare scelte. I fratelli in modo commovente uniranno le loro forze residue riuscendo a dare un barlume di speranza ad entrambi. E apriranno una piccola porta alla speranza di felicità (5).

                                                                                               Immacolata d’Errico

e-mail: immaderrico@icloud.com

Sitografia

  1. https://luce.lanazione.it/spettacolo/ramazzotti-felicita-venezia/
  2. https://www.cinematografo.it/recensioni/felicita-cdqsnmho 2
  3. https://www.iodonna.it/spettacoli/cinema/2023/09/02/micaela-ramazzotti-in-felicita-ce-la-fragilita-di-una-donna-che-si-ribella-ai-genitori-mostruosi/
  4. https://www.esquire.com/it/cultura/film/a45190632/felicita-micaela-ramazzotti-recensione/
  5. https://quinlan.it/2023/10/03/felicita-micaela-ramazzotti/

Foto: di Immacolata d’Errico tratta da alcune scene del film Felicità di Micaela Ramazzotti.

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